Bloomberg: Biden vuole dare un limite temporale alla guerra ucraina

Hal MarchiHal Brands firma un articolo alquanto interessante su Bloomberg, nel quale spiega che la Casa Bianca ha modificato la sua strategia sull’Ucraina. Ormai deposto i timori di un’escalation, che secondo Brands sarebbero solo un bluff di Putin, sta inviando a Kiev armi sempre più potenti e sofisticate, in grado anche di colpire in profondità la Russia, in particolare in Crimea.

Escalation e de-escalation

Così sui missili a lungo raggio, prima negati poi inviati (ma non sono quelli richiesti da Kiev, che voleva vettori in grado di colpire Mosca), così sui carri armati e così sarà con i jet da combattimento, anche questi negati, ma probabilmente inviati in in futuro.

Grazie a tale escalation, “Biden mira ad aiutare l’Ucraina ad aumentare la pressione sulle forze russe, e forse [neretto nostro] a spostare ulteriormente le linee a suo favore, come via per i negoziati dopo la fine della fase successiva dei combattimenti”.

Insomma, si va all’escalation per arrivare alla de-escalation. “Sebbene questi diversi cambiamenti politici sembrino andare in direzioni opposte, esiste una logica unificante. Gli Stati Uniti non vogliono che la guerra si trascini all’infinito, perché sta trasformando gran parte dell’Ucraina in una terra desolata, mettendo a dura prova le tesorerie, gli arsenali e l’attenzione occidentali“.

In realtà, la logica unificante sfugge. Sembra più un aggiustamento in corsa di una strategia che si è rivelata del tutto errata, dal momento che fino ad alcuni mesi fa, dopo la riconquista di Kherson, gli Stati Uniti erano sicuri della disfatta russa, preannunciata peraltro dalle perdite subite all’inizio dell’invasione (chi non ricorda le immagini dei carri armati russi distrutti dai Javelin?).

Sembrava tutto facile, con facilità aumentata dal collasso previsto per l’economia russa a causa delle sanzioni, oltre che dalle rivolte di piazza che la guerra avrebbe inevitabilmente suscitato. Tutte previsioni date per certe e tutte errate.

Offensive e obbiettivi irrealistici

E ora che la controffensiva russa sta avendo successo e che la sbandierata controffensiva ucraina di primavera rischiava, e rischia, di non poter essere alimentata, serve un riallineamento con la realtà. Al di là delle confusioni del testo di Bloomberg, discendenti dalla necessità di dare una logica alla confusione in cui si dibatte l’amministrazione Biden, l’articolo dice comunque due cose.

Anzitutto che nelle élite americane, almeno in una parte importante di esse, si è preso coscienza che fare della guerra ucraina una guerra infinita non conviene, anzi potrebbe essere controproducente. La seconda cosa è che l’obiettivo dichiarato di cacciare i russi da tutta l’Ucraina non è più reputata realistica.

Lo dicono in tanti ormai, chi spiegando che la Crimea resterà sotto il controllo dei russi, chi aggiungendo alla Crimea anche parte del Donbass. Sulla Crimea, in particolare, val la pena riportare quanto riferisce Politico: “È improbabile che le forze ucraine siano in grado di riconquistare la Crimea dalle truppe russe nel prossimo futuro, hanno detto quattro alti funzionari del Dipartimento della Difesa ai deputati del Comitato per i servizi segreti militari della Camera in un briefing riservato. La valutazione frustrerà sicuramente i leader di Kiev che considerano la riconquista della penisola uno dei loro obiettivi chiave”.

Ma tanti, ormai, iniziano a pronosticare che anche riprendere il controllo del Donbass è complicato. Nel suo confuso articolo lo scrive anche Bloomberg, in un cenno che passa quasi inosservato, ma che è forse la parte più interessante della nota: “L’obiettivo di Washington è un’Ucraina militarmente difendibile, politicamente indipendente ed economicamente sostenibile; questo non comprende necessariamente la riconquista di aree che sarà difficile riprendere, come il Donbass orientale o la Crimea“.

Strateghi o indovini

Tanti gli indizi che le cose stanno andando male per KIev. Non solo le sconfitte sul campo di battaglia, peraltro subite prima ancora dell’arrivo al fronte dei 300mila uomini reclutati alcuni mesi fa; anche le inchieste che stanno scoperchiando il marciume di Kiev (vedi comunicato della SBU, l’intelligence ucraina); ma anche, piccolo indizio questo, ma significativo, lo scioglimento della Mozart, la più importante agenzia di mercenari impegnata sul campo di battaglia, presentata finora come contraltare della Wagner: travolta dagli scandali, ha chiuso i battenti (New York Times).

Gli strateghi d’Occidente hanno sbagliato tutto. E gli stessi che hanno commesso errori tanto madornali, trascinando il mondo in questo incubo a rischio escalation nucleare, stanno studiando nuove strategie per uscirne senza troppi danni. E l’unico modo che hanno trovato è portare Putin a un bivio: o inizia una guerra su ampia scala e/o nucleare oppure si piega a un negoziato che soddisfi più possibile le richieste di Kiev.

Strategia più che confusa, che ha il limite descritto da Bloomberg: ha una finestra di tempo limitata perché ottenga, forse, i risultati sperati. Perché sanno che ormai una guerra di logoramento, brandita all’inizio come prospettiva che avrebbe portato a una sicura vittoria occidentale, non gioca a loro favore, né nel ristretto ambito della guerra ucraina, né, soprattutto, nel più ampio agone globale, nel quale la Cina si sta rafforzando e sempre più Paesi stanno allentando i loro legami con Washington e con il dollaro. Vedremo.

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