Tunisi 5 aprile, evento internazionale contro l’occupazione jihadista della Siria dopo 14 anni di guerra
di Marinella Correggia – Francesco Santoianni
Poco prima di compiere ottant'anni di vita, la Repubblica araba siriana nata nel 1946 è stata colpita da un terremoto devastante: lo scorso dicembre, è stata occupata dai gruppi jihadisti alimentati sin dal 2011 da un potente asse della guerra, composto da paesi della Nato (la prima linea operativa è stata garantita in tutti questi anni fino all’esito finale dalla Turchia di Erdogan) e monarchie del Golfo, con un ruolo centrale svolto dalla disinformazione e demonizzazione delle autorità siriane.
L'ex leader di al-Qaeda (con un passaggio dell’Isis), Ahmed Sharaa, nom de guerre al-Joulani, si è insediato alla presidenza della Siria, sciogliendo la Costituzione e i partiti, permettendo violenze efferate e settarie da parte della sua base, una parte della quale è costituita da terroristi takfiri provenienti da diversi paesi. Crimini perpetrati sotto gli occhi del mondo perché i loro autori si sono filmati.
Buona parte della cosiddetta comunità internazionale si è affannata a porgere aiuto economico e legittimazione politica ai nuovi padroni, malgrado questi ultimi perseguano un progetto di divisione del paese – buona parte del quale è ormai occupato da Israele, Turchia e Usa – e una sedicente islamizzazione condita di massacri e crimini, dal 2011. Sono tuttora in corso le operazioni di pulizia etnica contro la minoranza alauita, iniziate dopo la conquista di Damasco da parte dei jihadisti.
In tale contesto, a Tunisi il 5 aprile l'Ufficio di coordinamento Alba Grenada Nord Africa ha organizzato, in occasione del 79 esimo anniversario della Repubblica araba siriana, il primo evento internazionale e di solidarietà con la Siria da quando i gruppi armati jihadisti sono riusciti a prendere il potere.
L’evento, presso il teatro al Hamra, al centro della capitale tunisina, ha visto la partecipazione, in presenza e online, di esperti e militanti da diversi paesi: oltre alla Tunisia e alla Palestina, Francia, Italia, Gran Bretagna, Malta, Spagna e Nazione andalusa.
Assenti purtroppo, malgrado l’invito, i media tunisini e le ambasciate – anche quelle di paesi che pure in passato si erano opposti ai piani jihad-imperialisti sulla Siria. Presenti invece diverse formazioni politiche tunisine, fra le quali il Partito patriottico democratico socialista (Ppds) e il Partito patriottico democratico unificato (Ppdu), militanti di Talaie Baath, sindacalisti e Abed al Zuairi rappresentante del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp).
Intervenendo dalla Spagna, il siriano Firas al Chirani ha sottolineato l'unicità dell'iniziativa del 5 aprile dopo gli sconvolgimenti dello scorso dicembre e ha invitato poi la diaspora siriana e gli attivisti internazionali a pretendere la sicurezza per la popolazione del Sahel siriano (così viene chiamata la costa, luogo appunto di massacri settari in particolare da fine gennaio). Occorre "documentare il più possibile i crimini e avviare processi anche a livello internazionale, grazie anche all’attività di giuristi e avvocati. L'indifferenza del mondo deve finire".
Aprendo i lavori a nome degli organizzatori, Sinia Benigassan ha ricordato i tredici anni di guerra per procura condotta da decine di paesi capaci di assoldare, armare e fare passare in Siria decine di migliaia di terroristi da tutto il mondo, mandati a distruggere un simbolo della causa araba, anche allo scopo di controllare risorse e rotte commerciali. La caduta della Siria "è una svolta politica mondiale, nella quale al Qaeda per la prima volta diventa un interlocutore ufficiale sulla scena internazionale". Un saccheggio umano e materiale, dopo una lunga guerra con "600.000 morti, milioni di sfollati, sanzioni internazionali immiserenti, la distruzione delle infrastrutture del paese. Il tutto condotto con il ricorso a tre assi: l'aggressione militare, quella economica e quella mediatica”.
E a proposito di aggressione mediatica, Francesco Santoianni ha presentato in anteprima l’edizione in francese (presto anche quella in lingua araba) del suo libro “Syrian Fake News”, soffermandosi anche sulle differenze fra il caso iracheno e quello libico e siriano, sul perché dal 2011 le menzogne dei media sono state avallate anche dalle ONG, e sulla scomparsa da Internet di innumerevoli pagine (come quelle attestanti i crimini commessi da al-Joulani o la conseguente taglia emessa dall’FBI) che si direbbe obblighi ad emendare la celebre frase di Democrito “Solo un privilegio è negato agli dèi: cambiare il passato” specificando che questo privilegio è oggi permesso ai Signori della Guerra e dell’Informazione.
