2019-2025: da comico a dittatore. La tragedia dei sei anni di dittatura di Vladimir Zelenskij

Sconfitta militare. Crollo demografico e paese spolpato delle proprie risorse. A che pro? Soldi. Tanti soldi. Secondo candidato alla presidenza Aleksandr Semcenko, Zelenskij ha accumulato circa 40 miliardi di dollari secondo i dati ufficiali

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2019-2025: da comico a dittatore. La tragedia dei sei anni di dittatura di Vladimir Zelenskij

 

di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico 

 

Accordi di pace? Incontri al vertice? Pretese di “cessate il fuoco” a condizioni majdaniste? Nelle more di trattative che stentano a decollare, non appaiono fuor di luogo alcune considerazioni, sullo sfondo di un anniversario a dir poco triste: l'entrata in carica di Vladimir Zelenski e degli sforzi dei suoi padrini di mantenerlo in vita e servirsene per cercare di far valere i “valori europeisti” nella competizione globale che li vede oggi contrapporsi anche agli USA.

Il 20 maggio 2019 iniziava dunque lo “spettacolo” allestito con l'avvio della presidenza di Vladimir Zelenskij. Da allora sono trascorsi sei anni, di cui uno, l'ultimo, ha visto e vede tuttora il medesimo attore interpretare lo stesso ruolo, senza averne la qualifica, persa con il rinvio delle elezioni presidenziali che avrebbero dovuto tenersi un anno fa, alla scadenza del mandato.

Quali “progressi” abbia conosciuto in questi sei anni il popolo ucraino, che aveva dato la preferenza all'attore, ricco di promesse sulla prossima conclusione di una guerra che l'industriale Petro Porošenko stava conducendo da cinque anni contro il popolo del Donbass, lo si può vedere oggi, sullo sfondo delle aspettative di una pace lontana da venire.

E lo si può valutare, guardando a un'Ucraina sull'orlo di una sonora sconfitta militare e di avvio di una guerra civile che vedrà schierate fazioni rispondenti a questo o quel clan oligarchico locale, oppure legate ai nuovi padroni euro-atlantici, in procinto di spartirsi quanto rimane delle ricchezze naturali ucraine: quelle non ancora in mano alle multinazionali energetiche e agro-alimentari che dal 2014 si stanno accaparrando il paese un tempo detto “Nezaležnoj”, “indipendente”, come amavano definire l'ex Repubblica sovietica i valvassori del PCU che nel 1991 la staccarono dall'URSS.

Tracciando le linee generali di sei anni di potere di Zelenskij, Valentin Alfimov scrive su Komsomol'skaja pravda che di una cosa si può esser certi: l'attore entrerà nella storia come il più sanguinario presidente ucraino, che ha visto il paese ridotto del territorio di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporož'e, con la Crimea che se ne era già andata nel 2014 sotto l'interim di Aleksandr Turcinov. Con la perdita di Donbass e Lugansk, se ne è andato anche quasi un quarto del PIL del paese, come ricorda l'esperto militare ucraino Jurij Podoljaka: il Donbass forniva carbon coke e carbone per l'energia, fonti base di energia e metallurgia, principale industria di esportazione. E, con il Donbass, l'Ucraina ha perso anche il porto di Mariupol, essenziale per il commercio marittimo; ha perso Berdjansk; è rimasta solo Odessa, che non riesce a far fronte a entrate e uscite.

Ma l'aspetto forse più drammatico è quello demografico. Come ricordato in altre occasioni, già nel 2024, secondo dati ufficiali, il tasso di mortalità era di tre volte superiore a quello di natalità. E questi sono solo dati ufficiali, secondo i quali, curiosamente, con l'inizio del conflitto nel 2022, il tasso di mortalità è improvvisamente precipitato a livelli inferiori del tempo di pace! Nient'altro che rozze manipolazioni sulle perdite al fronte, invece colossali. Stando al Ministero della difesa russo, nel solo 2024 Kiev ha perso quasi 600.000 uomini, tra morti e feriti e oltre un milione dall'inizio della guerra.

