Separatismo e influenze esterne nel sud della Siria

Avevamo già parlato della drammatica situazione in Siria, soprattutto, nel sud del paese arabo.

Il quadro è decisamente preoccupante. Le sanzioni hanno strangolato l’economia siriana, la popolazione è allo stremo.

L’occupazione illegale delle terre siriane, insieme alla perdita e al furto di petrolio, risorse idriche e agricole da parte delle truppe di occupazione straniere e delle loro milizie locali, aggrava ulteriormente la crisi, così come la ricorrente aggressione israeliana e gli attacchi missilistici contro le infrastrutture siriane.

Nel contesto di questa devastazione, si sono aggiunte le recenti proteste contro l’aumento dei carburanti nel sud della Siria, a Suwayda, dove è forte la componente drusa.

La componente etnica comincia a giocare un ruolo chiave, nel senso che potrebbe essere strumentalizzata per destabilizzare e frammentare la Siria.

Ricordate come la vicenda della morte di una giovane ragazza di origine curda, Mahsa Amini provocò proteste, anche giuste, ma che furono strumentalizzate per fomentare anche il separatismo dei curdi in Iran? Non a caso, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti John Bolton, il 7 novembre 2022, rivelò che le armi usate dai gruppi separatisti in Iran venivano contrabbandate dal Kurdistan iracheno.


Separatismo e influenze esterne nel sud della Siria

C’è un effettivo rischio che l’occidente, in primis, gli USA possano soffiare sul fuoco del separatismo approfittando del crogiuolo di etnie e religioni che da sempre hanno vissuto insieme in armonia?

Qualche segnale ci sarebbe e proviene dai curdi che con le loro milizie alleate e protette da Washington, le sedicenti ‘Forze democratiche siriane’, occupanti le zone del nord est della Siria, dove sono presenti i più grandi giacimenti di idrocarburi, hanno dato il loro appoggio alle spinte separatiste dei drusi nel sud della Siria, attraverso il Consiglio Democratico Siriano (SDC), il loro braccio politico, dove apertamente si sono appoggiate le proteste di Suwayda e la loro trasformazione da aspirazioni socio-economiche a richieste di secessione.

Possono mai i curdi dare la loro solidarietà deliberatamente? Assolutamente no, hanno scelto da anni di essere i burattini di Washington diventando il “palo” dei furti di petrolio e grano della Zio Sam.

Leader religioso siriano druso Sheikh Yusef Jarbou conferma il suo sostegno a Damasco

Come ha riportato il media locale As-Suwayda 24, ieri, il leader religioso siriano druso Sheikh Yusef Jarbou ha confermato il suo sostegno alla "leadership siriana", durante un incontro a Suwayda a cui hanno partecipato i notabili della città, ribadendo che la bandiera dello Stato siriano è quella che lo rappresenta e che schierarsi con il governo è “una scelta strategica e nazionale”.

All'incontro ha partecipato anche il governatore della campagna di Damasco, Safwan Abu Saada. Originario di Suwayda, incaricato dal presidente Bashar al-Assad a visitare la regione e ad affrontare le preoccupazioni dei manifestanti a nome di Damasco.

Abu Saada ha avvertito che i partiti con tendenze separatiste stanno sfruttando il movimento di protesta che ha luogo a Suwayda, deviando la strada a coloro che chiedono un miglioramento delle condizioni di vita e rientrando nel quadro della “cospirazione globale” contro la Siria.

Il capo del Center for Middle East Studies dell'Università dell'Oklahoma, nonché esperto di Siria, il Professor Joshua Landis ha spiegato che “la maggior parte dei manifestanti chiede una maggiore attività del governo nella vita economica del paese, piuttosto che un crollo del governo”.

"È una situazione strana perché i siriani che stanno manifestando vogliono tutti più servizi governativi, non meno", ha precisato Landis. “Vogliono più elettricità, vogliono sussidi, vogliono un’istruzione migliore, vogliono che la valuta sia stabilizzata. Sono disperati. Vogliono salari più alti”.

Landis ha ricordato che i leader drusi hanno criticato i manifestanti che avevano bruciato il municipio della loro provincia in un precedente movimento di protesta lo scorso dicembre, dicendo loro che stavano “distruggendo le infrastrutture necessarie per gestire la loro provincia piuttosto che danneggiare il governo”.

Al momento non è chiaro quanto siano forti le spinte separatiste e, soprattutto, è difficile credere che siano spontanee.

Uno scenario di frammentazione che porta a sembrare lo Stato siriano alleato della Russia e dell’Iran a chi potrebbe giovare se non agli USA e di riflesso anche ad Israele?

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