Terrorismo e attacco alla triade nucleare. I dilemmi del Cremlino prima di Istanbul
L'Ucraina si prepara alla pace scatenando un'escalation bellica con un duplice attacco terroristico e contro le componenti della triade nucleare russa. Alla vigilia dei colloqui di Istanbul c'è ansia per la reazione - inevitabile - di Mosca.
di Clara Statello per l'AntiDiplomatico
Il terrore scuote di nuovo la Federazione Russa, l’ultima notte di maggio: due ponti crollano su due linee ferrate, al passaggio di due treni. I disastri si susseguono a poche ore uno dall’altro, nelle regioni di Bryansk e Kursk, al confine con l’Ucraina.
Non si tratta di un incidente fatale, il cedimento è la conseguenza di esplosioni provocate da cariche piazzate ai piedi e lungo il sostegno delle infrastrutture. È un attentato terroristico, pianificato al millimetro. Entrambi i ponti crollano precisamente sulle locomotive, che deragliano trascinando con sé i vagoni in testa.
La prima esplosione è avvenuta sabato notte alle ore 22:50, sulla tratta ferroviaria Vygonichi-Pilshino, nella regione di Bryansk, provocando il deragliamento del treno Klimov-Mosca, che trasportava 379 persone. Una strage: 7 morti, tra cui un macchinista, e una settantina di feriti, più della metà in ospedale. Tra questi tre bambini e un neonato di pochi mesi in gravi condizioni.
La seconda esplosione è avvenuta verso le 3 del mattino, nel distretto di Zheleznogorsk, nella regione di Kursk, contro un treno merci in transito. A seguito dell'incidente, il macchinista e i suoi due assistenti sono rimasti feriti.
Gli attentati sono stati condotti in serie su vasta scala. Questa mattina il dipartimento principale dell’intelligence ucraina (GUR) ha reso noto di aver fatto saltare in aria un tratto della linea ferroviaria nei pressi di Melitopol, provocando il deragliamento di un treno che trasportava carburante per le truppe.
Inoltre domenica mattina la Moskoskavaya Zelezhnoy Dogori, la ferrovia di Mosca, ha riferito di danni ai binari ferroviari nel tratto Unecha-Zhecha della regione di Bryansk, su una linea che non è percorsa da treni passeggeri. Secondo i media russi sarebbe avvenuta un’esplosione mentre transitava un treno adibito alla misurazione dei binari. Non ci sono stati né danni né vittime.
Non è noto se i vari attentati o “incidenti” siano coordinati fra loro, ma avvengano a 24 ore dal secondo round di colloqui russo-ucraini a Istanbul. Inoltre poche ore dopo, è stato sferrato un attacco su larga scala contro le basi dell’aviazione strategica a lungo raggio, dove stanno di base i bombardieri strategici della risposta nucleare russa.
Con l’”Operazione Ragnatela”, i droni dell’SBU, nascosti dentro dei camion in territorio russo, hanno distrutto o danneggiato fino a 40 Tu-95 e Tu-22M3, nonché un aereo da controllo e allerta precoce A-50. Si tratta di un gravissimo colpo alla deterrenza strategica russa, che potrebbe estendere il conflitto alla NATO, la vera beneficiaria dell’attacco.
Il partito della guerra, non riuscendo a rafforzare la posizione ucraina, gioca l’unica carta che gli è rimasta in mano: il deragliamento dei negoziati.
Non è la prima volta, la pace è stata sistematicamente sabotata. È già successo a Gomel e ad Istanbul nel 2022. Da allora le trattative sono diventate tabù sino all’insediamento della nuova amministrazione statunitense. Dopo centinaia di migliaia di morti e feriti.
Il sabotaggio sistematico della pace
Il partito della guerra ha impedito la diplomazia con tutti i mezzi a disposizione: esecuzioni extragiudiziali, cospirazioni, terrorismo e attacchi asimmetrici.
- Il primo tentativo è stato l'assassinio di Denis Kireev, uomo di fiducia di Budanov, ucciso dall' SBU mentre si recava per un incontro in Bielorussia, il 5marzo 2022. Il capo del GUR, in un’intervista a Radio Svoboda, rivelò che Kireev era un suo uomo di fiducia. La sua esecuzione ostacolò il processo negoziale. Uno degli attuali negoziatori ucraini, il vicecapo dell’SBU Aleksandr Pokland, sarebbe coinvolto nel delitto.
-Il secondo avvenne un mese dopo. Le delegazioni avevano già firmato a Istanbul un documento che chiedeva la neutralità dell' Ucraina, più alcuni punti "cosmetici" come la tutela dei russofoni e la denazificazione. Il processo fu interrotto quando, al ritorno da Istanbul, Boris Johnson arrivò a sorpresa a Kiev e disse di non firmare nulla con i russi, di "continuare semplicemente a combattere", rivelò in TV David Arakhamia, negoziatore e uomo di fiducia del presidente. Lo stop ai negoziati venne attribuito a Bucha, che Mosca ritiene essere una montatura.
Oggi Kiev ha inflitto un durissimo colpo alle capacità della Federazione Russa di proseguire nel solco della diplomazia. Il doppio attacco - terroristico e ai bombardieri dell’aviazione strategica - segna una gravissima escalation a 24 ore dallo scambio dei memorandum. Per legare le mani a Putin, subito dopo il colpo alle basi militari, Zelensky ha confermato la presenza della delegazione ucraina domani a Istanbul.
Il dilemma del Cremlino
Con i terroristi non si discute, dunque accusare Kiev di seminare il terrore contro i civili, costringerebbe Mosca a interrompere i negoziati. Questo è esattamente il piano di Zelensky e dei leader europei “volenterosi”.
L’Occidente immediatamente sosterrebbe la parte ucraina, accusando Putin di non aver mai voluto davvero negoziare. A questo punto, il presidente Donald Trump sarebbe costretto ad esercitare pressioni sul Cremlino, ad esempio accettando il pacchetto di sanzioni secondarie, proposto da una cordata trasversale di senatori guidata da Lindsay Graham, che prevede dazi al 500% per i Paesi che continuano a comprare prodotti energetici e risorse strategiche dalla Federazione Russa.
La postura di Mosca è evitare che ogni tipo di provocazione possa interferire con la propria strategia. Le autorità russe, dunque, calmano le acque per evitare la trappola del terrorismo e per, al contempo, mantenere unita l’opinione pubblica, in particolare fra nazionalisti e Z blogger.
Tuttavia non basta. L’attacco avvenuto poche ore fa alla componente della triade nucleare richiederà una risposta proporzionata e simmetrica per ripristinare la deterrenza. Ciò è particolarmente difficile per due ragioni.
La prima è che l’Ucraina non è una potenza nucleare. Per ripristinare la deterrenza Mosca dovrebbe colpire i beneficiari dell’azione (ovvero la deterrenza NATO), ma ciò ci farebbe precipitare nella MAD, la mutua distruzione assicurata. Qualsiasi altra risposta potrebbe portare comunque ad uno stop dei negoziati.
In secondo luogo, l’escalation di oggi è in sé una risposta negativa alle richieste di Mosca. Kiev impone le sue condizioni: o il cessate il fuoco incondizionato o la guerra rischia di estendersi ad altri attori, trasformandosi in un conflitto diretto tra potenze nucleari. È l’unica carta che Zelensky può giocare.
A Mosca, adesso, l’ardua decisione.