Gli "effetti collaterali" delle sanzioni alla Russia: il caso della raffineria ISAB di Priolo
Dietro il crollo dell'ex Lukoil, gli effetti collaterali della guerra economica contro Mosca
La raffineria ISAB di Priolo, in Sicilia - il più importante impianto di raffinazione italiano - si trova al centro di una intricata vicenda che mescola finanza, geopolitica e interessi industriali. Venduta nel 2022 dopo che le sanzioni europee avevano costretto la russa Lukoil a disfarsene, la struttura è oggi teatro di un aspro confronto tra il magnate greco George Economou, diventato nel frattempo azionista di maggioranza, e il potente trader Trafigura.
L'operazione di acquisizione, approvata dal governo italiano attraverso lo strumento della golden power, nascondeva diverse zone d'ombra. Il consorzio GOI Energy, sostenuto da Trafigura e dal controverso uomo d'affari Beny Steinmetz, si era aggiudicato l'impianto con un'offerta da 1,1 miliardi di euro, battendo competitor del calibro di Vitol. Ma come ha documentato il Financial Times, la reale struttura proprietaria rimase inizialmente nascosta, con Roma che approvò il passaggio senza conoscere l'identità di tutti i soggetti coinvolti.
Italy’s biggest refinery in crisis three years after sale by Russia’s Lukoil https://t.co/JJTVMnjXxy
— Financial Times (@FT) April 14, 2025
Il nodo cruciale della crisi attuale risiede nell'accordo decennale che lega la raffineria a Trafigura. Secondo Economou, le condizioni contrattuali sarebbero eccessivamente sbilanciate a vantaggio del trader svizzero, che continuerebbe a guadagnare mentre l'impianto naviga in acque finanziarie sempre più agitate. Fonti vicine alla situazione descrivono un clima sempre più teso, con Economou che avrebbe minacciato di voler rinegoziare o addirittura rescindere il contratto.
Dall'altra parte, Trafigura ribatte che i problemi della raffineria deriverebbero principalmente dalla mancanza di quegli investimenti necessari per modernizzare un impianto che opera in un mercato sempre più competitivo. Una versione che però non convince del tutto gli osservatori, considerando i consistenti flussi finanziari che continuano a transitare verso il trader.
Con i suoi 320.000 barili giornalieri di capacità - pari a circa un quinto del totale nazionale italiano - e migliaia di posti di lavoro diretti e indiretti in bilico, la crisi ISAB rappresenta una spina nel fianco per il governo Meloni. L'esecutivo, che all'epoca aveva dato il via libera all'operazione rassicurato dalla presenza di Trafigura, si trova oggi a fare i conti con le conseguenze di una scelta che molti critici considerano avventata.
Mentre Economou valuterebbe l'ipotesi di una vendita, l'ingombrante presenza dell'accordo con Trafigura complica qualsiasi prospettiva di soluzione. Una situazione che rischia di trasformare quello che doveva essere un affare miliardario in un lungo caso giudiziario, con ripercussioni sull'intero settore energetico italiano.