Il “Teatro delle Ombre” si sposta in Medio Oriente: siamo ad un tornante fondamentale della storia

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Il “Teatro delle Ombre” si sposta in Medio Oriente: siamo ad un tornante fondamentale della storia

 

 

«Il Grande Gioco è concluso quando sono morti tutti. Non prima. Ascoltami fino alla fine. C’erano Cinque Re che si preparavano a una guerra improvvisa tre anni fa, quando hai ricevuto il pedigree dello stallone da Mahbub Ali. Su di loro, grazie a quell’informazione, e prima che fossero pronti, piombò il nostro esercito»

Kim, Rudyard Kipling



di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico
 

Per Grande Gioco storicamente si intende quel conflitto che oppose la Gran Bretagna e la Russia in Asia Centrale nel periodo che va all'incirca dal 1820 all'inizio del 900. Dunque un periodo storico lungo circa ottanta anni e noto anche con il termine di  Tournament of Shadows, il “Teatro delle Ombre”.  Un nome assai particolare che però ben riflette un epoca altrettanto particolare. Con la progressiva sottomissione alla Russia dei Khanati dell'Asia Centrale (Khiva, Bukhara e Khokand) le élites inglesi sentirono minacciato il possedimento più importante della Corona britannica: l'India. Dunque in Asia Centrale si sviluppò un conflitto tra i due grandi imperi dell'epoca, appunto, quello Britannico e quello Russo. Un conflitto che fu fatto di quelle che oggi chiameremo proxy war, golpe e soprattutto tanti intrighi di spie e avventurieri. Un epoca storica piena di fascino che fu superbamente affrescata dallo scrittore inglese Rudyard Kipling nel suo romanzo Kim e che si concluse –  incredibile paradosso della storia – con l'Accordo anglo-russo per l'Asia del 1907, che di fatto, diede inizio all'alleanza tra Impero Russo e Impero Britannico nota con il nome di Triplice Intesa e che vedeva farne parte anche la Francia.

Anche oggi, a mio modo di vedere, stiamo assistendo ad un enorme Tournament of Shadows; un “Teatro delle Ombre” dove in realtà vediamo un confronto senza esclusione di colpi tra Impero Americano da una parte e quelli russo e cinese dall'altra parte. Questa guerra d'ombre viene combattuta tramite stati fantoccio che si prestano ai desiderata di una delle grandi potenze (ogni riferimento al regime ucraino di Zalenskij non è casuale) e si scagliano contro la potenza nemica, ma anche da giornalisti prezzolati sempre pronti a riferire narrazioni di comodo buone per manipolare l'opinione pubblica, ma anche ONG usate come veri e propri strumenti di pressione e guerra  psicologica nei confronti dell'avversario. Per non parlare poi di gruppi fondamentalisti come Hamas che – non esattamente per caso – fanno esattamente ciò che è nell'interesse della potenza che a parole vorrebbero contrastare. Ma andiamo con ordine in questo difficilissimo e quasi inestricabile teatro delle ombre.