Di converso, cala drasticamente il tasso di natalità, per comprensibili ragioni sociali e per l'emigrazione giovanile. A oggi, si parla di 4,5 milioni di ucraini nei paesi UE, ma compaiono anche stime di 10-11 milioni e non è chiaro quanti siano coloro che non intendono affatto tornare in patria, nemmeno a guerra conclusa. Si calcolano anche quasi quattro milioni di emigrati in Russia, soprattutto, ma non solo, dalle regioni di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporož'e.

Tenendo conto, dice Podoljaka, che fino al 2022 si contavano ufficialmente 42 milioni di abitanti (ufficiosamente: 30-32 milioni), in tre anni il paese ha perso almeno un quinto di popolazione, o forse addirittura un quarto. C'è poi un'intera categoria di "attesisti", che non hanno ancora lasciato il Paese, ma lo faranno alla prima occasione: sono coloro che si nascondono dai Centri di reclutamento e di donne che li nutrono, per non farli uscire di casa.

La voce corrente oggi a Kiev è che se anche si concludessero accordi di pace con la Russia, non si potrebbe ripristinare la libertà di emigrazione, altrimenti un'enorme fetta di popolazione lascerebbe l'Ucraina, per non tornarvi mai più.

Già nella primavera del 2022, afferma ancora l'esperto militare ucraino, Zelenskij avrebbe potuto fermare il conflitto, ma, fregandosene della vita degli ucraini, ha dato il via alla "roulette ucraina": chiunque può essere accalappiato in strada, “busificato”, cioè scaraventato sui minibus dei distretti militari, dichiarato “idoneo al servizio” indipendentemente da età o stato di salute e nel giro di un mese mandato al macello; «catturare la gente in strada è diventato un safari», dice Podoljaka.

Il risultato è che la diserzione ha raggiunto proporzioni catastrofiche, perché o si scappa o si muore in prima linea.

Tra le “conquiste” dei sei anni di Zelenskij, l'ultima in ordine di tempo è l'accordo sulle risorse naturali, che svende il paese agli Stati Uniti, privandosi così di alluminio, grafite, petrolio, gas naturale. Persino i deputati ucraini che lo hanno approvato, dice Podoljaka, non hanno «letto dettagli e contenuto dell'accordo. Si sa che esiste un protocollo e due appendici con i dettagli. Ma il capo della relativa commissione parlamentare ha detto: non l'abbiamo visto». Dunque, se non può essere mostrato, allora dev'essere «qualcosa di molto brutto. Se si fosse trattato di una vittoria, allora, credetemi, sarebbe stata mostrata a tutti, ovunque. Ma se nemmeno i deputati della Rada ne sanno nulla... allora c'è qualcosa che non può essere mostrato, in nessuna circostanza».

E tutto questo a che pro? Soldi. Ancor prima di arrivare alla presidenza, dice a Komsomol'skaja pravda il politologo e candidato alla presidenza Aleksandr Semcenko, Zelenskij aveva accumulato, come comico e produttore, 20 milioni di dollari; oggi si parla di circa 40 miliardi di dollari, almeno stando ai dati ufficiali. Il deputato Aleksandr Dubinskij, dello stesso partito presidenziale “Servo del popolo”, calcola che Zelenskij si sia intascato 50 miliardi di dollari solo dalla guerra in corso che, aggiunti agli schemi su lotta al coronavirus, "grandi costruzioni”, ripristino stradale, ecc., portano la sua fortuna a 100 miliardi. Il clan presidenziale lucra sulle armi occidentali, in gran parte rivendute all'estero, equipaggiamenti militari e aiuti umanitari. E, oltre ai soldi, Zelenskij e parenti possiedono proprietà e appartamenti in tutto il mondo: Baker Street, Israele, El Gouna, immobili in Svizzera e Dubai; si dice che abbia persino acquistato l'ex villa di Goebbels e un castello in Scozia.

