"Aggressione russa": come hanno votato (realmente) Cina e India all’Onu

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"Aggressione russa": come hanno votato (realmente) Cina e India all’Onu

 

 

di Giacomo Gabellini per l'AntiDiplomatico

 

Lo scorso 26 aprile, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato con un numero record di assensi (122 sì; 5 no; 18 astensioni) la risoluzione intitolata Cooperation between the United Nations and the Council of Europe.

Il documento è stato accolto nel suo complesso sia da Paesi “non allineati” come l’India che da nazioni legate a Mosca da rapporti di stretta collaborazione come la Repubblica Popolare Cinese, ma rigettato dalla Russia anche – ma non solo – per la mancata condivisione del contenuto di uno specifico paragrafo (il nono) di cui si compone la risoluzione, articolata in ben 38 punti. Il paragrafo in questione recita testualmente che «riconoscendo anche che le sfide senza precedenti che l’Europa è chiamata ad affrontare a seguito dell’aggressione dell’Ucraina, e ancor prima della Georgia, ad opera della Federazione Russa, e la sospensione della stessa Federazione Russa come membro del Consiglio d’Europa, richiede un rafforzamento della cooperazione tra Nazioni Unite e Consiglio d’Europa, così da ripristinare e quindi mantenere pace e sicurezza sulla base del rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale e dell’indipendenza politica di ogni Stato, assicura il rispetto dei diritti umani e della legge internazionale umanitaria durante le ostilità, provvede risarcimenti alle vittime e consegna alla giustizia tutti i responsabili di violazioni della legge internazionale» («Recognizing also that the unprecedented challenges now facing Europe following the aggression by the Russian Federation against Ukraine, and against Georgia prior to that, and the cessation of the membership of the Russian Federation in the Council of Europe, call for strengthened cooperation between the United Nations and the Council of Europe, notably in order to promptly restore and maintain peace and security based on respect of the sovereignty, territorial integrity and political independence of any State, ensure the observance of human rights and international humanitarian law during the hostilities, provide redress to victims and bring to justice all those responsible for the violations of international law»).

Il “disallineamento” in merito alla risoluzione nel suo complesso tra Russia da un lato, e Cina e India (ma anche Brasile, membro al pari degli altri dei Brics che ha votato a favore della risoluzione) dall’altro è stata interpretata dall’alto rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza dell’Unione Europea Josep Borrell come una prima presa di distanza di Pechino e Nuova Delhi dalla Russia, impegnata in una guerra contro l’Ucraina che sconta il pesantissimo coinvolgimento del cosiddetto “Occidente collettivo”.


 

La conclusione assai sbrigativa, superficiale e alquanto strumentale a cui è approdato Borrell è stata prevedibilmente fatta propria da gran parte del circuito massmediatico italiano (tra i più fedeli al “verbo” atlantista), come si evince dai titoli riportati da «Ansa», «Fatto Quotidiano», «Huffington Post», «Open», «Il Mattino», «Il Messaggero», «Avvenire», «Panorama», «Il Riformista», «Il Tempo». Chi parla di “tradimento” della Russia ad opera di Cina e India, chi di “condanna”, chi di “scaricamento” di Putin.

A chiamarsi fuori da questo disarmante conformismo sono stati «Rai News» e «La7», tra i pochissimi a rilevare sin nei titoli un “dettaglio” di non poco che soltanto alcune delle testate summenzionate si sono degnate di menzionare nel corpo dei relativi articoli. Cioè che Cina, India e anche Brasile hanno sì approvato la risoluzione nel suo complesso, ma si sono astenute proprio rispetto al passaggio cruciale in cui si parlava di “aggressione dell’Ucraina, e ancor prima della Georgia” da parte della Federazione Russa. Il paragrafo in questione ha riscontrato 81 sì, 10 no e ben 48 astensioni.

 

 

«Rai News», per di più, specifica opportunamente che «la Cina ha votato a favore della Risoluzione nel suo complesso, seguendo il tradizionale atteggiamento di Pechino a sostegno delle Organizzazioni regionali. Fonti diplomatiche Onu precisano che “sarebbe stato grave” se la Cina avesse negato il voto al documento nel suo insieme solo per una frase inserita in un documento di dieci pagine». Pertanto, «il tweet con cui l’alto rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri, Josep Borrell, aveva salutato il voto a favore della Risoluzione da parte di Cina e India, viene considerato come “tecnicamente” non corretto, perché i due Paesi in realtà si sono astenuti nel passaggio in cui si condanna la Russia a ruolo di aggressore. Il timore, adesso, è che, alla luce dei commenti ufficiali, Pechino e Nuova Delhi possano irrigidirsi ulteriormente in futuro».

Un ragionamento, insomma, dettato dal più elementare senso critico, di cui non si è invece travata traccia nella stragrande maggioranza delle testate e delle agenzie. A partire dal «Riformista» e soprattutto dall’«Ansa», secondo cui «il voto, stando al sito dell’Onu, si è tenuto il 26 aprile scorso, ovvero il giorno della prima telefonata dall'inizio della guerra tra Volodymyr Zelensky e Xi Jinping, che il presidente ucraino auspicava da tempo nella speranza di convincere il leader cinese a fare pressioni su Putin affinché ponga fine all’aggressione […]. I risultati immediati di quella telefonata sono stati il reciproco invio di un ambasciatore a Pechino e di un rappresentante speciale a Kiev, e il plauso della comunità internazionale che, seppur con la dovuta prudenza, l’ha salutata come “un primo passo importante”. E chissà se la mossa successiva sia stata proprio quel voto seminascosto a Palazzo di Vetro».

Nessuna menzione, da parte della più nota agenzia di stampa italiana, al fatto che il rappresentante speciale inviato dalla Cina a Kiev sia nientemeno che Li Hui, che per dieci anni – quelli nel corso dei quali Cina e Russia hanno cementato la propria relazione strategica – aveva ricoperto l’incarico di ambasciatore cinese a Mosca. Ma soprattutto, il collegamento tra la telefonata di Xi Jinping a Zelensky e il pronunciamento cinese in sede Onu è stato accolto con grande fastidio dall’apparato dirigenziale cinese, al punto da spingere Pechino a emanare un chiarimento ufficiale sul voto. Incalzati dal «South China Morning Post», i membri della missione permanente cinese presso le Nazioni Unite hanno sottolineato che «aver votato a favore della risoluzione Onu centrata sui rapporti tra Onu e Consiglio d’Europa non significa che la Cina sostiene la descrizione del conflitto ucraino come “aggressione della Federazione Russa”. La posizione della Cina sulla questione ucraina non è cambiata e il pronunciamento all’Onu non ha nulla a che vedere con la conversazione telefonica tra i due capi di Stato».

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