L’eredità di Chavez al IV Congresso del PSUV

16 Marzo 2021 23:24 Geraldina Colotti

A 8 anni dalla scomparsa di Hugo Chavez, il 5 di marzo del 2013, il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) ha celebrato il IV Congresso, per moltiplicare, una volta ancora, la voce del suo fondatore, leader dalla rivoluzione bolivariana. Nicolás Maduro Moros, presidente del partito e del paese, lo ha ricordato durante un sentito discorso alla Plenaria Straordinaria, iniziato con il saluto a tutta la direzione nazionale, al Consiglio Politico e alla direzione nazionale della gioventù socialista, e ai partiti del Gran Polo Patriótico Simón Bolívar (GPPSB).

Il presidente ha voluto ricordare anche il dolore e lo sconcerto provato nell’apprendere la notizia della morte del Comandante. “Siamo rimasti in silenzio – ha detto -, nessuno di noi si sentiva pronto per ricevere quella notizia. Nessuno di noi aveva mai e poi mai pensato di ricevere un colpo simile”. Poi, ha ricordato ancora, insieme alla famiglia del Comandante si decise di darne notizia al popolo in forma “rapida e onesta”: con la stessa chiarezza con la quale Maduro gestirà poi la fase di passaggio prevista dalla Costituzione in caso di “assenza assoluta” del presidente.

Una clausola costituzionale sulla quale la destra aveva speculato durante la malattia del presidente, e su cui ha poi tentato di impostare anche la farsa dell’”autoproclamato presidente a interim”, Juan Guaidó, inventandosi un vuoto di potere in Venezuela. Maduro ha precisato che il suo compito come presidente a interim, in base alla Costituzione, è stato quello di condurre il paese a nuove elezioni e nei tempi stabiliti, il 14 aprile del 2013.

In quell’occasione – ha ricordato Diosdado Cabello, vicepresidente del PSUV - il popolo, nonostante il dolore, espresse il suo voto per Maduro, per non tornare al triste passato della IV Repubblica e per rispettare il volere di Chávez il quale, prima di partire per Cuba a curarsi, l’8 dicembre del 2012, aveva detto che, se le circostanze lo avessero imposto, la sua “ferma opinione” era che venisse eletto Maduro. Il messaggio del Comandante è rimasto impresso nella memoria dei popoli, ben oltre la frontiera venezuelana, e a darne continuità progettuale è il PSUV.

Un partito di quadri, di movimento e di massa, fondato nel 2007, che oggi conta 7.790.960 militanti, come ha precisato al Congresso il vicepresidente dell’Organizzazione del partito, Julio León Heredia. Un partito capace di rinnovarsi, di fronte alle sfide imposte dal contesto internazionale, e capace di dirigere la resistenza quotidiana del popolo cosciente e organizzato contro gli attacchi dell’imperialismo, ancora più feroci e criminali in questo tempo di pandemia.

L’esistenza della rivoluzione bolivariana, a oltre 22 anni dalla vittoria di Chavez alle presidenziali del 6 dicembre 1998, è già un fatto storico di portata straordinaria nel contesto del post-Novecento, considerando che la mappa del socialismo rappresenta solo pochi punti del mondo. Che poi goda anche di buona salute politica, nonostante sia diventata il laboratorio di sperimentazione della guerra asimmetrica e multiforme dell’imperialismo, può sembrare un vero miracolo.

Un rompicapo che l’imperialismo non riesce a dominare e che può sintetizzarsi in tre principali punti di forza: la direzione politica, nella sua articolazione tra partito e governo rivoluzionario, l’organizzazione di massa, nella sua proficua dinamica tra partito e movimenti, a livello nazionale e territoriale, e l’unione civico-militare. Un’alchimia che, per quanti sforzi faccia, l’imperialismo USA non riesce né a intendere né a scomporre, essendo il tema dell’unità un patrimonio che Chávez ha lasciato in eredità e che il popolo non ha voluto dissipare.