Nour Bettoumi, segretario generale del Ppds, ha elencato gli obiettivi ai quali obbedisce la “marionetta del governo recentemente installato in Siria”: le ambizioni ottomane della Turchia per l'espansione con saccheggio; l'avidità statunitense ed europea rispetto alle risorse e alla posizione strategica della Siria; la volontà di assediare e colpire la resistenza nazionale araba e proteggere l'entità sionista. Ha ricordato gli agenti collaborazionisti dell’area araba, fra i quali la Fratellanza musulmana, un “cancro nel mondo arabo”, uno strumento funzionale già nell’epoca coloniale (a partire dal 1928). Eppure, se ci fosse stata una buona leadership, i paesi arabi avrebbero compiuto il proprio rinascimento. Ribadendo la solidarietà “con il caro popolo fraterno siriano, la fiera Terra del Levante, con la sua profondità culturale e la sua bella diversità”, ha ricordato le “guerre nella nostra regione, a partire dall'Iraq, passando attraverso lo Yemen, la Libia, il Sudan, poi nuovamente volta Gaza-Palestina e Libano, arrivando in Siria... perché chi non si sottomette alla normalizzazione e all'umiliazione sarà bruciato con ferro, fuoco e cospirazioni”.
In collegamento dall'Italia, il saggista e analista Maurizio Brignoli, autore del saggio Jihad e imperialismo (2023), ha analizzato nei dettagli gli elementi strutturali dietro i fatti siriani, fin dalle origini della guerra nel 2011. Insomma gli interessi geoeconomici. Il Qatar aveva progettato un gasdotto lungo la rotta Qatar-Arabia Saudita-Giordania-Siria-Turchia-UE che avrebbe permesso a Doha di raggiungere il mercato europeo in modo più economico e rapido rispetto al trasporto via nave evitando lo stretto di Hormuz (facilmente bloccabile dagli iraniani in caso di conflitto), all'UE di ridurre la sua dipendenza energetica dalla Russia e alla Turchia di riscuotere le tasse di transito. Il progetto era tuttavia ostacolato dal governo siriano che accettava piuttosto la proposta di Teheran per la realizzazione di un gasdotto lungo la linea Iraq-Siria-Libano-Europa che avrebbe favorito l'Iran e la Russia (Gazprom era in parte coinvolto nel progetto con gli iraniani). Peggio ancora per gli interessi statunitensi che intorno al gas iraniano, non valutato in dollari. si formasse un polo energetico costituito dalla Russia, dall'Iran, dall'Iraq e dalla Siria. In breve, i campi di battaglia per il conflitto erano già definiti e altrettanto evidenti quali sarebbero stati i principali finanziatori dello Stato islamico e chi avrebbe difeso la Siria. Gli ostacoli politici alla costruzione del gasdotto Qatar-Turchia-Europa lungo la strada siriana sono ora scomparsi. Gli ostacoli politici alla costruzione del gasdotto Qatar-Turchia-Europa lungo la strada siriana sono ora scomparsi. La caduta della Siria deve anche essere collocata nel contesto dello scontro tra grandi progetti di corridoi infrastrutturali in concorrenza. Insomma il jihadismo non ha solo una funzione nei compiti di destabilizzazione e rovesciamento di governi ritenuti nemici dall’occidente ma può giocare un ruolo utile anche dal punto di vista economico per l’imperialismo occidentale.
Joti Brar, del Partito comunista ML della Gran Bretagna e della Piattaforma mondiale antimperialista, ha ripercorso, sulla base dell'esperienza dal 2011, gli enormi errori compiuti dalla "sinistra" europea, rispetto alle guerre imperialiste in Libia prima e in Siria poi, spacciate per "rivolte popolari da proteggere con interventi armati umanitari". Con questa narrazione, il mondo pacifista non ha agito o lo ha fatto in modo depistante. E’ molto importante trarre lezioni da questo "tradimento della direzione ufficiale del movimento anti guerra". Nei paesi imperialisti, questo significa rifiutare l'idea falsa di poter essere semplici spettatori degli eventi mondiali. La tragedia siriana, una vittoria ottenuta "con i mezzi più sporchi e più brutali e con conseguenze orribili per la popolazione e tutta l'area mediorientale, non significa la fine della lotta, né per la Siria né per il Medioriente né per noi". Ancora pochi, fra i lavoratori britannici che si indignano per la guerra genocida a Gaza, comprendono davvero il ruolo che la Siria ha giocato nell'Asse della resistenza. E non c'è dubbio, secondo Brar, che "le forze della resistenza in Siria e in tutta la regione proseguano la loro lotta centenaria per la liberazione e la sovranità”.
