Non siete voi a poter invocare l'"unità nazionale"


di Antonio Di Siena

Gli stessi “statisti” che per settimane ci hanno ripetuto che l’Italia non si deve fermare, che la vita deve andare avanti come se niente fosse, che bisogna uscire a fare aperitivi, che è più importante preoccuparsi dell’influenza stagionale.

Questi stessi cialtroni qua adesso,dopo quasi 6mila morti, ci fanno sapere che praticamente siamo in guerra e fanno appello all’unità nazionale.

Bene, lasciate che vi dica una cosa.

Il popolo italiano di essere in guerra lo sa già da tempo.

Lo sa da quando è costretto a vivere da terremotato nei container, a fare la spesa al discount o pranzare alla Caritas. Da quando ha il marito disoccupato per colpa dell’ennesima delocalizzazione, o il fratello che si è sparato in testa a causa del fallimento della sua piccola azienda. O da quando ha perso un figlio sotto le macerie di un alloggio per studenti costruito col cartone, di un ponte autostradale non manutenuto o sotto la neve di un hotel le cui richieste di soccorso sono rimaste inascoltate dalla prefettura.

Gli italiani da decenni condividono lo stesso destino e la stessa sofferenza e per questo sono già uniti.

Perché uno accanto all’altro hanno scavato a mani nude nel fango dei dissesti idrogeologici ignorati e mai risolti o sotto le macerie di strutture costruite al massimo ribasso perché c’è la spending review che ci chiede Leuropa.

E da ben prima di questa emergenza hanno capito di essere soli. Di non aver bisogno di voi.

Perché chi non comprende prima degli altri un pericolo non può difenderti da esso. E chi non è in grado di difendere un popolo non può condurlo ma solo seguirlo.

Quando tutto questo sarà passato infatti non sarà la classe politica, ma soltanto il popolo italiano a ricostruire, ancora una volta, questo Paese.

Perché comunque vada gli italiani sopravviveranno.

Quelli morti siete voi.

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