A quando la liberazione di Tripoli?

A quando la liberazione di Tripoli?

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Quando nel gennaio del 2020 l’Esercito Nazionale Libico (LNA) del feldmaresciallo Khalifa Haftar aveva circondato Tripoli, capitale della Libia, nei racconti di quelle ore c’era molta euforia tra i cittadini della città.

Ma come, Tripoli non stava cadendo nelle mani di un signore della guerra?

Un momento.

“L’esercito si sta avvicinando, sono entusiasta!”

“Davvero? Raccontami qualcosa di più”.

“Le milizie stanno bombardando i civili. Poi accusano l’Esercito di farlo. Ha senso?”.

 

E poi ancora così si esprimevano in quelle ore in cui la liberazione di Tripoli era ormai data per imminente.

 

“I problemi vengono da Misurata, perché loro sostengono la Fratellanza Musulmana. Ora l’Esercito li ha circondati su più di un asse”.

“Vero, sto seguendo”.

“Se Dio vuole, l’Esercito caccerà tutti quelli che hanno svenduto il Paese agli estremisti”.

“Speriamo presto”.

“Sirte e la gente di Sirte sono state liberate in una gioia indescrivibile dopo 9 anni di rovina della città”.

 

CHI SONO GLI ESTREMISTI?

 

Sì, ma chi sono gli estremisti? Dipende sempre da che punto si guarda. Per la Nato e i suoi sodali, il signore della guerra è Haftar. 

Per i Libici (perlomeno per la maggioranza di essi), gli estremisti sono le milizie e i mercenari Siriani aviotrasportati dalla Turchia. Per altro legati all’Isis, come dimostrato più volte, ma che in Libia diventano qualcos’altro secondo l’Occidente. Sono mercenari. Gente rispettabile, alla fine.

Alla fine dipende sempre da che punto si guarda e da chi guarda. Non so quante analogie ci possano essere tra la liberazione di Saigon nel 1975 e la liberazione di Kabul nei giorni scorsi (per altro: la liberazione di Kabul o la caduta di Kabul? Da Babilonia in poi, passando per Costantinopoli, Aleppo, Mosul, è sempre una questione di prospettive). Di conseguenza chi può sapere quanto la lotta dei Viet Cong sia accostabile a quella dei Talebani. 

Ma so che a Tripoli la gente saluterà la partenza dei militari turchi (e americani e italiani) esattamente come un giorno nel 1975 i Vietnamiti salutarono la partenza degli Americani da Saigon.

Lo so perché quel momento era già venuto. Era il gennaio 2020. Un libico a Tripoli cui in quei giorni chiesi se non pensasse che la Turchia sarebbe stata capace di difendere Tripoli, così mi rispose:

“No, è solo questione di tempo”.

Lui si sbagliò. Al contrario la Turchia si avvantaggiò della Conferenza di Berlino 1 organizzata in fretta e furia in quei giorni. Le linee guida che uscirono da quella conferenza furono il cessate-il-fuoco e l’embargo sulle armi in ingresso in Libia. In realtà fu solo un modo per prendere tempo e consentire alla Turchia di aviotrasportare mercenari e armamenti a Tripoli, tra cui i droni usati poi in maniera anonima per bombardare le linee dell’Esercito Nazionale Libico costringendolo alla ritirata.

Lo stesso Richard Norland, ambasciatore americano a Tripoli, ha dichiarato candidamente alla viglia della Conferenza Berlino 2, qualche mese fa, che senza l’intervento militare dei Turchi sarebbe stato impossibile difendere Tripoli.

 

CHI SI OPPONE ALLE ELEZIONI IN LIBIA

 

Mentre l’Unione Europea, la NATO e gli Stati Uniti fingono di spendersi per una soluzione pacifica per la Libia, la loro stessa agenda è stata in questi ultimi anni uno specchietto per le allodole, puntualmente disattesa, una presa in giro per gli spiriti ingenui.

La Conferenza di Berlino 2, tenuta lo scorso giugno, usciva a sua volta con 2 linee guida: partenza delle truppe straniere dal territorio e elezioni a dicembre. In questo momento, agosto 2021, sembra sempre più chiaro, come previsto del resto, che nessuno di questi due punti sarà implementato.

Di recente Haftar ha ufficialmente affermato, di fronte alla Camera dei rappresentanti (l’ultimo parlamento libico ad essere stato eletto dal popolo nel 2014, cui non fu concesso di insediarsi a Tripoli dalle milizie sostenute dalla NATO, il parlamento libico che un anno più tardi votò in piena autonomia l’istituzione dell’Esercito Nazionale Libico di Haftar):  

"Elogiamo le vostre posizioni patriottiche, che sono sempre state a sostegno dei principi nazionali e delle forze dell'esercito in tutte le sedi interne e internazionali. Affermiamo il sostegno delle forze armate per tutti gli sforzi compiuti per rendere le elezioni presidenziali e parlamentari del 24 dicembre un successo e chiediamo alla comunità internazionale e alla missione delle Nazioni Unite di fornire sostegno a questi sforzi fino a raggiungere questo diritto a cui aspira tutto il popolo libico”.

E non è paradossale? Il signore della guerra (così definito in Europa) chiede di rispettare la scadenza delle elezioni fissate per il prossimo dicembre, così come la maggioranza dei Libici.

A Tripoli però c’è chi sa che nuove elezioni daranno ancora una volta, come avvenne nel 2014, una maggioranza contraria alla Fratellanza Musulmana. E questo sarebbe la fine per le milizie, per i Turchi e per i progetti di sfruttamento della NATO e dell’Unione Europea. Ed è così che un signore della guerra (così definito in Europa) chieda elezioni e un governo riconosciuto internazionalmente (quello di Dabaiba sostenuto dalla NATO) stia cercando di rimandare le elezioni e lasciare milizie, mercanti e reparti turchi là dove sono: a Tripoli.

 

ANCHE TRIPOLI SARA’ UN GIORNO LIBERATA

 

Alla fine lo schema è sempre lo stesso. Se la guardi con gli occhi dell’oppressore, Saigon e Kabul sono cadute. Altrimenti per qualcun altro sono state liberate, nonostante le ingiustizie e menzogne e le paure messe in circolo dalla stampa dell’impero. Se invece sei un oppresso che vivi in quei Paesi, Saigon e Kabul sono state liberate. 

Lo sarà anche Tripoli, perché così vuole il popolo libico. 

E perché, come dissero i Talebani: “voi avete gli orologi, ma noi abbiamo il tempo”.

 

P.s. Di seguito le mie comunicazioni citate nel testo

 

Michelangelo Severgnini

Michelangelo Severgnini

Regista indipendente, esperto di Medioriente e Nord Africa, musicista. Ha vissuto per un decennio a Istanbul. Ora dalle sponde siciliane anima il progetto "Exodus" in contatto con centinaia di persone in Libia. Di prossima uscita il film "L'Urlo"

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