Il Pentagono e il nuovo fronte nell’Asia occidentale

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La notizia è l’ennesima conferma di come si stia preparando il nuovo fronte di guerra dell’Asia occidentale, tra gli USA da una parte e Iran e Russia dall’Altra. Infatti, funzionari militari statunitensi hanno ribadito che le migliaia di truppe arrivate in tutta l’Asia occidentale negli ultimi mesi rimarranno nella regione per tutto il tempo necessario.

“Finché ci sarà bisogno di queste forze nella regione [rimarranno]”, ha annunciato, ieri, ai giornalisti Sabrina Singh, vicesegretaria stampa del Pentagono.

Singh ha anche lamentato che le forze statunitensi di stanza nel Golfo Persico “continuano a subire molestie nelle ultime settimane da parte di gruppi sostenuti dall’IRGC contro le navi commerciali”, sostenendo che questo è il motivo per cui le truppe non verranno spostate.

Negli ultimi mesi, Washington ha inviato oltre 6.000 soldati nell’Asia occidentale, compreso un contingente di 3.000 militari nel Golfo Persico per affrontare la marina iraniana. 

Prima dell’arrivo delle truppe nelle acque del Golfo, dal Pentagono avevano previsto possibili piani per “schierare una guardia di sicurezza composta da Marines a bordo delle petroliere commerciali che attraversano e vicino allo Stretto di Hormuz, per formare un ulteriore livello di difesa per queste navi”.

Oltre, a precisare che lo stazionamento di truppe sulle navi commerciali è necessario per prevenire “vessazioni e sequestri” da parte della marina iraniana. Da parte sua, l’Iran afferma che i sequestri di navi nel Golfo Persico sono legati al contrabbando di carburante o ad incidenti “mordi e fuggi”.

Washington ha anche rafforzato la sua presenza in Siria con la pretesa di “affrontare” l’ISIS.

Secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani (SOHR) con sede nel Regno Unito, la Siria sta attualmente assistendo all’escalation “più violenta” delle attività dell’Isis da quando è stata “eliminata geograficamente” nel 2019. Damasco e Mosca hanno accusato gli Stati Uniti di addestrare e sponsorizzare l’Isis per mantenere il paese devastato dalla guerra in uno stato di caos.

Un’indagine approfondita di The Cradle ha dimostrato che l’esercito nordamericano era consapevole che l’Isis stava guadagnando terreno in Siria dieci anni fa e non ha fatto nulla per fermarlo, in particolare quando il gruppo ha attraversato il confine siriano con l’Iraq nel 2014 e ha lanciato un assalto per conquistare città irachena di Mosul.

Oltre ad aver ignorato l’avanzata dell’Isis sull’antica città siriana di Palmira nel 2015, che è poi stata liberata due volte dalle forze siriane e russe.

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