La guerra in Ucraina è arrivata per l'Occidente ad un punto morto, dove è ormai impossibile arrivare ad una sconfitta della Russia e a già da qualche mese è evidente come l'intendimento dell'Impero Americano sia quello di allargare il conflitto generando un arco di crisi (così come prospettato da Zbigniew Brzezinski nel suo “La grande scacchiera”) in grado di debilitare la Russia e forse anche di provocare il tanto desiderato Regime Change che scalzi Putin e i suoi Siloviki dal Cremlino. E qui nascono infatti le crisi in Kossovo che coinvolgono la Serbia, storico alleato della Russia (ma anche della Cina). Ugualmente la Repubblica Ex Sovietica di Moldova diventa una polveriera a causa della provincia secessionistica filorussa di Transnistria (dove su mandato ONU vi è un contingente dell'esercito russo) è ormai una polveriera pronta ad esplodere a causa delle ripetute ingerenze della EU e della Nato. Per non parlare poi del conflitto aperto nel Caucaso che vede confrontarsi l'Armenia e l'Azerbaijan. Un conflitto quest'ultimo che sta vedendo la Russia sempre più estromessa dall'area con l'Armenia ormai alleato pieno degli USA e della Francia e l'Azerbaijan alleato pieno della Turchia (paese Nato) e di Israele. Un chiaro conflitto da teatro delle ombre questo del Caucaso: come è possibile che un paese alleato degli USA entri in guerra con l'Azerbaijan che è alleato della Turchia e di Israele entrambi a loro volta alleati degli USA. E' chiaro che tutto questo assume un senso solo con l'obbiettivo di fondo di indebolire la Russia cacciandola dal Caucaso del Sud. E non è finita qui: secondo l'autorevole magazine americano Politico.com il Segretario di Stato americano Blinken avrebbe già avvertito il Congresso che la guerra nel Caucaso non è ancora da ritenersi finita, nonostante il Nagorno-Karabakh sia stato annesso all'Azerbaijan e che a breve si attende una invasione dell'Armenia nei suoi confini internazionalmente riconosciuti. E noi dobbiamo credere che gli USA non siano in grado di fare pressioni sull'Azerbaijan tramite Israele e la Turchia? O forse non è più credibile che Washington stia caldeggiando la ripresa del conflitto armato in funzione antirussa? Questo è il Teatro delle Ombre dove ciò che appare non è e ciò che è non appare.

Ma il piatto forte è arrivato la settimana scorsa con il folle attacco di Hamas in territorio israeliano che ha causato molte centinaia di morti tra i civili. Un atto certamente scellerato e criminale che però appare inspiegabile sotto molteplici aspetti. Come è possibile che gli uomini di Hamas siano usciti dalla Striscia di Gaza cogliendo alla sprovvista l'esercito israeliano, uno dei più forti e tecnologicamente avanzati al mondo? Come è stato possibile che i servizi di Intelligence israeliani non si siano accorti di nulla in questi due anni? Come è possibile che immediatamente il governo israeliano abbia puntato il dito contro l'Iran quando tutti sanno che Hamas è da sempre finanziata dal filo Occidentale Qatar ed è sostenuto politicamente da quella Turchia membro della Nato?  Qualcosa non torna, e anche qui si intravedono ombre tanto evanescenti quanto inquietanti.

Non si può non notare la convergenza di interessi tra gli USA che vuole allargare l'arco di crisi per indebolire la Russia e in prospettiva il BRICS + e dall'altro lato il governo di destra di Israele che ormai da anni cerca la situazione favorevole per attaccare l'Iran e bloccarne così lo sviluppo in ambito nucleare. Solo in questa logica si riesce a dare un senso all'azione di Hamas e alla reazione altrettanto esagerata di Israele: provocare Hezbollah e l'Iran che già hanno detto che in caso di invasione israeliana di Gaza interverranno nel conflitto. Una situazione che rischia di incendiare tutto il Medio Oriente allargando, pezzo dopo pezzo (ricordate la “Guerra Mondiale a pezzi” descritta da Papa Francesco? Sì è la stessa cosa con nomi diversi), in maniera enorme quell'arco di crisi che ha come funzione quella di indebolire la Russia magari anche levandogli degli storici alleati come l'Iran e quella Siria che grazie al porto di Tartus garantisce alla Russia la possibilità di avere accesso al Mar Mediterraneo.

Un capitolo del Teatro delle Ombre questo mediorientale che però potrebbe deflagrare anche oltre ciò che Washington e Tel Aviv abbiano progettato. Non sappiamo quale possa essere la reazione iraniana. Teheran chiuderà lo stretto di Hormuz facendo salire le quotazioni del petrolio e del gas a livelli siderali e così devastando economicamente l'Europa? Oppure gli Ayatollah attaccheranno direttamente la Turchia che è un paese Nato? Difficile fare previsioni. L'unica cosa certa è che l'invasione di Gaza rischia di far esplodere il Medio Oriente con conseguenze difficilmente calcolabili.

Siamo veramente ad un fondamentale tornante della Storia che potrebbe ridisegnare gli equilibri mondiali per i prossimi lustri. E proprio questo voleva chi ha giocato l'azzardo della mossa mediorientale in questa partita mortale nella Grande Scacchiera.

Giuseppe Masala

Giuseppe Masala

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore  della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e  pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un  racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

 

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