Oltre le fake news, ormai siamo alle comiche. Per il Messaggero i turchi in Siria “hanno sacrificato i loro soldati nella lotta all’Isis”

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Oltre le fake news, ormai siamo alle comiche. Per il Messaggero i turchi in Siria “hanno sacrificato i loro soldati nella lotta all’Isis”


I giornali vanno male? Ecco cosa scrivono sul Medio Oriente.


Sul Messaggero leggo che i turchi “hanno sacrificato i loro soldati nella lotta all’Isis”: per la verità Erdogan ospitava i jihadisti e ha messo in carcere i giornalisti che documentavano le consegne di armi turche all’Isis. Sul Foglio si legge che dopo i curdi Trump potrebbe tradire Israele: Trump ha riconosciuto ufficialmente l’annessione del Golan siriano e Gerusalemme capitale. Ma che si vuole di più? Poi la stampa va male..


Alberto Negri


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Vi riproponiamo un articolo de l'AntiDiplomatico dell'aprile scorso su un'importante inchiesta giornalistica della rivista tedesca Der Spiegel, la quale, visionando centinaia di passaporti, ha fatto emergere il ruolo della Turchia come punto ideale di transito per i terroristi provenienti da decine di paesi. Ricordiamolo, forza. La Turchia fa parte della NATO.


L'inchiesta dei giornalisti della rivista tedesca 'Der Spiegel'Andreas Lünser e  Christoph Reuter comincia in questo modo: "La Turchia era il paese di transito perfetto per i terroristi dello "Stato islamico" - questo è confermato dai passaporti che lo SPIEGEL è stato in grado di vedere. Che fine hanno fatto i proprietari dei passaporti non è chiaro."
 
Per i giornalisti "da dove provenivano le decine di migliaia di persone che hanno viaggiato nello "Stato islamico" dal 2013, è noto: da circa 100 stati, in particolare dal Medio Oriente, dal Nord Africa e dall'Europa. Ma il fatto che tutti hanno preso la stessa strada è stato dimostrato dalle dichiarazioni e dalla ricostruzione dei loro itinerari. Il collo di bottiglia globale è stato la Turchia."
 
Gli inviati raccontano che "per la prima volta hanno visto tutta una scatola piena di documenti ufficiali sul ruolo della Turchia: Più di 100 passaporti per i membri dell'ISIS provenienti da 21 paesi, i miliziani curdi li hanno sequestrati negli ultimi mesi. Compresi alcuni tedeschi, molti dall'Indonesia, dalla Russia, dalla Tunisia, ma anche da stati che non ti aspetti come Trinidad e Tobago, Sudafrica e Slovenia."
 
Nell'inchiesta emerge che "hanno tutti una cosa in comune: almeno un timbro di ingresso turco. A volte vengono registrate due o anche tre voci, dunque è appropriato dire che nei primi giorni fino al 2014, molti jihadisti arrivavano una prima volta nel regno terrorista per un soggiorno di prova. Dopo due o tre mesi se ne andavano di nuovo per reclutare persone più disponibili al loro paese e tornavano di nuovo."
 
Turchia paese di transito perfetto 
 
Tra le altre cose, nel rapporto, emerge che "solo una cosa manca nei passaporti: un ultimo timbro di uscita.

 Ufficialmente, i titolari del passaporto non lasciavano mai la Turchia, attraversarono il confine inizialmente mal protetto in Siria o furono introdotti dai contrabbandieri." Si aggiunge che "la Turchia era il paese di transito perfetto per passare inosservatamente da un'esistenza normale al "califfato" dell'ISIS: un paese turistico che non richiede il visto per molti stranieri e che sembra completamente insospettabile come destinazione turistica."
 
Per Lünser e Reuter, "Tuttavia, il fatto che il rapido afflusso di giovani soprattutto dalla Tunisia e da altri stati arabi non abbia reso sospette le autorità turche nemmeno nei mesi invernali è strano. Allo stesso modo, il piccolo aeroporto nella provincia meridionale di Hatay a partire dall'estate del 2012 deve essere stato usato come una sala VIP per i fanatici internazionali."
 
Nel reportage si sottolinea come i curdi nella Siria nordorientale non erano in errore nelle accuse contro l'arcinemico ad Ankara: "Fin dall'inizio, abbiamo detto all'opinione pubblica che il governo di Recep Tayyip Erdogan sta aiutando l'ISIS", citando il portavoce militare curdo Mustafa Bali. Il quale ricorda la diffusione dei i passaporti in un centro culturale a Qamishli: "A quel tempo nessuno voleva crederci, oggi abbiamo le prove", precisa il comandante curdo.
Su questo punto, aggiungiamo, che il governo siriano, da sempre, così come la Russia almeno fino al tentato colpo di stato contro Erdogan a luglio 2016, sostengono e hanno sostenuto il ruolo di complicità di Ankara con  l'ISIS, in particolare sul commercio del petrolio di contrabbando.
 
Tutto questo è successo in un paese appartenente alla NATO. Giusto per ricordarlo...
 
 
 
Fonte: Der Spiegel

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