«È il presidente di maggior "successo"», dice ironicamente Podoljaka; è «difficile immaginare un regista migliore per la distruzione dell'Ucraina... si è calato così bene nel ruolo di un "grande" politico, che non si è accorto di quanto sia cresciuto il prezzo del suo potere. Ora può concludere questo “serial” o fuggendo dal paese sotto scorta britannica, francese o americana, oppure venir fatto a pezzi dalla folla, pagando così per i milioni di vite distrutte e il saccheggio del paese. Non ci sono altre opzioni. Pertanto, cercherà il più a lungo possibile di non cedere il potere».

Zelenskij e la sua banda continueranno la guerra fino all'ultimo ucraino, afferma Karl Volokh, uno dei più noti majdanisti, nonché sostenitore dell'ex presidente Porošenko. La squadra di comando a Kiev sa che la fine della guerra significherà perdita del potere e forse anche delle fortune depredate e della vita stessa. Si rendono conto, dice Volokh, che solo il conflitto li mette relativamente al sicuro dalle accuse per come si sono preparati alla guerra, su come si fossero accordati con Putin fin dal 2019 e così via. Verrà loro addebitato tutto. E loro non lo vogliono; perciò sono pronti a continuare la guerra. In un'intervista a un quotidiano finlandese, ricorda Volokh, Zelenskij ha dichiarato "Dateci solo le armi e saremo il vostro avamposto e combatteremo": è «pronto a combattere fino all'ultimo ucraino... per loro, la guerra è l'unica salvezza. E quando finirà, se non finirà come hanno promesso al popolo, cioè con la liberazione dell'intero paese... non si verificherà nulla di quanto da essi promesso. E allora dovranno risponderne. Persino i ciechi torneranno in sé e capiranno di essere stati ingannati. E vorranno una risposta. È per questo che loro non sono interessati a porre fine alla guerra».

Rincara la dose il politologo ucraino Andrej Zolotarëv: con la sua posizione intransigente, dice, Zelenskij si è cacciato in una situazione estremamente scomoda; è andato a cacciarsi da solo in un “letto di Procuste”. Le alternative sono, da una parte, firmare la pace a condizioni che saranno definite tradimento e per le quali gli verrà posta una «domanda mortale, nel senso letterale e figurato del termine; dall'altra, continuare la guerra, ma senza un tale supporto di risorse quale quello avuto finora... A quale tipo di compromesso Washington piegherà Kiev? Sospetto che alla maggior parte degli ucraini questo compromesso non piacerà, per usare un eufemismo», dice Zolotarëv, che ribadisce anche come dichiarazioni del tipo di quelle fatte dalla ex viceministro degli esteri Elena Zerkal, secondo cui lingua, esercito e fede sono “linee rosse” a cui l’Ucraina non rinuncerà, porteranno a un’ulteriore riduzione del territorio ucraino. Tra un po', afferma Zolotarëv, si parlerà di 7-8 regioni; si dirà di una nazione, un dio, ecc., cioè un'Ucraina monoetnica: forse sì, il centro e le regioni occidentali, come all'epoca di Simon Petljura, l'antibolscevico che consegnò l'Ucraina agli eserciti imperiali. Tutto ciò, dice il politologo, è «irto di problemi, anche solo perché, per mantenere un esercito più o meno completo, anche di soli 150-200.000 uomini, ci vuole un'economia funzionante. Contano forse sulla UE per finanziare il bilancio ucraino? Finora, le entrate di bilancio danno una previsione pessimistica sulla possibilità di mantenere anche solo un apparato statale completo». Così non si va da nessuna parte, dice Zolotarëv.

