Sale a 7 il numero delle vittime in Perù. Castillo chiede intervento della Commissione Interamericana per i Diritti Umani

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Continua la dura repressione in Perù delle proteste popolari scatenate con la destituzione del presidente in carica Pedro Castillo. Repressione avallata dalle autorità ed evidentemente anche dal nuovo governo formato da Dina Boluarte, già vicepresidente di Castillo, subentrata in carica dopo la destituzione del maestro rurale da parte del Congresso. 

Nelle prime ore di mercoledì mattina è morto nell'ospedale di Abancay, nella regione peruviana di Apurímac, Cristian Alex Rojas Vásquez - 19 anni - ferito sabato scorso ad Andahuaylas durante le proteste che chiedevano la liberazione di Pedro Castillo, lo scioglimento del Congresso e la convocazione di un'Assemblea Costituente per riformare e democratizzare lo Stato peruviano che i settori popolari ritengono ostaggio delle èlite. 

La morte di Rojas porta a sette il numero di persone uccise durante le manifestazioni in cui i sostenitori di Castillo chiedono anche l'allontanamento dalla presidenza di Dina Boluarte.

Del totale delle vittime, cinque sono morte ad Andahuaylas, una nella provincia Apurimac di Chinchero e un'altra ad Arequipa. Oltre a Rojas Vásquez, i morti sono due minori di 15 e 16 anni, altri tre giovani di 18 anni e un uomo di 38 anni, secondo la Defensoría del Pueblo.

Nel frattempo, le proteste continuano a scuotere il Paese e l'azione delle forze di sicurezza non contribuisce ad allentare le tensioni, poiché in molti casi sfociano nella repressione e negli scontri con i manifestanti.

Martedì sera, il ministro della Difesa Alberto Otárola ha annunciato la dichiarazione di emergenza su tutte le strade del Paese, la protezione degli asset strategici da parte delle forze armate e lo stato di emergenza in tutte le regioni di Arequipa e Ica.

La mossa è arrivata dopo che Dina Boluarte, descritta da Castillo come un "usurpatore", ha dichiarato di non ritenere necessario portare l'esercito nelle strade, invitando alla calma, al dialogo e ad accelerare il processo per le elezioni anticipate.

In una lettera pubblicata sul suo account Twitter, Castillo, che si trova in carcere, ha invitato le forze armate e la polizia nazionale a "deporre le armi" per "fermare lo spargimento di sangue" contro la popolazione.

Ma Castillo non si arrende e dopo la richiesta di 18 mesi di detenzione preventiva nei suoi confronti avanzata dalla Procura Generale del Perù, ha chiesto alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani (CIDH) di intercedere per proteggere i suoi diritti politici.

In un tweet, Castillo ha anche chiesto la protezione dei diritti delle persone che sono scese in piazza per chiedere il suo reintegro al potere, nuove elezioni e la convocazione di un’Assemblea Costituente. 

"Ritengo i giudici e i pubblici ministeri responsabili di ciò che accade nel Paese. Milioni di ringraziamenti ai miei compatrioti per il loro amore e il loro sostegno", ha affermato il presidente spodestato. 

Un paese che resta in fermento e continua a popolare le strade e le piazze affinché sia rispettata la volontà popolare visto che Pedro Castillo è il presidente scelto dalla maggioranza dei peruviani alle ultime elezioni presidenziali. 

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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