di Filippo Landi*
Alla fine da Gaza e’ arrivata anche la protesta dei disperati, davanti ai fotografi in attesa. “Non abbiamo cibo, né acqua.” “Non vogliamo morire.” Questo hanno detto i più. Qualcuno si è spinto a gridare:”Via Hamas, via da Gaza.” Vecchi, donne e bambini erano ai margini e guardavano i più giovani nel centro di una strada di Beit Lahia che ripetevano quegli slogan. Erano veri e propri slogan e chi aveva organizzato la protesta di quella decina di disperati, forse un centinaio, raccogliendoli in strada per la disperazione e per la promessa di ricevere qualcosa nel dopoguerra erano i pochi uomini di Fatah a Gaza, il partito del Presidente Abu Mazen, il Presidente di Ramallah. Nell’unico discorso che si ricordi di lui, in quasi due anni di guerra, aveva annunciato dal Cairo che sarebbe andato a Gaza anche “…a prezzo della sua vita.”
Già in quel momento tutti avevano riso, perché tutti sapevano che non sarebbe mai accaduto. Il cuor di leone non ha più parlato, neppure quando la guerra si è trasferita sotto la sua casa di Ramallah e nelle vicine città di Jenin, Nablus, Tulkarem. I soldati israeliani che devastano i campi profughi, decine dí migliaia di sfollati anche in Cisgiordania e lui silente e visibile solo con i suoi poliziotti, pagati con i soldi degli Stati Uniti. Un Presidente fantasma prigioniero del simulacro di una politica “moderata”che ha rincorso invano la benevolenza dei presidenti americani che si susseguivano nei decenni e la benevolenza di governi israeliani sempre più esigenti e sprezzanti verso di lui. Ha sperato per decenni che Hamas venisse sconfitto, dopo averlo isolato nel 2006 e 2007. E lo spera ancora oggi, per questo ha taciuto durante la guerra in corso, davanti ai morti, ai mutilati alle immani distruzioni. E’ stato l’ambasciatore palestinese all’Onu, con i suoi appassionati e veritieri interventi, a salvare l’onore della classe politica palestinese, legata a Fatah, considerata inetta e “collaborazionista” dalla maggioranza dei palestinesi.
Ora c’è chi aleggia sul cielo di Gaza, in attesa di riprendere il potere. Ma, si incontrano sul cielo di Gaza e anche più lontano, anche a casa nostra, nuovi avvoltoi, politici e giornalisti, americani ed europei ( ci sono anche tra noi italiani “brava gente”) tutti coloro che dopo i crimini dei miliziani di Hamas il 7 ottobre 2023 hanno chiuso lo sguardo davanti al genocidio in corso a Gaza e ora vorrebbero giustificare i crimini dell’esercito israeliano e soprattutto la propria complicità attraverso la voce dei sopravvissuti di Beit Lahia.
*Post Facebook del 27 marzo 2025
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