Covid, la "cura" per prepararsi alla seconda ondata

Covid, la "cura" per prepararsi alla seconda ondata

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di Leo Essen


Una cura «Detox et Jeûne» permette al corpo di rispondere in modo eccellente all’intossicazione del Covid-Time. Parola di Thomas Uhl, naturopata navigato, fondatore, nel 2006, di «La Pensée sauvage», centro che offre cure basate sul digiuno e sulla mono-dieta, in siti di eccellenza sulle  Prealpi del Vercors, in Corsica, a Ibiza e in Svizzera. 

Vieni da noi, rivela a L’OBS Thomas Uhl (nouvelobs.com), ti avvicinerai a ciò sei veramente. Non esitare a praticare la disintossicazione digitale - dice. Piuttosto che stare attaccato a uno schermo a guardare una serie TV, leggi un libro. Disconnettiti dai social. Goditi l’attimo - anziché perdere tempo a condividerlo su Instagram o Facebook.

Prenditi il tempo per ascoltare il tuo corpo, per contemplare l’universo che ti circonda. Fissa intensamente ogni frame, imprimilo nella mente. Cammina all’aria aperta, vai in bici e nuota nell’acqua fredda. Fai un passo indietro, senza dimenticare di dormire profondamente. Quando sarai sveglio, respira, sentirai vibrare i fiori e le frasche, poi rilassati e dormi, lasciati trascinare nel sonno profondo, e poi risvegliati e abbandonati al circolo in cui tutto ruota e ritorna. Rimettiti al periplo del sole, delle stagione e delle colture.

Anche il prestigioso Les Échos (ilsole24ore francese) ha ritenuto di grande interesse l’iniziativa del NatOp Thomas Uhl, tanto da dedicargli ampio spazio su SL - Série Limitée -, inserto di Actualité, Mode, Luxe, Culture. 

La Pensée sauvage propone 4 trattamenti: Digiuno liquido, Mono-dieta, Cura detox vegetale e Detox gourmet. Sono trattamenti ricavati da un procedimento a «Déshabiller », a levare. Si prendono i trattamenti ordinari e li si mette a nudo. Il procedimento, che potrebbe esser denominato «Déshabiller l’hypocrite» (hypocrite è la nostra vita ordinaria, prima di entrare a La Pensée sauvage), il procedimento, dicevo, consiste nel levare l’involto di plastica e fuffa col quale la civiltà capitalistica presenta le nostre vite smilze, e apparecchiare un desco, per così dire, essenziale. Sembra un rimettere le lancette indietro. Ma non è così. Perché digiunare alla selvaggia costa 1400-1600 euro a settimana (letemps.ch).

Pagare per smettere di mangiare può sembrare completamente assurdo – dicono a Série Limitée. Ma ci si abitua. Ci siamo abituati a pagare per mangiare, e a pagare per dimagrire. A pagare per stare seduti, e a pagare per correre su un tapis roulant. D'altronde digiunare è la cosa più antica del mondo. Allora abbiamo provato, dicono a SL, e sì, è cool. Un po’ di affaticamento all’inizio, una sensazione di paura e panico. Ma poi tutto fila liscio. Abbiamo iniziato e non ci siamo pentiti. Sei giorni di privazione con menu spartani: succhi di frutta diluiti al mattino (un quinto di succo, e quattro quinti di acqua), tisane durante il giorno e una scodella di brodo vegetale la sera.

I risultati sono spettacolari – dicono a Le Temps (Référence suisse du journalisme de qualité). Perdita di peso (reale). Viso trasfigurato, pelle con una morbidezza senza precedenti. Ma la cosa principale, dicono, è altrove. L'intestino è messo a riposo, l'organismo è resettato, e promette sei mesi di benessere, minimo. E tutto ciò, dicono, non deve sorprendere. 

Soffriamo di overflow – dice Thomas Uhl. L'organismo è sovra-sfruttato e iper-venduto. Se non vuoi rischiare il Default, devi ridurre l’esposizione. Devi concedere al corpo una vacanza. 

Bisogna lasciare la città, le metropolitane affollate, gli uffici dove i rapporti umani sono compromessi, i siti produttivi dove l’estrazione di plusvalore assoluto detta i tempi accelerati delle prestazioni. Con in mano un biglietto del TGV bisogna partire per gli altipiani del Vercos, e consegnarsi all’autorità del massiccio del Grand Veymont. Bisogna scendere in strada, On the Road, e andare, come in Marrakech Express di Salvatores, e ricomporre i cocci di una vita emotivamente e socialmente devastata. Bisogna ritagliarsi un’isola di tranquillità in mezzo a quel mare di tragedie e conflitti che sono le nostre vite troppo civilizzate, come in Mediterraneo. Bisogna riscoprire la ricchezza della semplicità, riappropriarsi del proprio tempo, vivere senza l’ansia da prestazione.

