Il dramma della mobilitazione forzata, intervista choc ad un reclutatore ucraino
di Clara Statello per l'AntiDiplomatico
“A volte è come combattere un topo che sta con le spalle al muro". A parlare è Artyom, uno dei reclutatori ucraini più temuti della sua città natale, che ha nei giorni scorsi ha rilasciato una scioccante intervista al Telegraph, proprio mentre il governo di Kiev si trova nell’urgenza di risolvere la crisi di personale dell’esercito, in vista di un’imminente avvio dei negoziati, con l’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.
Artyom ha 28 anni e lavora per il per il Centro Territoriale per il Reclutamento (TCC). Si occupa dei controlli degli uomini in età di leva, come quei militari che si vedono spesso nei video virali sulla mobilitazione forzata, mentre prelevano con metodi violenti i maschi ucraini per le strade del Paese. Ha chiesto al Telegraph di utilizzare un nome di fantasia, per non farsi riconoscere dalla famiglia e dagli amici.
Ogni mattina si alza per andare a caccia di uomini da mandare come carne di cannone al fronte. Dopo un breve briefing, la sua squadra decide dove effettuare il “safari”(così lo chiamano): alcuni vengono sguinzagliati nei bar, nelle palestre, nei ristoranti, persino nei nightclub, ovunque si possano incontrare giovani in età da combattimento, vicino a fabbriche o imprese dove lavorano in prevalenza uomini. Poi inizia la caccia all’uomo.
"Abbiamo aree in cui i nostri team lavorano quasi costantemente – spiega al Telegraph - per lo più snodi di trasporto, ma a volte lasciamo queste aree in modo che le persone non prendano l'abitudine di evitarle."
Il lavoro di Artyom si è trasformato in una brutale gioco del gatto con il topo. I malcapitati vengono letteralmente presi con la forza, trascinati su un furgone e, dopo la visita medica, mandati al fronte. Se resistono sono brutalmente picchiati (anche da più reclutatori) e a volte esplodono colluttazioni che possono coinvolgere anche i passanti (come si vede in diversi video).
“Continuano a litigare – aggiunge - anche mentre sono in macchina”.
Sul dramma della mobilitazione forzata e della fuga dalla guerra abbiamo redatto questo dossier. Al contrario di quanto racconta la narrazione filo-Kiev, gli ucraini sono stanchi della guerra e non hanno alcuna voglia di combattere. Si sottraggono all’obbligo, nascondendosi in casa o addirittura affondando un rischiosissimo viaggio clandestino per rifugiarsi all’estero.
La carenza di uomini nell’esercito ha costretto Kiev ad approvare ad aprile un’impopolare legge per la mobilitazione generale, che prevede la coscrizione obbligatoria per i cittadini ucraini di sesso maschile da 25 a 59 anni.
A causa della mancanza di personale i reclutatori non vanno tanto per il sottile e fermano chiunque, anche persone evidentemente inabili a combattere.
Artyom racconta che quando ha iniziato a lavorare al TCC, non fermava gli "individui notevolmente deboli", ora tutti sono soggetti a ispezioni. Deve raggiungere una quota di coscritti mensile.
Una volta portati via, i coscritti sono inviati per direttissima in un centro di addestramento, senza neanche la possibilità di avvisare le famiglie, che per giorni non ne hanno più notizie.
“Prima permettevamo alle persone di tornare a casa per fare le valigie, ma ultimamente non ritornavano più. Si nascondevano e non comparivano. A volte dobbiamo confiscare i loro telefoni a seconda della situazione”, dice.
Artem lavora come funzionario del TCC da più di un anno e mezzo e ha dichiarato di aver accettato questo lavoro perché gli piace "far parte del sistema". All’inizio provava pietà e compassione per le sue vittime, ma adesso “Ho imparato a controllare le mie emozioni mentre lavoravo, e ora per me è solo lavoro”.
Dice di avere sempre una buona argomentazione: “o loro o io”.
“Credo che sia meglio lavorare per il TCC piuttosto che nascondersi da noi”.
La mobilitazione forzata è diventata una vera e propria piaga sociale. Sui social circolano immagini di città fantasma, perché le strade si sono svuotate. Gli uomini in età di leva hanno paura ad uscire di casa.
Il Telegraph conferma che i reclutatori operano in maniera brutale, i coscritti scompaiono per diversi giorni, rapiti per le strade, trascinati nei furgoni, portati nei centri di reclutamento. Poi qualche settimana di addestramento e subito al fronte. Diversi canali militari russi hanno intervistato prigionieri di guerra ucraini catturati sul fronte di Kursk che raccontavano di essere stati sequestrati dai dipendenti del TCC e spediti sul territorio russo senza la necessaria preparazione.
Sui social spesso appaiono appelli di donne ucraine – mogli, madri e fidanzate dei mobilitati – che con la forza che denunciano la sparizione dei propri cari. Tempo fa era apparso su Facebook un post di una donna ucraina di Khmelnitsky, che denunciava la morte del figlio Andry di 27 anni, sotto tortura nel centro di reclutamento. Ci sono stati casi di violenza, tortura, suicidi e morti sospette collegati ai centri di reclutamento e alla mobilitazione forzata. I centri di reclutamento giustificano le morti come “attacco epilettico”.
Gli ucraini sono sempre più insofferenti verso queste prevaricazioni e non sono pochi i video di proteste e conflitti diffusi sui social. I maggiori difensori dei giovani ucraini sono le donne, madri, fidanzate, babushke anche in carrozzella o stampelle, che cercano di impedire il sequestro, a volte riuscendo persino a mettere in fuga i reclutatori come Artyom. Più raramente ci sono stati di assalti alle sedi del TCC da parte di intere comunità, soprattutto nelle regioni dove sono presenti minoranze etniche (ovvero quelle più funestate dai raid dei reclutatori).
I giovani ucraini si organizzano con specifici canali telegram privati per evitare i reclutatori e segnalare i luoghi dei posti di blocco.
“Gli uomini che hanno raggiunto l'età per essere arruolati nell'esercito hanno paura di camminare liberamente per strada. Se entri nella metropolitana di Kiev vedrai giovani sotto i 25 anni, persone in uniforme militare o anziani, ma non uomini dai 25 ai 40 anni, perché abbiamo paura”, scrive un utente su uno di questi canali.
Un altro uomo dice al Telegraph di evitare di uscire di casa e, quando deve farlo, cammina per le strade con molta ansia, teme che si avvicini un furgone. Gli uomini hanno paura non solo per la propria vita o per la propria salute, ma perché una volta entrati nell’esercito non se ne esce più. Non esiste ancora una legge per la smobilitazione.
E intanto Washington ha chiesto a Kiev di rivedere la legge sulla mobilitazione e abbassare l’età di leva a 18 anni. E’ necessario – riportano i funzionari della Casa Bianca – aumentare rapidamente le dimensioni dell’esercito per ridurre la notevole inferiorità numerica delle forze ucraine rispetto a quelle russe. In vista di possibili negoziati dopo l’insediamento di Donald Trump, l’amministrazione di Biden chiede un altro impietoso e terribile sacrificio umano al popolo ucraino.