Il Corriere della Sera sa anche leggere nella mente di Putin

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Il Corriere della Sera sa anche leggere nella mente di Putin

 

di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico

È cosa nota che, in medicina, si è spesso costretti a ricorrere a terapie che, per quanto essenziali e inevitabili di fronte a perniciose malattie, affliggono per qualche giorno il paziente con tormentosi “effetti collaterali”. Ma la terapia va proseguita; non se ne può fare a meno e così si stringono i denti e ci si adatta anche a quegli effetti molesti.

Ecco, sobbarcarsi l'onere di dare anche una sola sbirciata alle pagine del Corriere della Sera, per scoprire le inevitabili perle che quel giornalaccio, si sa in partenza, di sicuro propinerà ogni giorno ai “pazienti”, è un po' come sottoporsi a quelle necessarie quanto tormentose terapie. Si devono fare per forza, sapendo che, con discreti sforzi di sopportazione, alla fine si supereranno gli “effetti collaterali” e l'organismo reagirà come dovuto.

Il 24 maggio 2025, dunque, il signor Goffredo Buccini, sulla prima pagina del fogliaccio di via Solferino, deputato sin dalla fondazione all'esaltazione delle italiche armi e del più vomitevole imperial-bellicismo di casa, assicura i lettori che la pace in Ucraina non è che un'illusione, per la semplice ragione che il «leader russo non ha mai pensato di mettere fine al conflitto» e che quanto visto lo scorso 16 maggio a Istanbul, con le delegazioni russa e ucraina sedute allo stesso tavolo di trattative, non erano in realtà che «inutili negoziati», che mostravano «l’autentico spirito della delegazione russa»; per di più, col capo-delegazione russo, Vladimir Medinskij che, come nella primavera del 2022, poneva «condizioni leonine spacciate per accordo». Sarebbe d'accordo Macbeth-Johnson a dire che erano state quelle “condizioni leonine” a far saltare il tavolo tre anni fa; oppure direbbe che in questo modo gli si toglie il merito di quella “conquista” bellicista? Dove era il signor Buccini nel 2022? Dove guardava? Si affidava forse, anche all'epoca, ai racconti vespertini di quella Moira funesta che, degna consorte del ministro degli esteri polacco Radoslaw Sikorski, l'americana Anne Applebaum, diffonde per l'aere i miasmi nazi-banderisti sul cosiddetto “golodomor”, con cui i perfidi bolscevichi avrebbero decimato i contadini ucraini a inizi anni '30, omettendo ovviamente di come, i medesimi “perfidi stalinisti”, avrebbero riservato la stessa sorte a bielorussi, polacchi, kazakhi, russi, sulle cui terre in quegli anni imperversò una micidiale carestia. E dunque il “malefico” Medinskij, degno erede di quella genia di “sterminatori” sovietici e che, per inciso, può esser accusato di tutto fuorché di simpatie staliniste e bolsceviche, a Istanbul si sarebbe spinto, racconta la signora Applebaum, a «deridere un membro della delegazione ucraina in lutto per un nipote ucciso nei combattimenti». Cambia l'ordine politico, ma i russi rimangono gli stessi: non pensano affatto «di mettere fine al conflitto», irridono i lutti dei poveri ucraini e mostrano «l'autentico spirito» russo, cinico e mortifero, ponendo ai demo-europeisti di Kiev «condizioni leonine spacciate per accordo». Difficile in effetti dubitare che, tanto nel 2022 come tre anni dopo, il signor Buccini, nel suo disquisire, si sia affidato ai lezzi putridi sprigionati dalla penna di tale “mela marcia” yankee: i rigurgiti mistico-giornalistici di entrambi paiono coincidere.

Così, gli eventuali «colloqui in Vaticano», a detta del Corriere, ispirano «speranza», data da un «incoraggiante allineamento» tra Santa Sede, «apertura di Zelensky, quella degli europei sollecitati da Giorgia Meloni»: mai si era vista una più angelica e promettente brigata. Peccato che, tanto per non smentirsi, ci si sia messa in mezzo Mosca: «Ipotesi affossata da Sergej Lavrov», che adduce motivi religiosi. È però pronto l'accorto signor Buccini a smascherare la macchinazione, spiegando agli ingenui lettori che i russi, in realtà, da quegli intriganti che sono, «non considerano gli ucraini liberi cittadini di un’altra nazione, ma infedeli sudditi della propria. E vogliono punire il ribelle Zelensky, colpevole “di avere creduto eterno il sostegno americano”». Applebaum ricoperta da italica scorza.