Leggo questi reportage e mi rendo conto che non appartengono a quel genere di articoli sponsorizzati che usano il giornalista come un tecnico pubblicitario. Qui non c’è bisogno di questa tecnica. Sono i giornali stessi che si sentono in dovere di informare i lettori che un altro mondo è possibile. 

Cosa sarebbe del Capitalismo se qualcuno non tenesse viva la speranza di una interruzione dello status quo, di una sospensione della fatica, della routine, della concentrazione, della corsa per arrivare a timbrare in orario, dei panini ingurgitati camminando, dei caffè tracannati a litri, dell'aranciata mandata già a garganella per compensare la fatica e le piccole umiliazioni quotidiane, i capi che urlano e la pressione che sale e tappa le orecchie?

Quest’altro mondo - e questa è la fregatura - è sempre il capitalismo. È lo stesso mondo a pagamento e sfruttamento, che promette di regalarci ciò che ci venderà, che stacca per un tot la spina, per riaccenderla quando la giostra si ferma e il giro finisce. E gli agenti di commercio, i pubblicitari, sono i giornali di confindustria. Non facciamoci prendere per i fondelli, ciò che ci presentano come pensiero selvaggio, è ancora neo-capitalismo.

Nel 1962, Claude Lévi-Strauss, uno dei massimi esponenti dello strutturalismo, ed etnologo di grande spessore, pubblicava un libro importante: La Pensée sauvage. 
In questo libro Lévi-Strauss decostruisce la gerarchia tra Civilizzati e Primitivi, tra Scienza e Stregoneria, tra Metropoli e Periferia. Il libro si inserisce e contribuisce a determinare un avvenimento che riguarda certamente la scienza e la cultura in generale, ma che è, principalmente, un avvenimento politico ed economico. Corrisponde ad un cambiamento di vasta portata nella geografia politica. L’Europa cessa di essere il centro del mondo. Cessa l’idea stessa di centro. Il centro è dappertutto. Non ha più alcun senso parlare di Primitivi. Il primitivo è esistito solo in un ordine gerarchico e teleologico, in cui la faccia triste dell’aborigeno annunciava la faccia tronfia dell’europeo civilizzato. La scienza non è la versione evoluta della magia. Entrambe hanno un criterio ordinativo, e qualunque esso sia, ha sempre un valore, rispetto all’assenza di ogni ordinamento. L’esigenza d’ordine, dice Lévi-Strauss, sta alla base del cosiddetto pensiero primitivo, ma solo in quanto sta alla base di ogni pensiero. La magia non si distingue dalla scienza, se non per un diverso principio ordinativo. E se la scienza dispone gli elementi trattati dalla magia in un ordine diverso, ciò non vuol dire né che la magia sia priva di significato, né che la scienza abbia una valenza superiore alla magia. Si tratta di ordini differenti. Insomma, la scienza non può giudicare la magia, tanto quanto la magia non può giudicare la scienza, entrambe sono situate sullo stesso piano strutturale, entrambe hanno la dignità di pensiero intelligente.

Questo rivolgimento è alla base del Terzo-Mondismo in politica, ma è anche alla base della riscoperta dei saperi tradizionali, delle culture minori, della medicina alternativa, dell’alchimia, eccetera. Saperi minori che daranno il via a quel viaggio di riscoperta di conoscenze marginali squalificate dal razionalismo illuminista. 

Il lato triste di tutta questa avventura è che la riabilitazione dell’astrologia si trasforma in oroscopo, la riabilitazione delle pratiche terapeutiche sciamaniche si trasforma in cliniche olistiche e l’alchimia in erboristeria, la riscoperta di alimenti e pratiche primitive si trasforma in SPA e saloni di benessere, in cui la fuga dal capitalismo ha una scadenza e un prezzo. Poi, riposati, svuotati e depurati, bisogna rientrare nei ranghi.

Rifuggirsi due settimane sul massiccio del Grand Veymont è una fuga narcisistica, un tuffarsi dentro una piscina depurata con tisane e brodini vegetali, un chiudere gli occhi, sperando che riaprendoli il mondo là fuori sia sparito e con esso il carico di sofferenza. 

La speranza che ci si possa liberare dal lavoro sfruttato senza liberarsi dal capitalismo muore in questi paradisi artificiali con ingresso a pagamento.

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