Vito Petrocelli: “Con il ruolo nel Fezzan, il governo italiano rischia di compromettere la pacificazione in Libia"

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Vito Petrocelli: “Con il ruolo nel Fezzan, il governo italiano rischia di compromettere la pacificazione in Libia"

 

Rilanciamo questa intervista rilasciata a l'Identità da Vito Petrocelli, presidente dell'Istituto Italia-Brics


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di Adolfo Spezzaferro

l'Identità, 17 maggio 2023

“Così l’Italia finanzia la tratta dei clandestini nel sud della Libia”

Vito Petrocelli: “Ecco come un progetto della Farnesina nato per rilanciare il Fezzan alimenta l’immigrazione irregolare”

 

“In Libia il governo italiano sta rischiando di peggiorare il quadro già drammatico nel Fezzan e di vanificare l’impegno per la pacificazione e riconciliazione del Paese”. Ce lo spiega Vito Petrocelli, già presidente della commissione Esteri del Senato e presidente dell’Istituto Italia-Brics. “La Farnesina sta finanziando un progetto che invece di aiutare la popolazione locale copre lo sfruttamento degli immigrati clandestini”, avverte l’esperto, sottolineando come in Italia tale delicata situazione non faccia notizia.

 

Che cosa sta succedendo in Libia, visto che è stato arrestato il coordinatore di un progetto finanziato dalla Farnesina organizzato da una Ong italiana, con l’accusa di aver impiegato immigranti clandestini?

Notizia che peraltro non è stata riportata dai media italiani, ci tengo a sottolineare. Il coordinatore in Fezzan della Ong italiana Ara Pacis è stato arrestato per aver aiutato questa Ong a sistemare in maniera permanente migranti irregolari che arrivano dal Sahel nel sud della Libia sotto la copertura del progetto che dovrebbe promuovere lo sviluppo dell’agricoltura locale e contribuire alla coesione sociale e all’integrazione della popolazione. Questa notizia è importante anche per un altro motivo.

 

Quale?

Dal 2011, ossia dall’attacco Nato alla Libia, il Fezzan è diventato il “terzo mondo della Libia”, visto che tutti si occupano soltanto della Tripolitania e della Cirenaica. Ebbene, in questi anni questa area, ricca di petrolio e altre risorse naturali, è caduta nelle mani di bande locali. Bande che organizzano sequestri a scopo di estorsione o di ricatto. Bande di trafficanti di esseri umani che arrivano anche da Stati confinanti. Gruppi che organizzano contrabbando di carburante fuori e dentro la Libia. E soprattutto si verificano puntualmente interventi di milizie dei Paesi vicini che contribuiscono all’immigrazione clandestina.

 

E quindi?

Se la Farnesina finanzia con cinque milioni di euro un progetto per lo sviluppo sostenibile, non dovrebbe permettere che questo progetto nasconda altre intenzioni. Ad aprile infatti organizzazioni della società civile del Fezzan hanno espresso preoccupazione alla Farnesina sulla situazione creata da questo progetto. Diversi sindaci infatti hanno annunciato il loro esplicito rifiuto dell’idea di insediare gli immigrati nel sud della Libia, sottolineando di aver informato la parte italiana che qualsiasi accordo di questo tipo deve essere concluso con lo Stato rappresentato dal ministero del governo locale e non direttamente dai comuni. Le associazioni temono anche che questi clandestini, una volta finiti i soldi del progetto, possano diventare manovalanza delle bande che scorrazzano nel sud del Paese. In questo contesto l’arresto rientra nella contrapposizione tr forze politiche e militari in Libia.

 

In che modo? C’entra forse la visita di Haftar in Italia?

Credo di sì. Proprio nei giorni in cui Haftar preparava il viaggio a Roma e poi incontrava Meloni e Tajani, è aumentata la repressione del dissenso e delle forze politiche legalmente riconosciute contrarie alla linea di dialogo - reale o presunta che sia - tra Tripoli e la Cirenaica.

 

Che cosa è successo?

Soprattutto nella città di Sirte, dove già da diverse settimane si assisteva a intimidazioni, arresti ed estorsioni nei confronti del partito Insieme per la patria. Esponenti di questo partito sono stati prelevati dalle loro case e portati in arresto a Bengasi. Così come altri attivisti che cercano la riconciliazione nazionale. Ma soprattutto il giornalista Agila Dalhum a capo del team della comunicazione di Saif Gheddafi, il figlio del Colonnello, è scampato a un tentativo di omicidio a Malta. Questo si collega a quanto chiesto da Haftar a Roma.

 

Cosa ha chiesto?

Secondo le mie fonti, ha chiesto l’appoggio occidentale per portare la Libia a libere elezioni e avviare il processo di riunificazione a patto che venga tagliato fuori dalla corsa al voto proprio Saif Gheddafi, dato per favorito nei sondaggi. E proprio in quei giorni la repressione contro le persone a lui vicine è aumentata in maniera esponenziale. In quegli stessi giorni il progetto finanziato dalla Farnesina viene denunciato sulla stampa locale come progetto sospetto. E mi dicono - spero che non sia vero - che a questo progetto sarebbe interessato uno dei figli di Haftar, Saddam. Se così fosse sarebbe molto grave, visto il lavoro di altissimo profilo della Farnesina per il processo di pacificazione del Paese. il governo italiano rischia di incappare in lotte intestine che vogliono escludere dal processo democratico una parte politica, oltre che una figura che sarà pure ingombrante ma che ha il diritto di candidarsi alle presidenziali. Ma non finisce qui.

 

Ci spieghi.

Il vice ministro degli Esteri Edmondo Cirielli, che ha ricevuto la protesta delle organizzazioni del Fezzan di sospendere il progetto della Ong italiana che sta insediando clandestini nel sud del Paese, proprio in questi giorni è andato in visita ufficiale alla Ciheam di Bari, partner di Ara pacio nel progetto finanziato dalla Farnesina. Occasione - ci auguriamo - per fare chiarezza. Bisogna verificare se è vero - come sostengono le associazioni libiche ricevute da Cirielli - che queste iniziative nell’ambito del progetto siano state sottoscritte da amministratori locali del Fezzan senza l’avallo dei ministeri di competenza. A quanto pare, Cinema Bari e Ara Pacis avrebbero inviato un aereo provato ai sindaci dei comuni del Fezzan, tra cui il sindaco di Ubari, e li hanno portati nella città di Bari e hanno firmato lì in solitaria l’accordo sul progetto.

 

Tornando al processo di pacificazione della Libia, se al ballottaggio in Turchia non dovesse rivincere Erdogan, cambierebbe la postura di Ankara nei confronti di Tripoli?

Premesso che la mia impressione è che le elezioni le rivincerà Erdogan, anche se non ce la dovesse fare, la politica estera turca non cambierebbe. Perché loro sono molto più nazionalisti di noi italiani e per loro conta mantenere centri di controllo strategico, come la Libia per l’appunto. Gli interessi nazionali turchi vengono tutelati a prescindere.

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