E che diamine: gli ucraini sono assolutamente “liberi”. Non lo testimonia forse a sufficienza – un solo, misero esempio, per non appesantire la lettura - il “consiglio” dato nel 2016 da Joe Biden all'allora presidente golpista Petro Porošenko, di mettere a riposo l'allora Procuratore generale ucraino Viktor Šokin, così che il poveretto si potesse riprendere dalle fatiche delle indagini su Hunter Biden?

Ma no; come si può pensare che gli ucraini, dal 1991 e soprattutto dal 2014, non siano “liberi cittadini”; lasciatevelo dire: «Putin, al di là delle fandonie propalate dai suoi fan, non ha mai pensato sul serio di mettere fine al conflitto». E grazie a dio diciamo che se non ci fossero state «la resistenza ucraina e le nostre armi, Kiev sarebbe da tre anni in mano a un governo quisling e lo zar avrebbe bussato da un pezzo ai confini dell’unione europea». Del resto, signor Buccini, per bussare alla porta di UE-NATO, allo “zar”, come lo chiamano le italiche testate (non si potrebbero sforzare una volta, i pennivendoli nostrani, di pescare qualche altro attributo che non sia la trita riproposizione di titoli che temporalmente, logicamente e soprattutto politicamente, mostrano soltanto la grossolanità storico-letteraria dei loro autori?) basterebbe allungare la mano, tanto la congregazione bellicista, a partire dal 1989, si è spinta verso est. O è anche lei, signor Buccini, tra quelli che, in spregio dell'evidenza, sproloquiano di una Russia che si «è avvicinata pericolosamente ai confini della NATO»? Se è così che la vede, dobbiamo riconoscere che, oltre ai tempi, alla logica, alla politica, anche l'orientamento geografico le fa difetto.

Quello che non manca quasi a nessuno degli italici euro-scriba, è la fantasia, in mala fede, di attribuire a Vladimir Putin e alla sua squadra di governo, una fantomatica riabilitazione di Stalin che, al di là della retorica di facciata, esiste solo nelle invenzioni di coloro cui fa comodo associare il passato sovietico all'attuale ordinamento capitalista dominante in Russia dal 1991. Per il resto, quelle del signor Buccini, non sono che parole, con Putin che «ha aggirato le sanzioni»: di grazia cosa avrebbe dovuto fare? Chiederne altre e di più dure a Bruxelles, che già così sta varando il 18°, 19° pacchetto e via di questo passo? Putin che ha «favorito il complesso militare-industriale»: di grazia, verso cosa stanno dirottando, se non verso le industrie di guerra, Bruxelles e le cancellerie europee, centinaia di miliardi sottratti alle necessità vitali delle masse? Parole, nient'altro che parole su «spie russe pentite», «Russiagate» o anche «neoimperialismo di Mosca»: non si pretende certo, per carità di dio, che penne come il signor Buccini siano in grado di illuminarci sulla categoria storico-economica di “imperialismo”; ma almeno un minimo di decenza, quel tanto che basta per ammettere che dalle capitali euro-liberali non si va tanto per il sottile quanto a penetrazioni neo-coloniali e imperiali nei diversi continenti. Ma no: gli orrori cui assiste oggi il genere umano vengono solo ed esclusivamente da una parte ed è dovere dei “buoni” correre a “difendersi” - non sia mai che si usi il termine “armarsi” - per impedire che se UE-NATO avviano manovre militari con decine di migliaia di uomini in prossimità dei confini del “perfido nemico”, questo non schieri proprie forze di difesa. E allora, avanti col finanziare e armare le truppe di Kiev, che «sono per ora il nostro miglior esercito e la garanzia di avere, a nostra volta, un po’ di tempo davanti». Poco, sia chiaro: di tempo ne rimane proprio poco, prima che i russi attacchino! Ricordatevi degli avvertimenti del commissario europeo alla difesa, il lituano Andrius Kubilius, secondo cui tra cinque anni, o forse anche prima, la Russia invaderà sicuramente un paese UE, o forse anche più di uno: il signor Buccini, a quanto pare, ne è più che convinto.