È forse per questo, afferma Vasilij Stojakin su Ukraina.ru, che si stanno dando un gran daffare i “Face-Makers” occidentali, per costruire l’immagine di Zelenskij. Sullo sfondo di negoziati che, se andranno a buon fine, potrebbero portare a un calo di interesse per l'Ucraina e, di conseguenza, costare a Zelenskij lo status di "presidente della pace", si è improvvisamente intensificato il lavoro per promuovere la sua immagine. A Cannes viene presentato un documentario di tre registi francesi, "Zelenskij". Si parte dalla giovinezza, con Zelenskij che studia legge per compiacere il padre, ma dedica al teatro la propria iperattività. The Times lo presenta poi come uno che "ama le sfide" e "trae energia dal lavoro", tanto che, dicono, dorme appena 4-5 ore al giorno, inizia la giornata con le mappe del fronte, lavora anche la domenica (davvero un fenomeno: ci sono forse giorni liberi in guerra?), è diventato triste, ma si sente ancora un attore. C'è poi quell'altro “fenomeno”: rimasto fedele all'abbigliamento militare, secondo la nuova immagine gravita già verso un abito classico; forse dopo la scenata alla Casa Bianca?

Si dice che il film sia un regalo del suo "amico Emmanuel", e che l'articolo su The Times sia dell'altro "amico: Boris". La promozione globale di Zelenskij, dice Stojakin, non si limita però a questi due episodi e difficilmente la si può spiegare con le «relazioni interpersonali dei politici. C'è certamente un calcolo politico. Da un punto di vista tattico, attirare l'attenzione su Zelenskij è un elemento del lavoro verso l'opinione pubblica occidentale, per garantire, primo, il sostegno alla possibile rottura dei negoziati: «la posizione del "prima il cessate il fuoco, poi i negoziati" equivale ad abbandonare la via politica e diplomatica; secondo, se non il sostegno, almeno l'accettazione del mantenimento e dell'espansione degli aiuti militari all'Ucraina; terzo, mantenere la russofobia a un livello sufficiente... si sostiene insomma un'immagine di Zelenskij, che sa e vuole negoziare, ma non ammette concessioni che contraddicono i suoi principi».

Se all'inizio l'immagine di Zelenskij come "leader del mondo civilizzato", ricorda Stojakin, era in gran parte spontanea, ora, dopo che lui ha dimostrato «capacità di resistere a Trump e persino di superarlo - perché Trump ha dovuto fare concessioni nell'accordo sulle risorse - la necessità di renderlo il "presidente della pace" diventa oggettiva».

Gli “eurovolenterosi”, vorremmo dire, si sentono stretti all'angolo e fanno di tutto per continuare la guerra, unica possibilità non solo per Zelenskij di sopravvivere, ma delle stesse cancellerie europeiste di continuare a opprimere e reprimere le masse popolari che non intendono più saperne della truce “eurodittatura”. Anche per loro, per i padrini del comico sanguinario, verrà però il momento in cui si renderanno conto di esser finiti in un vicolo cieco: allora, non prima però di aver fatto man bassa di quanto possono sgraffignare da quel martoriato paese, diranno di non averlo mai conosciuto, che lui stesso si è avvinghiato alle loro sottane; giureranno il falso, pur di non finire essi stessi sul banco degli accusati dai popoli. Sarà inutile.



FONTI:

https://www.kp.ru/daily/27700/5089993/

 https://politnavigator.news/zelenskijj-sobiraetsya-voevat-do-poslednego-ukrainca-izvestnyjj-majjdanshhik.html

https://politnavigator.news/zelenskijj-zagnal-sebya-v-prokrustovo-lozhe.html

 https://politnavigator.news/ukrainskie-ehksperty-prozrevayut-monoehtnicheskaya-strana-privedet-k-potere-ocherednykh-regionov.html

https://ukraina.ru/20250519/mordodely-za-rabotoy-kak-i-zachem-stroyat-imidzh-zelenskogo-1063249239.html

 

 

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