Strage di Lampedusa 10 anni dopo. La tratta degli schiavi continua (con gli stessi aguzzini)
di Michelangelo Severgnini
10 anni fa in queste ore 368 persone morirono affogate a poche miglia da Lampedusa in una delle tragedie del mare più controverse.
Più di un racconto di testimoni e sopravvissuti parlano di un barcone lasciato volutamente senza soccorso così da provocare quella strage e conseguente shock tali da consentire il cambio di paradigma che diede il via al decennio maledetto.
A 10 anni di distanza si è mosso il carrozzone unico sotto lo slogan “10 anni di indifferenza”.
E ne hanno ben donde per titolare in questo modo le celebrazioni del naufragio.
LEGGI "INFERNO IMMIGRAZIONE" DI DANIEL WEDI KORBARIA
E non stupisca che Ong, banche armate, istituzioni, scuole e quotidiani siano tutti uniti appassionatamente nello stesso abbraccio.
Le banche fanno soldi sulla vendita di armi, le Ong trasformano il tutto in una storia petalosa, le istituzioni fingono di opporsi, i quotidiani confezionano la narrazione fiabesca e le scuole consegnano ai nostri ragazzi il frutto avvelenato di questa orgia di potere.
Il codice etico di Intesa-San Paolo conferma che la banca finanzia la produzione di armi, ma da alcuni anni solo quelle destinate a Paesi NATO, bontà loro.
Loro finanziano solo armi destinate ai buoni. Quindi sono armi buone.
E su questi soldi di Intesa-San Paolo hanno allestito un carrozzone su cui è saltato Amnesty International, l’ASGI (associazione di avvocati immigrazionisti finanziata da Soros), la Guardia Costiera, Medici senza frontiere, Save the children, l’UNHCR.
Media partner delle commemorazioni è il quotidiano Avvenire con la partecipazione di giornalisti di “Internazionale”, “La Repubblica”, “Il redattore sociale”.
E allora chi altri se non proprio loro possono oggi parlare di indifferenza?
Sono loro che ci hanno resi indifferenti, a furia di narrazioni che non stanno in piedi secondo alcuna logica possibile.
10 anni in cui l’indifferenza occidentale ha spinto e spinge a non vedere e non sapere che nel 2014 in Libia si sono svolte elezioni i cui risultati sono stati respinti dal democratico occidente.
Anzi, per il fondato timore che le urne libiche riconsegnino una maggioranza simile a quella uscita nel 2014, ossia una maggioranza anti-NATO, da allora, 9 anni fa, le elezioni in Libia non si tengono, non si possono tenere, non si terranno.
Per volere delle Nazioni Unite e del suo inviato speciale in Libia, Abdoulaye Bathily, il cui comportamento usurpatore viene da mesi denunciato dai politici in Libia.
10 anni di indifferenza che ci hanno spinto a non vedere una realtà sotto la luce del sole a sud di Tripoli. E cioè che in Libia da oltre 10 anni è in corso un’occupazione militare per conto terzi, messa in atto da milizie jihadiste da noi finanziate per il saccheggio del petrolio libico (40% ogni anno dell’intera produzione libica).
Indifferenza coltivata con concetti fittizi come “l’esternalizzazione delle frontiere” che non significa niente se non il finanziamento militare a gruppi armati in Libia come altrove che saccheggiano per conto nostro ciò che a noi sarebbe ignominioso saccheggiare.
Le prove sono tutte nel libro “L’Urlo - schiavi in cambio di petrolio” e se queste non bastassero il presidente tunisino Kais Saied ce lo ha spiegato bene la scorsa settimana: “non spenderemo un euro di quelli che ci avete promesso per fermare i migranti”.
Questa verità storica, normalmente taciuta dai governi complici di UE e NATO, viene così smascherata.
I soldi inviati per l’esternalizzazione della frontiere sono soldi per armare gruppi armati al fine del saccheggio delle risorse dell’Africa.
E se un presidente sovrano come Saied ha respinto con sdegno lo schema europeo così vincente negli ultimi 10 anni, è solo perché Saied è un presidente eletto e non un premier illegittimo, non votato da nessuno e scelto dall’Occidente, come quelli che si alternano a Tripoli.
La migrazione non c’entra con questi soldi anche perché semmai c’entrasse va intesa come un bene richiesto dall’UE, non come fenomeno da respingere. I nostri industriali sono stanchi di ripeterlo: servono altri schiavi, la migrazione è una risorsa.
Lo vediamo in questi mesi in cui la Meloni lancia la sua guerra globale ai trafficanti senza chiudere nemmeno un profilo social dei trafficanti delle centinaia che abbiamo pubblicato in questi ultimi mesi e anni.
E così con gli stessi soldi si ottengono due risultati: si saccheggiano le risorse e ci si procura nuovi schiavi.
Le milizie libiche che dal 2014 occupano la capitale Tripoli hanno moltiplicato la migrazione, non l’hanno fermata. Nell’ultimo decennio hanno al contrario messo in piedi una rete capillare in tutta l’Africa che adesca, traffica, schiavizza e svende la meglio gioventù africana.
E se in questi ultimi mesi da Tripoli non partono più migranti come in passato è perché il generale Haftar, senza ricevere un euro dal governo italiano, ha sigillato il confine con il Niger, per motivi militari.
Ed è per questo che la tratta si è dovuta riorganizzare via Algeria e Tunisia, quindi Lampedusa.
Per denunciare 10 anni di menzogne e ingiustizie ci troveremo oggi alle 19 in piazza della Libertà a Lampedusa all'interno dell'iniziativa "Il naufragio della verità".
Sarà possibile seguire la diretta dell’evento su questa pagina: https://www.facebook.com/