Bruno Drweski, storico e politologo, docente in Francia, incaricato delle relazioni internazionali dell'Unione per la ricostruzione comunista (Urc), ha sottolineato come "la vittoria degli islamisti-takfiri nel dicembre 2024, vittoria di un esercito finanziato e mantenuto da fuori" reclutando in mezzo mondo la carne da cannone, è arrivata in un paese esausto, sotto sanzioni mortifere, semidistrutto dagli anni di terrorismo, ai quali pure un esercito siriano formato da soldati di leva poco pagati aveva resistito per tredici anni, appoggiato dai cittadini. La caduta della Siria a dicembre "dimostra la disperazione e l'esaurimento della società siriana e del suo paese, a cui hanno contribuito certamente la corruzione di alcuni alti gradi dell'esercito, in un contesto nel quale gli alleati Russia e Iran non hanno potuto o voluto intervenire". Un concorso di cause interne ed esterne, con un ruolo dominante da parte dell'imperialismo e dei suoi alleati locali, Turchia e monarchie del Golfo. È una "grande sconfitta", la fine dell'ultimo regime nato dall'onda dei movimenti di liberazione panarabi. Ed ecco il nuovo regime, che ha goduto della protezione di Israele e del grande appoggio di Erdogan e del Golfo, con cui la Siria aveva rotto nel 2011 a causa in particolare del progetto di gasdotto. Rimane da analizzare come immaginare un nuovo socialismo arabo.
L’evento di Tunisi, oltre a soffermarsi sull’analisi dei fatti, è stato anche un omaggio alla popolazione e all’esercito siriano che per 14 anni hanno saputo resistere in maniera inaspettata alla distruzione del paese, con una forza che nel 2017 il saggista venezuelano Jose Antonio Egido, nel suo Siria es el centro del mundo, tradotto poi in francese da Alba Grenada Nord Africa, ha paragonato a epiche resistenze del passato.
I partecipanti all’assemblea di Tunisi hanno anche espresso la volontà di continuare a impegnarsi per sostenere lo sforzo dei siriani nella resistenza contro lo stravolgimento del loro paese, la sua frammentazione e i massacri settari. Come spiega l’organizzatrice Sinia Benigassan. “La guerra economica, militare e mediatica che colpisce la Siria deve finire. È urgente contrastare le false informazioni che circolano, volte a destabilizzare ulteriormente una nazione già provata. La sinistra, portatrice dei valori rivoluzionari di uguaglianza e giustizia, deve prendere una posizione ferma. Dobbiamo unirci per difendere la sovranità dei popoli, e la Siria panaraba, laica, eroica e millenaria merita il nostro sostegno e il nostro rispetto”. È stata anche proposta una piattaforma per la raccolta di informazioni su tutti i crimini e le distruzioni compiuti dai jihadisti adesso al potere in Siria, così da presentare rapporti alle istanze internazionali.
Qui il riferimento integrale ad alcune relazioni dal vivo o online
1 – Discours d’ouverture par Sinia Benigassan Pour le Bureau Alba Grenade Nord Afrique
2- Dr Firas Alcharani , militant communiste Syrien d’Espagne, “La situation en Syrie”
3- Youssef Belgacem, Militant Tunisien, Talaie AlBaath
4- Francesco Santoianni, Journaliste italien, «Syrian Fake News depuis 2011, 13 Ans de mensonges qui ont détruit la Syrie – Que Faire ?»
5- Bruno Drweski Quelles erreurs ont été commises par les socialistes panarabes : Un manque d’analyses des questions de classes ?
6- Maurizio Brignoli, Journaliste italien « les intérêts économiques derrière la chute de la République arabe Syrienne »
7- Nour Bettoumi, Secrétaire Générale du Parti des Patriotes Démocrates Socialistes ( Tunisie)
8- Mongi Rahoui, Secrétaire Générale du Watad Unifié pour le 79ème Anniversaire Patriotique de la république arabe syrienne.
9- Baker Fouad, militant et juriste palestinien, « La syrie n’est pas à vendre »
10- Carlos Rios, Militant des des Relations extérieures de Nacion Andaluza, « Le rôle du gouvernement espagnol dans la guerre contre la Syrie et l’ Andalousie »
11- Marie Nassif Debs, Figure du Parti communiste libanais, article » Syrie et Panarabisme: Quel avenir pour la nation arabe?- Après l ‘Irak et la Libye- l ‘éclatement du dernier bastion nationaliste arabe? »
12- Nines Maestro , Coordination des Nucles Communistes , Espagne , article « la barbarie sioniste et impérialiste a ravagé la Syrie. La lutte continue! »