Paesi isolati militarmente. Contro il coronavirus c'è solo la sanità pubblica

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Paesi isolati militarmente. Contro il coronavirus c'è solo la sanità pubblica



Contropiano
 

Nulla come le emergenze vere, quelle che mettono a rischio reale un’intera popolazione, dimostrano l’ottusità criminale di un sistema basato sull’interesse e il profitto privato.


E il Coronavirus arriva a portare il suo contributo, al momento più sulla base della paura che della riflessione.


Andiamo con ordine. Il governo Conte, di fronte al moltiplicarsi dei focolai di infezione nel nord Italia, ha preso misure drastiche ma logiche, fondate sulle conoscenze scientifiche e centralizzando il comando sulle operazioni.


Isolamento completo per i comuni in cui sono stati verificate le infezioni, con divieto di entrata e uscita per residenti, visitatori, ecc, fino alle normali attività lavorative e commerciali. Lombardia e Veneto sono al centro delle attenzioni, e dunque sono state vietate anche le manifestazioni sportive, a cominciare dalle partite negli stadi, così come tutte le iniziative pubbliche che potrebbero mettere a contatto migliaia di persone. Chiuse le università e le scuole, vietate anche di conseguenza le gite scolastiche et similia.


I comuni saranno isolati anche “militarmente”, con l’intervento di polizia ed esercito, e chi infrangerà il divieto sarà passibile di sanzioni fino a tre mesi di carcere. Uniche eccezioni coloro che dovranno comunque far entrare rifornimento di cibo e medicine, i quali dovrebbero logicamente essere protetti in modo specifico.


I siti istituzionali traboccano di informazioni, ragion per cui vi rinviamo a quelle fonti per dettagli più precisi (DIREZIONE GENERALE DELLA PREVENZIONE SANITARIA).


Quello che ci sembra invece da sottolineare è che tutto lo sforzo sanitario poggia interamente sulla sanità pubblica. Ossia sul comparto che più di tutti è stato sottoposto, negli ultimi trenta anni, a tagli draconiani continui, esternalizzazioni, precarizzazione contrattuale e conseguenti riduzioni del salario medio.


Questo sistema viene in queste ore sottoposto a uno stress test che costringe già ora il personale medico, infermieristico e paramedico in condizioni di guerra. E dobbiamo contare con sincera gratitudine su queste persone straordinarie impegnate – stavolta sul serio – “in prima linea”.


Non si può però tacere sulle politiche criminali che sono state imposte alla sanità pubblica in tutti questi anni.


Proprio Lombardia e Veneto sono state le regioni in cui, in questi venti anni, è cresciuta enormemente la percentuale di spesa sanitaria privata accreditata in Italia rispetto al totale della spesa sanitaria, ossia sottraendo le sempre più scarse risorse a quella pubblica. L’Emilia di Bonaccini, peraltro, sta seguendo lo stesso percorso.


A questo sforzo gigantesco di contenimento del contagio la sanità pubblica partecipa tutta intera, ma da sola. La “sanità privata” è infatti totalmente fuori da qualsiasi logica di “protezione della popolazione”.


Nel privato, sembra utile ricordarlo, vige la ricerca del massimo profitto. Dunque si possono accettare anziani non autosufficienti se ci sono familiari che pagano; persone da operare o riabilitare che se lo possano permettere, ecc. Ma porte chiuse a chi non può pagare di tasca sua. E soprattutto agli “infetti”…


In caso di epidemia, come quello in corso, dunque, la sanità privata non esiste. E’ socialmente inutile. Anzi dannosa perché, come detto, sottrae risorse a quella pubblica, grazie alle generose donazioni che le Regioni concedono da qualche decina di anni.


Sono i centri pubblici come lo Spallanzani di Roma a fare ricerca. E sono ricercatori operanti nel pubblico, in gran parte precari – come Francesca Colavita, prima al mondo ad isolare il coronavirus – a tenere alta la capacità reattiva di un Paese a un’emergenza come questa.


“I privati” in questi casi chiudono le porte e aspettano che passi la buriana. Vedremo nei prossimi giorni se le “strutture convenzionate” continueranno oppure no ad erogare prestazioni – in genere analisi e diagnostica specialistica – nelle zone a rischio contagio. Di certo, possiamo escludere qualsiasi spirito da “buon samaritano” (insomma, potrebbero anche continuare a farlo, ma in cambio di un “ritocco dei prezzi” verso l’alto).


Potremmo andare avanti a lungo, ma ci limitiamo per ora a stimolare la riflessione. Nulla come un’emergenza vera dimostra che il “privato” è un ostacolo al benessere della popolazione.


Uno spreco di risorse, direbbero i Cottarelli e le Fornero…

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