Lo Yemen entra nella nuova fase: aggressione USA diretta, con obiettivo finale l’Iran

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Lo Yemen entra nella nuova fase: aggressione USA diretta, con obiettivo finale l’Iran

 

Come da tempo si poteva delineare e  nei mesi scorsi avevo documentato, gli USA sono passati dalle minacce all’operatività militare, come preannunciato dal neo presidente Trump, in materia di Medio Oriente. Il 15 marzo Washington ha sollevato ancora una volta il bastone del “terrorismo” contro Sana’a e gli Houti, ma le Forze Armate yemenite hanno risposto prontamente abbattendo un drone MQ-9 e attaccando una portaerei statunitense. Una mossa piena di messaggi e implicazioni significative. Nel frattempo, mentre scrivo, nella  notte del 18 marzo, una nave della Marina militare iraniana in navigazione nel Mar Arabico, verso lo Stretto di Bab al-Mandab, è stata colpita e affondata.

È salito ad almeno 31 morti e 100 feriti il bilancio degli attacchi anglo statunitensi contro lo Yemen. Secondo il Ministero della Sanità locale, i raid hanno preso di mira la capitale Sana’a, i governatorati di Saada, Al-Bayda e la città di Radaa, colpendo decine di obiettivi. Le vittime sono «per lo più bambini e donne», ha riferito il portavoce del ministero in un post. 

L’aggressione USA con il sostegno della Gran Bretagna, è consistita in oltre 47 attacchi aerei, in risposta, le Forze armate yemenite hanno reagito con un’operazione militare specifica prendendo di mira la portaerei americana Uss Harry S. Truman e le sue navi da guerra che la scortano nel Mar Rosso settentrionale, con 18 missili balistici e da crociera e un drone. Si tratta del secondo attacco diretto contro una portaerei statunitense, questo, dopo settimane di bombardamenti statunitensi e inglesi sulle aree controllate dagli Houthi nello Yemen, che hanno colpito duramente il paese. Da Sana’a la replica è stata “…non esiteremo a colpire tutte le navi da guerra americane nel Mar Rosso e nel Mar Arabico come rappresaglia per l’aggressione contro il nostro Paeseil nostro attacco è  mirato a sottolineare la nostra capacità offensiva e a lanciare un messaggio chiaro a Washington…”.

Si è aperta una nuova fase di confronto e si è aperto un nuovo fronte di guerra. Il Mar Rosso si infiamma e lo scontro diventa tra  Houthi e USA, Gran Bretagna e naturalmente Israele.

Il bombardamento dei giorni scorsi è stata l’azione militare più significativa e militarmente potente della seconda amministrazione Trump, ha anche l’evidente scopo di inviare un segnale di avvertimento all’Iran. Secondo il  New York Times, il presidente statunitense vuole trattare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un’arma nucleare, ma ha dichiarato di lasciare aperta una azione militare se i negoziati non andassero a buon fine.

In una dichiarazione pubblicata lunedì 3 marzo 2025, il Segretario di Stato degli Stati Uniti Rubio aveva dichiarato: “…Il Dipartimento di Stato sta adempiendo una delle prime promesse del presidente Trump al momento dell’insediamento, e sono lieto di annunciare la designazione di Ansar Allah, comunemente indicato come Houthi, come Organizzazione terroristica straniera”.

Rubio ha tentato di giustificare la decisione, accusando gli “Houthi” di aver effettuato centinaia di attacchi contro navi commerciali occidentali nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, oltre a prendere di mira i membri delle forze USA che difendono la “libertà di navigazione”. Ha inoltre affermato che gli “Houthi” hanno deliberatamente evitato di attaccare le navi con la bandiera cinese.

E’ evidente che questa decisione statunitense è politica piuttosto che strategica, consegue dai finora fallimentari  tentativi USA, di “disciplinare e assoggettare” gli yemeniti, che hanno inflitto gravi danni agli Stati Uniti e ai paesi europei nel Mar Rosso durante l’ultimo anno, riuscendo a annichilire la cosiddetta coalizione “Prosperity Guardian”, che Washington aveva formato con diverse altre nazioni occidentali. Questa temeraria operazione militare è stata presentata come un atto di solidarietà senza precedenti con il popolo palestinese oppresso di Gaza, che ha subito 15 mesi di guerra devastante condotta dai sionisti, col pieno sostegno occidentale e statunitense.

Oggi, lo Yemen entra in una nuova fase di confronto con la dirigenza Trump e la sua linea verso il Medio Oriente, ma, data la preparazione preventiva costruita in questi ultimi anni, Sana’a, si è dichiarata pronta ad affrontarla, asserendo di possedere l’appoggio incondizionato dell’intera popolazione, la determinazione storica, l’organizzazione e la preparazione necessarie per affrontare le potenziali minacce incombenti.

Molti segnali indicano che gli USA hanno, per ora, chiuso ogni porta di dialogo con Sana’a, aggiungendo eminenti figure yemenite civili, tra cui il capo della delegazione negoziale nazionale, Mohammed Abdul Salam, alla sua lista di terrorismo, Washington ha di fatto acceso la miccia e ha sparato il primo colpo. Questa escalation guidata dalle forze anglo statunitensi, prevede di innescare una situazione, che potrebbe infiammare a catena tutta l’area arabica, per arrivare a Teheran.

Sana’a ha scelto di rispondere all’arroganza occidentale con una potenza di fuoco, che intende dimostrare la sua accettazione a qualsiasi confronto.

Nel frattempo vari gruppi della Resistenza mediorientali, hanno comunicato all’unanimità, una forte condanna degli Stati Uniti e dell’aggressione in corso del Regno Unito contro lo Yemen, che è finalizzata a proteggere il regime israeliano di fronte alle operazioni filo-palestinesi di Sana’a. Hanno denunciato l’aggressione come una “palese violazione del diritto internazionale” e un attacco alla sovranità e alla stabilità dello Yemen, esprimendo piena solidarietà al popolo yemenita e lodato il sostegno dello Yemen alla causa palestinese per la liberazione dall’occupazione e dall’aggressione israeliana.

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