La Nuova Era dell'Economia Globale
Il Fondo Monetario segnala che l'Innovazione Tecnologica sta portando l'Economia Globale in una nuova era. E le misure protezionistiche...
di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico
Ha destato scalpore tra gli economisti un post del blog del Fondo Monetario Internazionale scritto dal direttore dell'Ufficio Studi dell'FMI Pierre-Olivier Gourinchas nel quale si parla apertamente di inizio di una nuova era per l'Economia Globale. Gourinchas prende spunto dall'imposizione di dazi decisa dall'amministrazione Trump ed annunciata il 2 aprile scorso per sostenere la sua tesi di enorme sconvolgimento dell'economia globale che dovrebbe verificarsi.
Certamente la visione dell'importante economista è corretta e corredata da una notevole mole di dati che le conferiscono senza dubbi fondatezza. L'economia-mondo rischia di entrare in una fase di incertezza che quasi certamente causerà una forte diminuzione della crescita che a sua volta potrebbe danneggiare le parti più fragili della società sia sotto l'aumento dell'aumento della disoccupazione ma anche sotto l'aspetto dell'aumento dei prezzi dei beni e dei servizi.
Il punto più interessante di questa analisi è comunque quello legato ad una interessante tesi espressa da Gourinchas che cito in maniera testuale: «la quota di occupazione manifatturiera nelle economie avanzate è stata in declino secolare nei paesi che corrono in surplus commerciali, come la Germania, o deficit, come gli Stati Uniti. La forza più profonda di questo declino è il progresso tecnologico e l’automazione, non la globalizzazione». In altri termini, secondo l'economista dell'FMI sarebbe errato credere che basti imporre dazi per risolvere il grave problema della rarefazione dei posti di lavoro: questo problema esiste sia nei paesi con forte deficit commerciale (e dunque importatori netti dall'estero), sia nei paesi in forte surplus commerciale (quindi esportatori netti verso l'estero).
US Bureau of Economic Analysis: valore aggiunto reale e occupazione
in Germania e USA dagli anni 70
Personalmente non so dire se basti osservare le curve del tasso di occupazione e del valore aggiunto reale nei paesi in deficit commerciale e confrontarla con quelle dei paesi in surplus commerciale (come ha fatto Gourinchas con quelle di USA e Germania) per sostenere la tesi che non sono gli squilibri commerciali a determinare il tasso di occupazione di una nazione; ma certamente sostengo la tesi che l'esplosione dell'innovazione tecnica nel campo dell'Informatica, dell'automazione e dell'Intelligenza Artificiale ben difficilmente consentirà di riportare benessere e occupazione nei paesi in deficit commerciale quandanche i dazi riuscissero miracolosamente a “sanare” gli squilibri tra paesi.
Credo che questa tesi possa essere considerata condivisibile anche se ipotizzata solo in maniera “empirica”: fanno infatti impressione i livelli di automazione raggiunti soprattutto nella Cina Popolare che rischiano – in prospettiva – di distruggere milioni di posti di lavoro. Basti pensare, per esempio, allo stabilimento della Xiaomi per la produzione di smartphone (ne produrrà uno al secondo) senza impiegare un solo operaio tantoché negli enormi working space dello stabilimento si terranno le luci spente intanto non opereranno esseri umani! Medesimo discorso può essere fatto osservando le immagini delle strade di Wuhan dove operano taxi a guida automatica o alla autostrade russe dove operano camion per il trasporto merci sempre a guida automatica. Innovazioni, certamente sbalorditive, che attestano l'enorme progresso della tecnologia prodotta dall'uomo ma che hanno un chiaro inconveniente: rendono il lavoro umano superfluo in relazione alla produzione di beni e servizi.
La verità sconvolgente (che il capo economista del Fondo Monetario Internazionale Gourinchas ha lasciato intravvedere) è che ormai il capitale sempre più sta sussumendo il lavoro. In altri termini, il capitale si sta mangiando il lavoro rendendolo sempre di più una attività marginale. Tutto ciò crea però alcuni effetti collaterali non di poco conto.
Per esempio, se le persone non trovano un lavoro soddisfacente per soddisfare i propri consumi bisogna capire per chi andranno a produrre queste fabbriche totalmente automatizzate. E' chiaro che bisognerà - nel caso in cui si voglia perseguire questa strada di sviluppo – individuare un nuovo modo di distribuzione del “reddito” prodotto. Una sfida di portata enorme che porrà in dubbio i principi basilari della civiltà umana.
Un tema più concreto ed immediato sarà quello del riequilibrio macroeconomico tra nazioni in deficit commerciale e nazioni in surplus commerciale. Se il motivo dello squilibrio non è il deficit commerciale in sé, come vorrebbe suggerire il capo economista del Fondo Monetario Internazionale, ma la corsa all'innovazione tecnologica tra paesi in concorrenza tra loro, dove il perdente sarà condannato inevitabilmente al sottosviluppo e alla povertà, i dazi risolveranno ben poco della crisi finanziaria “latente” che affligge gli USA. Il problema vero è la superiorità tecnologica della Cina rispetto al resto del mondo che - secondo molti osservatori - è già un dato di fatto e che rende produrre nell'Impero di Mezzo comunque più conveniente rispetto a qualsiasi altro paese indipendentemente dalle politiche commerciali che i suoi competitori adotteranno.
Un tema questo della competizione tecnologica che se non immediatamente affrontato potrebbe spingere i paesi soccombenti a cercare soluzioni ben più traumatiche rispetto ad una guerra commerciale. Uno sbocco che solo gli autori di romanzi distopici avevano delineato. Ora è anche il Fondo Monetario Internazionale a lasciarlo intendere.