"Possono odiarci. Ma noi non possiamo, sono nostri fratelli". Muore in Donbass Alekseij Markov, comandante del battaglione Prizrak

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"Possono odiarci. Ma noi non possiamo, sono nostri fratelli". Muore in Donbass Alekseij Markov, comandante del battaglione Prizrak

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di Sara Reginella


Alekseij Markov, comandante del Battaglione Prizrak, è morto il 24 ottobre nell’autoproclamata Repubblica Popolare di Lugansk, nella regione del Donbass. Le prime informazioni disponibili riportano come causa del decesso un incidente d’auto avvenuto nella stessa regione di Lugansk, anche se va precisato che al momento non vi sono dettagli definiti sull’accaduto.

Alcuni anni fa, ho avuto l’onore di conoscere il comandante Markov, detto Dobrij (dal russo “buono”), durante uno dei miei viaggi in Donbass. Fu lui a condurmi personalmente al fronte di Lugansk, dove si combatte tutt’ora una guerra fratricida scoppiata nel 2014.

Fu lui l’erede politico del comandante Alexei Mozgovoy, padre della stessa Prizrak, ucciso in un attentato terroristico nel maggio 2015.
 
In memoria di Alekseij Markov, uomo coraggioso e idealista, riporto l’intervista da lui rilasciatami durante l’esperienza al fronte, inedita nella sua versione integrale.
Alcuni estratti sono contenuti nel documentario “Start Up a War. Psicologia di un conflitto”, che girai in quegli anni. All’epoca, Alekseij Markov ricopriva il ruolo di vice comandante del battaglione.


Di seguito l’incipit e l’intervista integrale con il suo punto di vista su una guerra troppo spesso dimenticata, quella del Donbass.



 

Sono Markov Alekseij Genadievich sono una persona normalissima, non ho mai avuto a che fare con le armi in vita mia, ma in questo momento sono il vice comandante del battaglione Prizrak, mi trovo qui (in Donbass, n.d.a.) dal novembre 2014.


 
Può parlarmi del battaglione Prizrak e della sua storia?
 
La brigata Prizrak, poi divenuta battaglione, è nata grazie alla volontà e alla leadership del nostro comandante Alekseij Borisovich Mozgovoy. La suddivisione si è rivelata come una delle più efficienti nel combattimento sul territorio della Repubblica Popolare di Lugansk.
La Prizrak non è diventata subito una suddivisione leggendaria, all’inizio era costituita da un piccolo gruppo di persone raccolte intorno ad Alekseij Mozgovoy, riunite con l’unico scopo di difendere Lugansk e la regione di Lugansk dalle truppe punitive della Giunta ucraina, che ha realizzato il colpo di stato a Kiev. Il nome Prizrak nacque quando i mass media ucraini dichiararono che la suddivisione di Mozgovoy era stata del tutto sterminata con i bombardamenti aerei. Quando invece membri della Prizrak tornarono, la gente iniziò a guardarli come se fossero fantasmi e da lì è nata l’idea di denominare la suddivisione come “Prizrak” (in russo: “fantasma”, n.d.a.).
Presto è diventata una delle più famose suddivisioni di volontari che dichiarava apertamente come lo scopo dei combattimenti fosse quello di creare, nella nostra Repubblica, un potere popolare e di combattere per i diritti dei lavoratori. Proprio per questo nella Prizrak si reclutavano persone con orientamento a sinistra, anche se c’erano pure tanti altri soggetti, monarchici, di diversa religione, cosacchi. Si combatte una guerra contro gli oligarchi e per il potere del popolo e questo aspetto ha riunito tra loro persone completamente diverse, con ideologie e visioni del Mondo qualche volta opposte.

 
 
Quindi qui ci sono persone da diverse parti del Mondo unite contro l’oligarchia. È corretto dire che qui si combatte anche una guerra contro il nazismo?
 
Assolutamente, è chiaro che noi abbiamo sottolineato più volte il fatto che non stiamo combattendo contro l’Ucraina, contro gli Ucraini, ma siamo qui per aiutare l’Ucraina e gli Ucraini a liberare il proprio paese dalla presa al potere da parte della Giunta pro-nazista. Gli Ucraini sono e saranno sempre il nostro popolo fraterno. Inoltre, nonostante la maggior parte delle persone che vive in Donbass si consideri russsa, noi non abbiamo intenzione di annetterci alla Russia. Siamo qui per difendere i civili dalle truppe della Giunta ucraina e aiutare gli stessi Ucraini a liberarsene. Questo è il nostro unico scopo.

 
Invece, cosa è accaduto ai comunisti ucraini in questi anni?
 
Bisogna dire la verità ed essere onesti, negli ultimi anni, il Partito Comunista ucraino era tale solo a parole. In realtà era uno dei partiti della pseudo democratica Repubblica Parlamentare che non perseguiva come scopo un cambiamento della situazione nel paese. Molti veri comunisti non consideravano il Partito Comunista ucraino come tale e lo chiamavano “la palude”, a indicare che da lì non poteva nascere niente che avesse un valore.
Dopo l’inizio di questi avvenimenti, in Donbass, il partito ha preso una posizione molto vigliacca e non ha sostenuto la lotta del popolo contro gli oligarchi e contro il nazismo. Ha cercato piuttosto di mantenere il “proprio posto” dentro al Parlamento ucraino, ha cercato di mantenere le proprie posizioni a Kiev.
Alla fine però, qualsiasi stato nazista prima o poi arriva a ritenere che, poiché il comunismo è una forma do giustizia sociale troppo popolare, occorre vietarlo a livello legislativo. Non c’è dunque da meravigliarsi di quello che è successo in Ucraina: qualsiasi stato fascista, come prima cosa inizia a vietare alle persone di pensarla diversamente. Così in Ucraina hanno vietato anche le idee comuniste e alla fine, il partito comunista ucraino ha perso la propria posizione e non ha acquistato nessuna autorevolezza qui in Donbass. Mi dispiace dirlo, ma è la verità.

