Due elementi di riflessione sugli israeliani e i fatti di Gaza e Cisgordania
Nissim Vaturi(FOTO NDR), esponente del Likud (il partito del premier Netanyahu) e Vicepresidente della Knesset israeliana, il Parlamento monocamerale dello stato ebraico, ha rilasciato dichiarazioni a dir poco agghiaccianti: “Dobbiamo separare le donne e i bambini e uccidere gli adulti a Gaza. Siamo troppo indulgenti”. A riprendere queste dichiarazioni è stato Quds News Network, lo scorso 22 maggio.
E non finisce qui. Sempre stando alla medesima testata, Vaturi avrebbe aggiunto che “Chi è innocente a Gaza? I civili sono usciti e hanno massacrato la gente a sangue freddo"; riferendosi ai palestinesi come “subumani”, ha detto che: "Nessuno al mondo vuole i civili di Gaza. Li stanno tutti spingendo verso Israele". Vaturi ne ha avuto anche per la Cisgiordania, minacciando la distruzione totale della città di Jenin e auspicando che le abitazioni anche solo sospettate di dare rifugio ai miliziani vengano rase al suolo. Ricordiamo che già in precedenza lo stesso uomo politico disse che i gazawi maschi andrebbero tutti eliminati.
In definitiva, non basta la “possibilità” (detto tra molte virgolette) che a Gaza si stia consumando un genocidio, o che la stessa Amnesty International oramai non si celi più dietro molti giri di parole, o le iniziative della Corte Penale Internazionale, che come noto ha spiccato dei mandati di arresto contro il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, con imputazioni pesantissime. A fronte dell’uccisione stimata di oltre centomila persone, la stragrande maggioranza delle quali donne e bambini, e del blocco pressoché integrale degli aiuti umanitari, il massacro e le angherie imposte agli abitanti della striscia non solo non si arrestano, ma vengono persino auspicate da un alti esponenti politici dello stato di Israele.
In tutto questo, al di là della comprensibile indignazione delle opinioni pubbliche mondiali – persino buona parte del cosiddetto mainstream, con colpevole ritardo, se ne sta rendendo conto – viene fuori un sondaggio, pubblicato da Haaretz, in base al quale circa l’82 per cento dei cittadini di Israele sarebbe favorevole alla deportazione forzata dell’intera popolazione palestinese della Striscia di Gaza. Si tratta di una rilevazione, condotta a marzo scorso, dalla Penn State University, con un campione di circa mille cittadini ebraici di Israele; il 47 per cento degli intervistati affermava che le forze armate dovrebbero uccidere tutti gli abitanti delle città conquistate.
E non è tutto. Oltre la metà dei partecipanti (il 56 per cento) vorrebbe anche l’espulsione dei palestinesi che vivono entro i confini dello stato di Israele, e si registra la convinta adesione dei cittadini più giovani (under 40), con percentuali che superano il 90 per cento per coloro che si dichiarano a favore di questa linea.
La quasi totalità degli intervistati crede, inoltre, all’esistenza del nemico biblico di Amalek, sostenendo la legittimità della sua eliminazione.
Come conclude Haaretz: “ogni progetto coloniale porta con sé la potenzialità della pulizia etnica e del genocidio”: ne sanno qualcosa i nativi delle Americhe o dell’Australia.