Elon Musk, Twitter e il vaso di Pandora scoperchiato dei social USA

Elon Musk, Twitter e il vaso di Pandora scoperchiato dei social USA

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Elon Musk ha deciso di comprare Twitter come è oramai noto da tempo, ma le trattative per l’acquisto si stanno rivelando molto complicate per il patron di Tesla e, di fatto, molto interessanti per noi, per capire alcune dinamiche che regolano il funzionamento di questo come di altri social.
 
Ricapitoliamo in estrema sintesi cosa è successo fin’ora: tra marzo ed aprile Musk aveva comprato, alla spicciolata e senza lanciare una vera e propria offerta pubblica di acquisto, circa il 9% delle azioni di Twitter. Ad aprile dopo aver reso pubblico il fatto e visto che Musk continuava a criticare pubblicamente la gestione della compagnia social, sia l’attuale sia l’ex amministratore delegato di Twitter hanno contattato Musk offrendogli, anche pubblicamente, un posto nel consiglio di amministrazione della società.
 
Infatti la SEC, cioè la CONSOB statunitense, aveva iniziato a porsi il problema dell’eventuale scalata societaria che Musk stava di fatto ponendo in essere, per cui il tentativo sia di Parag Agrawal che di Jack Dorsey di inserire Musk nell’organo di governo della società avrebbe potuto placare nervosismi sia dell’ente regolatore come del mercato borsistico.
 
Bisogna tenere presente che Musk ha avuto rapporti lavorativi e di affari precedenti sia con Dorsey che con Agrawal, cosa che di fatto non è lecita. Ma tant’è.
 
Durante il mese di aprile Musk, insoddisfatto della gestione dell’azienda, sempre più lanciata in una feroce campagna di soppressione della libertà di espressione, ha fatto un’offerta di acquisto, per appropriarsi dell’azienda.
 
Bomba! Musk offre 44 miliardi di dollari per l’acquisto della totalità delle azioni al prezzo di 54 dollari l’una. Il consiglio di amministrazione di Twitter si è rivolto ad analisti del settore i quali hanno dato luce verde: cioè hanno stabilito che l’offerta era valida e un potenziale buon affare. Sono così iniziate le trattative e le due parti hanno concluso un NDA (non disclosure agreement), cioè un contratto che obbliga le parti a non rivelare informazioni relative alla società che si sta acquisendo: infatti passando dalle parole ai fatti Musk voleva vedere bene cosa stesse comprando dato che la trasparenza non è affatto di casa nella gestione di questi colossi telematici (come le indagini del senato americano hanno messo in luce sia nei confronti di Twitter, che di Facebook che di Amazon che di Google), anzi gli abusi e gli illeciti pare si sprechino.
 
Così Musk, nell’assumere informazioni su come funzioni sul serio la società, sarebbe fatalmente venuto a conoscenza di fatti che, se resi pubblici, avrebbero potuto arrecare pregiudizio a Twitter stessa: ripetiamo si tratta di società fatte di chiacchiere (nessuna produzione, magazzino, logistica), verificare la cui reale produttività è solo relativamente possibile dall’esterno.
 
A seguito dei controlli fatti in questa fase risulta che il numero di contatti vantati da Twitter esistono in realtà solo sulla carta e che un parte consistente degli account sia falsa. Questo diciamo che era preventivabile e anche l’amministratore delegato di Twitter ha ammesso che circa il 5% degli account potrebbero essere falsi.
 
Il fatto è che ad un controllo effettuato da SparkToro pare che le cose siano ancora peggiori di come Musk temesse e di come aveva affermato Agrawal, il ceo di Twitter. Per esempio pare che la bellezza del 49% dei 22.300.000 follower di Joe Biden siano in effetti dei profili fake. La compagnia di software considera, come fake, profili in qualche modo non raggiungibili e che non leggono i tweet. Cioè che di fatto non interagiscono.
 
SparkToro prende in considerazione un campione di 2.000 follower per ogni profilo in studio ed usa sistemi diagnostici tipicamente correlati con questi tipi di falsi follower. La ricerca ha stabilito che il 19% circa degli account su Twitter è fake.
 
Musk dal lato suo se ne è fottuto della discrezione ed ha reso tutto pubblico affermando che a queste condizioni non sarebbe più interessato all’acquisto, con sommo fastidio di quelli di Twitter. Ma Musk è abituato a fare cose, tipo macchine, camion, razzi, non chiacchiere. Anche prima di questa rivelazione in effetti le azioni di Twitter erano scese a circa 39 dollari l’una (molto meno dei 54 offerti da Musk), per cui molti pensano che il patron di Tesla stia tirando sul prezzo dato che a questo punto il valore dell’azienda non potrebbe superare ragionevolmente i 30-35 miliardi e di certo non essere di 44 come da offerta iniziale e questo non tanto per il calo del valore delle azioni ma proprio perché col 20% degli account falsi il valore della società non può che essere ridimensionato.
 
Ovviamente la risposta di Twitter non si è fatta attendere: “Musk ha violato il contratto di riservatezza” il quale prevede una penale da un miliardo di dollari. Staremo a vedere come evolve la faccenda.
 
Ma c’è un altro problema che forse è il più importante della questione ed è tutto politico. Twitter al contrario di Facebook ha, come acquirenti di spazi pubblicitari, le corporation più grandi. Mentre Facebook si rivolge soprattutto a piccole e medie imprese (per gli standard globali) e quindi rimane sempre dominus delle proprie azioni, Twitter ha come principali clienti le più grandi corporation, che di potere contrattuale ne hanno tanto e che si possono pure permettere di finanziare una compagnia che ha il 20% di contatti in meno di ciò che afferma.
 
Una piccola azienda vende il proprio prodotto e basta, ma le grandissime corporation vendono uno stile di vita e le stesse corporation che fanno parte del World Economic Forum sappiamo benissmo quale stile di vita e quale ideologia vendano (teoria gender-queer, global warming, critical race theory) per questo Twitter si è sempre distinta per la censura di voci dissonanti. I loro prodotti si vendono anche grazie a posizioni di monopolio: a loro interessa vendere un’ideologia.
 
Come potrebbe un Musk (considerato vicino a Trump), che si definisce un estremista del free speech, mettersi d’accordo con questi giganti, che peraltro fanno squadra? Che amano la censura più di Goebbels e che vendono un’ideologia a Musk non del tutto confacente (se non per il global warming)? Dovrebbe intervenire profondamente sul modello di business e la cosa potrebbe costargli anche troppo; infatti per poter comprare Twitter dovrebbe cedere non poche azioni di Tesla, dato che la liquidità personale di Musk è valutata in un miliardo o poco più.
 
La partita è appena iniziata, c’è da giurarci, ed il risultato non è affatto scontato.
 
 
 

Francesco Corrado

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Giornalista 

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