Fake news programmate? Dal treno di Macron al teatro palestinese: l’arte di manipolare le masse

Lo strano caso del "debunking" diffuso dall'Eliseo e che viene rilanciato da tutti i principali organi di informazione italiani

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Fake news programmate? Dal treno di Macron al teatro palestinese: l’arte di manipolare le masse




di Francesco Santoianni 



Troneggia su Repubblica e sui tutti i media mainstream il “debunking” di un video raffigurante Macron che nasconderebbe una “bustina di cocaina” accogliendo Starmer (Primo ministro del Regno Unito) e Merz (Cancelliere federale della Germania) sul suo scompartimento del treno che sta per portarli in Ucraina. Debunking diffuso nientedimeno che dall’Eliseo ("Quando l'unità europea diventa scomoda, la disinformazione arriva a far sembrare una semplice fazzoletto una droga. Queste fake news sono diffuse dai nemici della Francia, sia all'estero che in patria. Dobbiamo rimanere vigili contro le manipolazioni") che si direbbe fregarsene della celebre regola del giornalismo secondo la quale smentire una fake news (che tra l’altro, fino alla smentita dell’Eliseo, era circolata pochissimo sul web) contribuisce a diffonderla.


Intanto due parole sul video. Mostra Macron, con una inequivocabile espressione e comportamento di chi ha appena sniffato cocaina, che furtivamente, fa scomparire dietro di sé la sagoma di quello che appare essere (il video è molto sgranato) un fazzoletto di carta nella quale molti, sul web, hanno voluto vedere una bustina di coca. Vicino a lui Merz che, appena sedutosi, si affretta ad afferrare e far scomparire alla vista quella che appare essere una sorta di cannuccia a L che, per molti sul web, sarebbe il cosiddetto “pippotto” usato per inalare la cocaina.


Vedi qui la stessa scena ripresa da un altro operatore video e rielaborata e diffusa dal controverso Alex Jones.

 


Sì, ma, se fosse vera l’ipotesi della cocaina, perché mai, su un supersorvegliato treno, qualcuno avrebbe permesso a più operatori di riprendere e poi diffondere una scena così imbarazzante? E perché mai nessuno avrebbe provveduto a togliere da un tavolo destinato ad essere occupato da ben tre capi di governo una “bustina di cocaina” e un “pippotto”? Domande che i sostenitori della storia della cocaina si direbbe non si siano posti finché la pubblicazione di foto ad alta risoluzione della “bustina di cocaina” (presentata unanimemente dai debunker come un fazzoletto di carta) e del “pippotto” (presentato da Open come uno stuzzicadenti da cocktail e dal sito ultratlantista Liberation come “un mescolatore o uno stuzzicadenti, che si dice sia stato utilizzato dal cancelliere tedesco. Questo spiega perché i due leader non vogliono vedere questi oggetti immortalati nelle immagini dell'incontro) ha stroncato le illazioni sul video e fatta partire un’altra crociata contro i “complottisti” accomunati, ovviamente, ai No-War.


Tutto chiarito? No. Anzi, l’ipotesi più verosimile di quello che è accaduto è che sia stata una messinscena, un’altra operazione di intossicazione mediatica basata, dapprima, sulla diffusione di una notizia apparentemente vera e poi sulla smentita di questa. Come è stato, anni fa.




Uno dei casi più subdoli è stata la diffusione sul web della foto (A) di quello che appare essere un soldato israeliano che spiana la sua arma contro un inerme bambino. Post che subito si guadagnò sui social una valanga di commenti contro lo stato di Israele. Dopo qualche giorno, colpo di scena: una valanga di commenti critici (molti, verosimilmente, scritti da “trolls” al soldo di qualche società di pubbliche relazioni) e una foto (B) che “dimostrava” che quella precedente pubblicata era un fake raffigurando solo un dettaglio di una fantomatica “rappresentazione teatrale organizzata dai palestinesi”. Lo scopo di chi ha diffuso la prima e la seconda foto era duplice: da una parte, dissuadere chiunque a postare sui social foto che documentano la pulizia etnica in Palestina; dall’altra, presentare all’opinione pubblica gli attivisti pro-Palestina come “artefici di Fake news” o allocchi dai quali stare alla larga.



