Ucraina: la guerra delle potenze coloniali contro il Sud del mondo

Uno dei temi più ricorrenti della narrazione riguardante l’Ucraina, discendente dal tema della lotta dei Paesi liberi contro la tirannide russa, è che essa sia condotta a nome e per conto del mondo intero, per garantirne la libertà.

Tale tema è condensato nella formula, tanto spesso ripetuta da assumere le caratteristiche di un mantra, di una lotta necessaria per preservare l’ordine mondiale basato sulla libertà e sulle regole forgiato dopo la Seconda guerra mondiale e la sconfitta della tirannide nazifascista.

Democrazia contro tirannide?

Tale assunto dogmatico non ammette alcun cedimento, essendo la vittoria l’unico esito accettabile, dal momento che non si può trattare contro un nemico esistenziale. Nessun negoziato è possibile con la Russia né con il tiranno Putin.

Un articolo di Branko Marcetic pubblicato su Responsible Statecraft che ha un taglio originale ma non eccessivamente interessante – avendo come focus una dialettica alquanto ristretta – evidenzia, però, come il dogma suddetto sia distaccato dalla realtà.

Infatti, l’idea che non si possa accettare un negoziato non appartiene al mondo. La a prospettiva di una guerra senza fine, con i rischi di escalation nucleare connessi, scrive Marcetic, “ignora, ovviamente, gli enormi costi pagati in modo sproporzionato dal Sud del mondo a causa del prolungamento della guerra e il fatto che i paesi in via di sviluppo – che continuano a lottare con l’eredità di secoli di colonialismo occidentale – richiedano in modo schiacciante l’apertura di negoziati“.

Il mondo diviso in due parti…diseguali

“Un elenco breve e incompleto degli Stati che hanno lanciato appelli a favore di negoziati che pongano fine alla guerra comprende Cina, India, Turchia, Indonesia, Pakistan, Messico, Sud Africa, Lega Araba (22 gli Stati membri) e Unione Africana (55 gli Stati membri). A quell’elenco possiamo aggiungere il Brasile, dove lo sconfitto Jair Bolsonaro, di estrema destra, e il suo vittorioso sfidante di sinistra Lula da Silva, hanno entrambi chiesto colloqui per porre fine al conflitto. Insieme, tutti questi governi e organismi sovranazionali rappresentano oltre 5 miliardi di persone, ovvero circa il 65% della popolazione mondiale” (1).

“I 30 Paesi della NATO – tolta la Turchia [che ha tentato di mediare ndr], – al contrario, sono tutti situati nel Nord del mondo e molti di essi sono le ex potenze coloniali che in passato si sono spartite il mondo, soggiogando i paesi sopra elencati”.

“Essi rappresentano poco meno di 950 milioni di persone; e se a questi aggiungiamo i potenziali nuovi membri [della Nato], Finlandia e Svezia, più la popolazione ucraina prebellica, tale numero sale a poco più di un miliardo di persone, cioè circa il 13% della popolazione mondiale”.

La posizione di tali Paesi, continua Marcetic, “non sorprende se si tiene conto dei costi sproporzionati pagati dal mondo in via di sviluppo a causa degli effetti economici prodotti a catena dalla guerra”.


Colonie e colonialisti

“Tra gennaio e settembre più di 90 paesi sono stati colpiti da proteste – che a volte hanno causato vittime – per l’aumento vertiginoso dei prezzi del carburante; un terzo di questi paesi non aveva assistito a proteste simili nell’anno precedente”.

“Lo stesso ambasciatore di Washington presso le Nazioni Unite ha avvertito ad agosto che la guerra sta facendo precipitare 40 milioni di persone nell’insicurezza alimentare, principalmente nell’Africa subsahariana, mentre la missione permanente della Francia presso le Nazioni Unite ha stimato che 13 milioni di persone in più potrebbero morire di fame tra questo e il prossimo anno”.

“[…] Forse questo è il motivo per cui un diplomatico africano ha espresso perplessità ad agosto per la posizione occidentale nei confronti della guerra: ‘La cosa più sconcertante per noi – ha detto – è l’idea che un conflitto come questo sia in sostanza incoraggiato a continuare indefinitamente'”.

Quindi, dopo aver indugiato anche sulle sofferenza del popolo ucraino, Marcetic prosegue: “Questa visione – che la guerra debba continuare indipendentemente dai rischi e dalle sofferenze sopportate sia dagli ucraini che dal resto del mondo, se è dominante nella narrazione occidentale, attira scarso consenso altrove e in particolare nel Sud del mondo, dove risiede la stragrande maggioranza della popolazione mondiale”.

È solo una frazione relativa degli stati-nazione del mondo – concentrati nelle ricche ex potenze imperiali e nei loro alleati nel nord del mondo – che appare indifferente alla sofferenza dei loro ex sudditi coloniali; e la loro visione vuole che l’idea di porre fine alla guerra non appena possibile sia del tutto fuori luogo”.

Così il dramma attuale non fa altro che rinnovare i tragici fasti del colonialismo. L’idealistica narrazione della lotta della liberta contro la tirannide ne esce a pezzi.

(1) Non solo il Brasile, anche altri Paesi latino-americani si sono espressi per l’apertura di negoziati, dal Venezuela alla Colombia all’Argentina, per citarne solo alcuni. Anche questi Stati, per restare nel tema con l’articolo, hanno un passato (anche recente) di sudditanza all’Occidente…

Le più recenti da IN PRIMO PIANO

On Fire

Il "piano Draghi": ora sappiamo in cosa evolverà l'UE

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico Io credo che le prossime elezioni europee andrebbero inquadrate nel modo più corretto possibile. Provo a dare la mia interpretazione. 1 Si dà troppo...

Andrea Zhok - Il momento esatto in cui si è deciso il suicidio di Ucraina e Europa

di Andrea Zhok* Tre giorni fa, il 16 aprile, l'autorevolissima rivista di provata fede atlantista "Foreign Affairs" ha pubblicato un articolo che mette la parola fine a tutte le chiacchiere intorno...

L'avviso (finale) del Fondo Monetario Internazionale all'Impero Americano

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico   Abbiamo sempre sottolineato che questa enorme crisi geopolitica in corso abbia una origine di tipo economico e monetario. Del resto solo le persone ingenue...

Alessandro Orsini - Le democrazie occidentali, le dittature e l'antropologia culturale

  di Alessandro Orsini*   C’è questa idea senza alcun fondamento empirico secondo cui le democrazie occidentali sono sempre migliori delle dittature. Lo studio della storia smentisce...

Copyright L'Antiplomatico 2013 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa