Processo contro la golpista Áñez in Bolivia: presentate oltre 70 prove

03 Dicembre 2021 01:02 La Redazione de l'AntiDiplomatico

Più di 70 prove e 20 testimonianze sostengono oggi l'accusa formale contro l'ex presidente de facto della Bolivia, Jeanine Áñez, per violazione di doveri e risoluzioni contrarie alla Costituzione.

Secondo le dichiarazioni rese dal segretario generale della Procura Generale dello Stato, Edwin Quispe, dopo aver raccolto prove testimoniali e documentali e altre procedure, i pubblici ministeri hanno accertato l'esistenza di elementi sufficienti per dimostrare che Áñez ha adattato la sua condotta alle due tipologie criminali indicate, come ha riferito il quotidiano Ahora el Pueblo.

Con questa accusa, volta a dimostrare che l'ex presidente golpista ha assunto la presidenza in modo incostituzionale, si è conclusa la fase istruttoria dell'investigazione.

Le accuse contro Áñez

Un giorno prima della proclamazione di Jeanine Áñez nel 2019, le Forze Armate e la Polizia Boliviana erano già sotto il comando dell’allora senatrice. Lo afferma il Pubblico Ministero nell'accusa contro i responsabili del caso ‘Golpe de Estado II’.

Poi, i comandanti delle Forze Armate e della Polizia, svolsero un ruolo cruciale nella crisi post-elettorale del 2019 chiedendo le dimissioni del presidente Evo Morales, contro il quale i golpisti avevano scatenato mobilitazioni dopo le elezioni che Morales aveva vinto con ampio margine.

Il procuratore del caso, Omar Mejillones, ha presentato lunedì l'accusa formale per i presunti reati di risoluzioni contrarie alla Costituzione e alle leggi e violazione dei doveri nei confronti di Áñez e degli allora comandanti della Polizia Boliviana, Yuri Calderón, e delle Forze Armate, Williams Kaliman, oltre ai comandanti della Fuerza Aérea Boliviana (FAB), Gonzalo Terceros; della Forza Navale, Palmiro Jarjuri, e dell'Esercito, Jorge Mendieta; e poi Flavio Arce, Capo di Gabinetto; Sergio Orellana, Capo delle Operazioni del Dipartimento III, e Jorge Fernández, Ispettore Generale delle Forze Armate.

Il documento, nella parte del “rapporto fattuale”, individua almeno tre momenti in cui i vertici militari e di polizia si mettono a disposizione dell'allora senatrice di Unità Democratica (UD), una forza di minoranza.

Dopo le dimissioni di Morales, alle 16:52 del 10 novembre, Áñez annunciava che era sua responsabilità assumere la successione, dopo aver appreso delle dimissioni verbali degli allora presidenti del Senato, Adriana Salvatierra, e Víctor Borda, della Camera dei Deputati.

Il giorno seguente, secondo le sue dichiarazioni presentate al procuratore Mejillones, Áñez ha viaggiato da Trinidad a La Paz su un volo della compagnia Amaszonas. È arrivata a La Paz a mezzogiorno, accompagnata dal suo collega di Santa Cruz, scar Ortiz e dai suoi due figli.

Ha detto che appena scesa dall'aereo, un militare le ha fatto sapere che aveva l'ordine di portarla al Collegio Militare. "In uno sforzo congiunto hanno organizzato la sicurezza e il trasferimento con le scorte" della senatrice, scrive l’accusa.

Terceros, "con piena consapevolezza dell'illegittimità dei suoi atti arbitrariamente rende possibile" il trasferimento della senatrice in un elicottero di proprietà del Ministero della Presidenza.

Riguardo al ruolo della Polizia boliviana, si afferma che “dalla mattinata di quella data, essa (Calderón) avrebbe ordinato (come se fosse Presidente dello Stato) delle guardie del corpo di garantirle la sicurezza al fine di compiere atti nell'ambito dell’Assemblea Legisativa”.

Inoltre, dice che il comandante militare ha orodinato il pagamento di Bs 5.545,54 all'AIR BP Bolivia, una sussidiaria di YPFB, tramite il colonnello Luis Marcelo Cervantes Tórrez, allora comandante dell'Unità Grupo Aéreo de Caza 31. La somma di denaro serviva "per carburante, e la data di riferimento non è l'unico volo che questo velivolo ha effettuato”.

Parallelamente al trasferimento di Áñez, Mendieta ha “ordinato” al generale Willy Pozo Torrico, comandante del Collegio Militare, “di consentire a detto aereo di atterrare” a Irpavi, si legge nel rapporto della Procura della Repubblica.

Poi la golpista Áñez fu scortata presso l’Assemblea Legislativa convocando una sessione del Senato per esaminare le dimissioni di Morales e del vicepresidente Álvaro García Linera.

A Plaza Murillo era accompagnata da Israel Alanoca e fu accolta in prima linea dall'ex presidente Jorge Quiroga (2001-2002) e dal suo collega Arturo Murillo, poi ministro degli Interni del governo golpista e fautore della linea dura. Murillo viene descritto come “uomo di potere”.

Áñez non hai riunito deputati e senatori. Secondo le indagini della Procura dipartimentale di La Paz, non vi era alcuna intenzione in tal senso, a giudicare dalla lettera che inviò a Kaliman. “Funzionari di polizia e militari hanno impedito l'ingresso nell'Assemblea Legislativa dei parlamentari del partito di governo", sottolinea l'accusa formale.

Áñez fu successivamente proclamata, prima, presidente dei senatori e, poi, presidente per "successione" in due atti separati nell'Assemblea Legislativa senza quorum né risoluzione, tantomeno con la presenza dei due terzi dei parlamentari, ossia dei membri del Movimento per il Socialismo (MAS).

Quindi, si insediò presso il Palazzo del Governo, dove si presentò alle masse dal balcone presidenziale.

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