Intanto, comunque, Paesi baltici e Polonia stanno innalzando fortificazioni - denti di drago, mine, si ritirano dalla Convenzione sul divieto di produzione e stoccaggio di mine antiuomo - al confine con Russia e Bielorussia, con l'obiettivo di organizzare il blocco della regione di Kaliningrad. Se così, dice il direttore del Centro studi sui conflitti, Andrej Klintsevic, a radio "Komsomol'skaja Pravda", Mosca non avrà «altra scelta che aprirsi un corridoio terrestre, lungo cui possano avanzare le truppe, con armi nucleari tattiche; ecco perché sono dislocate in Bielorussia. Se interferiscono nelle nostre rotte marittime, come stanno già facendo, potrebbe arrivare il momento in cui dovremo aprirci la strada attraverso questo "corridoio di Suwalki" ed è lì che stanno, di fatto, creando questo baluardo insormontabile di cui parlano».

Ne ha parlato, per esempio, anche il generale polacco Tomasz Piotrowski, al 9° Forum sulla sicurezza nel mar Nero e nei Balcani: «Resta solo da concordare con gli alleati», ha detto Piotrowski, che non ha mancato di ricordare come da tempo gli “alleati” si esercitino, avvicinandosi «il più possibile alle condizioni reali. E abbiamo deciso di esercitarci a colpire uno degli elementi dell'infrastruttura russa nella regione di Kaliningrad, molto vicino, ad esempio, a una nave carica di GNL».

Dunque, signor Buccini, cosa ne possiamo dire delle parole dell'ex Segretario generale della difesa britannico James Everard che, allo stesso Forum in Romania, ha dichiarato che la NATO è pronta a dislocare grossi contingenti militari ai confini russi? Purtroppo, ha detto, «non è ancora stato fatto e non possiamo rilassarci». Stia tranquillo, signor Everard: ci pensano le italiche redazioni a tenere alto lo “spirito guerresco” del popolo, per avvezzarlo ad avere in mente la necessità della guerra.

Quanto poi alle truppe di Kiev che, assicura il signor Buccini, «sono per ora il nostro miglior esercito», il terribile Sergej Lavrov ha raccontato di come il Ministero degli esteri russo abbia diffuso «documenti che citano dichiarazioni dei banderisti ucraini riguardanti i russi e i cittadini russofoni del loro paese. Molto prima dell'Operazione Militare Speciale, Zelenskij aveva dichiarato: "Se vi sentite parte della cultura russa e vivete in Ucraina, il mio consiglio è: per il bene dei vostri figli e nipoti, andatevene in Russia". E tutti gli altri membri del gabinetto erano stati ancora più espliciti, lanciando appelli a "uccidere i russi". Ancor peggio il famigerato ex-ambasciatore ucraino in Kazakhstan, in un'intervista del 2022 in diretta televisiva, rispondendo alla domanda sui compiti del governo ucraino, aveva affermato: "Uccidete quanti più russi possibile, perché vogliamo che non ce ne siano più. Perciò, dobbiamo ucciderne il più possibile, in modo che i nostri figli abbiano meno lavoro da fare"». E questo è un “ambasciatore!", ha detto Lavrov. Il ministro ha sottolineato che i paesi del blocco occidentale, che amano parlare di democrazia e diritti umani, «non notano» i numerosi crimini commessi in Ucraina. «Non ci sono state denunce, da parte di nessuna delle potenze occidentali che sostengono quel regime».

Non si dia pensiero, Ministro Lavrov: siamo sicuri che i funzionari del suo ministero non tralascino mai di aggiornarsi sulle delizie vergate anche dagli italici pennivendoli, su come sia diventata un vero diletto la vita in Ucraina dopo il 2014; non solo per russi e russofoni, ma per le stesse masse popolari ucraine.

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

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