Altro caso quello dei “video falsi dell’ISIS,”


Caratteristica dell’Isis è stata una cura maniacale nella realizzazione dei propri video, a cominciare da quello ormai celebre della decapitazione del fotoreporter Usa James Foley. Video diffusi (in qualche caso in versione integrale) in TV, e quasi sempre, contrassegnati dal logo SITE: una agenzia di stampa, diretta da Rita Katz, che questi video forniva ai media dopo aver “certificato” la loro autenticità. Sì, ma come mai video così efferati trovavano posto in TV che quasi mai in passato (soprattutto quando ad uccidere erano i cosiddetti “ribelli siriani”) avevano pubblicato roba simile? La SITE non diventava così l’agenzia di stampa dell’ISIS? Non si rischiava, pubblicando questi video quella famosa “istigazione all’odio” in nome della quale innumerevoli post venivano cancellati dai social? Domande legittime ma che non posero fine al carosello di orrori certificati dalla Katz fino a quando l’invio di truppe occidentali in Siria e armi ai “ribelli” per combattere l’ISIS non venne richiesta a “Furor di Popolo”.


L’interesse dei video dell’Isis, sembrò, quindi scomparire. Fino al luglio 2015, quando la rivelazione che i video erano dei falsi prodotti in un set cinematografico, fece scalpore. La “prova” di questa scoperta un video su CD che sarebbe stato trafugato da fantomatici “hacker ucraini anti-NATO (Cyber Berkut) dalla borsa di un componente dello staff del senatore repubblicano statunitense John McCain durante un viaggio in Ucraina. In realtà, anche una sommaria analisi del video “trafugato” evidenziava che quel set cinematografico raffigurato nel CD mai avrebbe potuto realizzare i video di decapitazioni (tragicamente “veri”) messi on line dall’Isis. E allora? Perché veniva dato tanto spazio dato a questa fake news? Verosimilmente, perché quello sciatto video, ben presto denunciato dai media come “falso”, faceva parte di una campagna mediatica finalizzata alla riabilitazione di John McCain messo sotto accusa, proprio in quei giorni, per i suoi documentati incontri con il leader dell’Isis al Baghdadi.


Quindi, tutti autentici i video dell’Isis che ci hanno mostrato in TV e sul web? Assolutamente no. Anni fa venne fuori che una società di pubbliche relazioni - la britannica Bell Pottinger – aveva stipulato un lucroso contratto con il Pentagono per produrre, tra l’altro, video falsi da attribuire all’Isis e ad Al Qaeda. Di fronte a quello scandalo, la spiegazione ufficiale del Pentagono fu davvero inverosimile: “i CD contenenti quei video (lasciati furtivamente dai marines durante i raid nelle case e nei villaggi) erano dotati di un codice che consentiva di tracciare chi li guardava al computer e di trasmettere l’indirizzo IP tramite Google Analytics.” Sì, ma questo avrebbe dovuto presupporre che anche i più sperduti villaggi siriani fossero dotati di una copertura internet. E poi, che interesse avrebbe avuto il Pentagono a tracciare chi dava una occhiata a CD “lasciati furtivamente dai marines”? Una occhiata avrebbe potuto darla chiunque, non necessariamente un tagliagole o un “simpatizzante” dell’Isis.


Ma tornando a noi, perché mai potrebbe esserci un piano così macchiavellico dietro il video della cocaina di Macron? Perché, in una società dello spettacolo come si è ridotta la nostra e dove la cocaina viene consumata da milioni di persone, così come è stato per le storie di Corna diffuse dalle agenzie di pubbliche relazioni per le nascenti Star di Hollywood, suggerire surrettiziamente che Macron, Starmer e Merz siano, in fondo, “gente come noi” può servire a nascondere il fatto che siano tre criminali che stanno pianificando una nuova guerra.

Francesco Santoianni

Francesco Santoianni

Cacciatore di bufale di e per la guerra. Autore di "Fake News. Guida per smascherarle"

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