Lo ha ribadito il deputato Pedro Infante, eletto vicepresidente di mobilitazione e organizzazione degli eventi, incarico che fu del compianto Dario Vivas. E Cabello ha ricordato come, subito dopo la scomparsa fisica del Comandante, l’opposizione ha cominciato “con la solfa della nostra divisione interna, dei conflitti interni, ma è rimasta a bocca asciutta”.

La rivoluzione bolivariana è un laboratorio a cui hanno ricominciato a guardare anche i movimenti popolari di quelle parti del mondo capitalista in cui la frammentazione delle forze di alternativa sembra diventato uno scoglio insuperabile per l’unità di classe, di fronte a un attacco della borghesia sempre più forte e pervasivo. E questo è il merito di un lavoro internazionalista organizzato dal PSUV in continuità con quello del Comandante, e che si sta concretizzando nel Congresso Bicentenario dei Popoli, organizzato per i duecento anni dalla Battaglia di Carabobo, determinante per l’indipendenza del Venezuela.

Come di consueto, anche in questo IV Congresso il dibattito di congiuntura si è confrontato con l’attualità economica e politica, nei diversi tavoli di lavoro. Centrale la discussione sulla necessità di rafforzare le Reti di Azione e Articolazione Sociopolitica (RAAS) in questo anno di elezioni regionali e municipali. “Abbiamo esaminato e valutato tutto lo sforzo che stiamo facendo in ogni strada e in ogni comunità per vedere come lo completiamo con la strategia dell’1 x 10 per raggiungere tutti i settori e i movimenti che esistono oltre il livello territoriale”, ha detto il governatore dello Stato Miranda, Héctor Rodríguez, nominato vicepresidente territoriale del partito per la zona di Caracas-La Guaira.

Rodríguez ha sottolineato l’importanza del concetto di “difesa integrale della nazione”, da intendersi non solo in senso militare, ma anche in quello della difesa della sovranità alimentare e della salute. È indubbio, infatti, che se il governo bolivariano è riuscito a contenere efficacemente il coronavirus nonostante le misure coercitive e unilaterali imposte dagli Usa e della UE, è stato grazie all’organizzazione del PSUV, che ha recepito lo spirito e la lettera dei progetti di Chávez, a cominciare dai convegni firmati con Cuba e dalla messa in campo della Misión Barrio Adentro che ha dispiegato la medicina di prossimità.

Particolarmente ricca la discussione interno al tema della Difesa integrale della nazione, che impegna il PSUV a vari livelli: nella difesa dei confini e dell’integrità territoriale, quindi nella battaglia internazionale per la sovranità sull’Essequibo; nella formazione e nell’integrazione dei militanti e delle militanti nella Milizia bolivariana; e nel rafforzamento della linea strategica di Chávez, denominata “il partito in movimento”, che implica il legame con le organizzazioni popolari di base, i diversi movimenti sociali.

Maduro ha chiesto alla Direzione nazionale del partito, nello specifico a Diosdado, di elaborare un metodo per scegliere le candidate e candidati che rappresenteranno il partito alle elezioni, “che deve essere democratico, in base a un movimento che vada dal basso verso l’alto che implichi una consultazione permanente della base, cominciando dai dirigenti delle strade e comunitari”. Quindi ha ribadito l’importanza di mantenere la disciplina all’interno delle forze rivoluzionarie, di evitare gli egocentrismi con auto-candidature fuori dai meccanismi del partito servendosi delle reti sociali: perché questo, ha detto, “genera molto danno”.

Il Ministro del Lavoro, Eduardo Piñate, ha per parte sua messo a punto la squadra incaricata di sistematizzare le linee di lavoro approvate. La squadra sarà formata dalla segreteria esecutiva del partito, da alcuni segretari e segretarie delle equipe politiche e statali e dalla Vicepresidenza per la formazione. Linee attraversate dalla prospettiva di genere, in questo mese che, a partire dall’8 marzo, si dispiega in tutto il paese e anche a livello internazionale, attraverso il Congresso Bicentenario dei popoli, che ha un suo momento forte organizzato dalle donne del PSUV. Uno dei punti approvati, prevede infatti anche “il rispetto della parità di genere e un suo adeguato rispecchiamento nelle candidature da proporre per le prossime elezioni”.

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