Jeans, film stranieri e sulle altre incredibili fake news contro la Corea del Nord

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Jeans, film stranieri e sulle altre incredibili fake news contro la Corea del Nord

Puntualmente tornano a diffondersi le campagne di disinformazione sulla Corea del Nord e a ogni nuovo giro le “presunte” azioni portate avanti dal governo di Pyongyang diventano sempre più eclatanti e le notizie snocciolate sempre più stravaganti.

Questa volta la notizia, diffusa nei giorni scorsi, verterebbe su “una nuova legge che prevede la reclusione fino a 15 anni nei campi di lavoro per chi guarda film stranieri e addirittura la pena di morte per chi viene trovato in possesso di un quantitativo importante di contenuti media provenienti da Corea del Sud, Usa, o Giappone”.

Secondo il Daily Nk, quotidiano sudcoreano, il cui capo redattore è stato intervistato proprio dalla BBC “almeno tre adolescenti sarebbero già stati spediti in un campo di rieducazione per aver sfoggiato un taglio di capelli simile a quelli delle star del pop di Seul e per aver arrotolato i pantaloni sopra le caviglie.”

Il copione reiterato quando si spacciano bufale come questa per news è pressoché sempre lo stesso: organi di stampa della Corea del Sud, tradizionalmente ostili alla politica di Kim Joung Un, pubblicano delle notizie a cui viene dato risalto dalla grande emittente occidentale di turno, questa volta è stato il turno della BBC, per poi essere rilanciate senza previa verifica da buona parte dei media nostrani.

Per avallare la veridicità della notizia diversi media hanno citato anche una lettera che il presidente nordcoreano Kim ha inviato alla Lega della Gioventù Socialista .

Peccato che la lettera pubblicata il 30 aprile scorso dai media vicini alla nomenclatura statale (facilmente consultabile in inglese e coreano) e che riportiamo a seguire per chi volesse consultarla in prima persona http://www.rodong.rep.kp/en/index.php?strPageID=SF01_02_01&newsID=2021-04-30-0011&fbclid=IwAR0fDYEoxyAQQE9_pLV2k99zHzjlQTMVA6OkzlprYmlQjW53iak2vvnEJ2E

non parli di lotta ai jeans o al linguaggio straniero ma di un contrasto "all'ideologia capitalista" e ad altri  "elementi ideologici che vanno contro il socialismo e il collettivismo”.

Lo stesso Daily NK di Seul che è tutt'altro che imparziale quando si parla di  Corea del Nord, già in passato non si è fatto remore di diffondere notizie rivelatesi poi delle fake. 

Sull'argomento abbiamo consultato Francesco Alarico della Scala, presidente del Centro studi sulle idee del Juché in Italia e dirigente della KFA, nonché curatore del libro “Kim Jong Un. Ideologia, politica ed economia nella Corea Popolare” (pubblicato nel 2020 da Anteo Edizioni).

-Alla luce delle notizie riportate possiamo secondo lei parlare tranquillamente di bufala?

Decisamente sì. La pena di morte per possesso di media stranieri è pura fantascienza. L’articolo 183 del Codice penale punisce la “importazione e diffusione di cultura decadente” con 1 anno di lavori forzati e 5 anni nei casi di reiterazione o di grossi quantitativi di materiale”. Non esiste nessuna legge contro i risvoltini o le brutte acconciature, al massimo si incorre nelle critiche dei colleghi durante le riunioni.

-Ci darebbe qualche informazione maggiore sul Daily Nk che poi sarebbe la fonte originale della notizia?

A differenza di Yonhap, Chosun Ilbo ed altri organi della stampa sudcoreana ostili a Pyongyang, Daily NK è gestito da disertori che, non si sa come, avrebbero accesso ad una vasta rete di informatori al Nord. Tutte le notizie riportate provengono da tali “fonti anonime” e inverificabili per definizione, che non possono essere né confermate né smentite.

Dietro questa foglia di fico, i giornalisti possono scrivere tutto quello che vogliono, senza preoccuparsi di documentare alcunché, anzi inventandosi le notizie di sana pianta. Da Daily NK sono partite molte bufale famose, come quella sul taglio di capelli obbligatorio o sui cani requisiti ai proprietari e inviati nelle cucine dei ristoranti, per non parlare delle voci sulla morte di Kim Jong Un circolate l’anno scorso.

-Qual è il reale atteggiamento della Corea del Nord e la normativa in merito all'abbigliamento  e in generale verso la cultura occidentale ?

Non esistono norme giuridiche su vestiti e pettinature, sebbene le organizzazioni sociali e di partito cerchino di promuovere abiti e stili nazionali e di limitare la diffusione di mode straniere.

Verso la cultura occidentale si pratica la “politica della zanzariera”: aprire le porte del paese ai contributi positivi dell’arte e della scienza mondiale, respingere la propaganda nemica e la spazzatura consumista che purtroppo abbonda nel nostro sistema mediatico. I controlli sono stati recentemente rafforzati dalla “legge contro la penetrazione delle ideologie e delle culture reazionarie”, promulgata il 4 dicembre 2020 alla 12ª sessione plenaria del 14º Presidium dell’Assemblea popolare suprema, ma i nordcoreani possono tranquillamente guardare Titanic e perfino i film di Tarantino.  Nel 2009 i giornalisti di Repubblica furono sorpresi di trovare nelle biblioteche di Pyongyang i romanzi di George Orwell, alle cui distopie la Corea del nord viene così spesso paragonata. Ma in questo caso siamo noi le vittime di un bispensiero che si sottrae ad ogni fact-checking e confronto con la realtà.

Francesco Fustaneo

Francesco Fustaneo

Laureato in Scienze Economiche e Finanziarie presso l'Università degli Studi di Palermo.
Giornalista pubblicista dal 2014, ha scritto su diverse testate giornalistiche e riviste tra cui l'AntiDiplomatico, Contropiano, Marx21, Quotidiano online del Giornale di Sicilia. 
Si interessa di geopolitica, politica italiana, economia e mondo sindacale

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