 
Che cosa significa per lei comunismo?
 
Per me il comunismo è una teoria scientifica, sociale, economica e politica che descrive uno sviluppo della società civile possibile e desiderabile. Per me il comunismo non è un credo come una religione e non è una cieca speranza nel fatto che qualcuno arrivi e faccia del bene. Sono i passi concreti che aiutano a cambiare l’attuale società civile e ad innalzarla ad un livello più alto del proprio sviluppo, per creare una società in cui qualsiasi persona possa sviluppare il proprio potenziale. Noi abbiamo fatto un buon tentativo durante l’Unione Sovietica, che purtroppo si è rivelato impraticabile. Però questo non significa che la storia si concluda con quell’esperienza. La storia non finisce mai. Perciò è possibile che tra tre, cinque, dieci anni, noi assisteremo ad un tentativo che andrà buon fine.

 
Il comandante Mozgovoy, in riferimento agli scontri con il popolo ucraino, disse: “Stiamo combattendo una guerra contro la nostra immagine allo specchio”. Cosa pensa di questa affermazione?
 
Sì, sono d’accordo, non è un segreto che il colpo di stato di Maidan nel 2014 sia stato ispirato e finanziato dai Governi occidentali e più concretamente dagli Stati Uniti. Senza un così grande supporto finanziario, non ci sarebbe stata nessuna Maidan. Proprio il supporto finanziario e politico all’opposizione ha portato, all’epoca, al colpo di stato di Kiev e al potere delle forze pro-naziste.
La Russia non poteva intervenire in una situazione in cui uno stato così grande (come l’Ucraina), che per tanto tempo è stato unito con la Russia stessa, si trasformava in un “rifugio protetto” per il nazismo, dove i Russi sono considerati persone di serie b. Nonostante questa considerazione verso i Russi, ascoltando i discorsi via radio, durante i combattimenti sentivamo che i nostri avversari ucraini erano soliti passare dalla lingua ucraina alla lingua russa, cui sono più abituati. Questo significa che dall’altra parte combattono persone russe come noi. A queste persone è stata però introdotta in testa l’idea che esista una nazione ucraina di quaranta mila anni, cui è seguita una discendenza… come se la Russia dormisse e non vedesse l’ora di far del male a quella nazione. Pensano che non appena sconfiggeranno i Russi, non appena vieteranno la lingua russa e cacceranno tutti i Russi in Russia, otterranno un alto stile di vita con gli stipendi e le pensioni che ci sono in Europa.
Mi dispiace vedere come queste persone siano state prese in giro e come i burattinai occidentali sfruttino il loro sangue e le loro morti per perseguire i propri interessi, mentre in realtà noi ci rendiamo conto che dall’altra parte ci sono persone come noi. Loro possono odiarci, possono pensare che siamo l’unico male al mondo, ma noi non possiamo odiarli, sono nostri fratelli. È per questo noi chiamiamo questa guerra “fratricida” e la vogliamo terminare al più presto possibile. E l’unica possibilità di terminare questa guerra è cacciare via la Giunta pro-nazista da Kiev.

 
Crede che in futuro sarà possibile un dialogo con l’Ucraina, con l’Europa e con gli Stati Uniti?
 
Io vedo da quanto tempo la Turchia cerca di entrare nell’Unione Europea e per quanto ne so io, nessuno dei paesi firmatari è entrato. Perciò credo che gli stati europei e gli Stati Uniti possono considerare l’Ucraina come una comoda piattaforma militare, una sua marionetta, ma non la considereranno mai un paese europeo. Per loro, l’Ucraina è solo una risorsa economica. Dubito che gli Stati Europei desiderino accogliere quaranta milioni di persone e un paese con una pesante situazione economica. Credo che l’Europa abbia già problemi con la Grecia e il Portogallo.

 
Qual è il suo desiderio per le Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk?
 
Io vorrei che le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk si unissero in un’unica Repubblica e che col tempo fossero incluse anche la regione di Odessa e quella Kharkov. Potremmo anche chiamarle “Novorussia”, un nuovo distretto federale della Russia. Non importa, quel che conta è che al più presto termini questa guerra e che le persone tornino ad una normale vita di pace, così che i figli crescano in uno stato adeguato, senza prese in giro e senza che le teste delle persone siano riempite di sciocchezze, come quella “secondo cui l’Ucraina sarebbe la più antica nazione del Mondo, di quarantamila anni, o quella per cui il Mar Nero sarebbe stato scavato dagli Ucraini”.
Io vorrei che la gente vivesse nella normalità. Questo è il mio unico desiderio. E come sarà il tipo di stato, non ha importanza. Se le persone potranno mantenere la propria cultura, la propria consapevolezza, il nome che sarà dato al loro paese sarà secondario.
 

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