"Una storia antidiplomatica" al cinema a Palermo con il Goethe e Lidia Undiemi
di Michelangelo Severgnini
“Una storia antidiplomatica” (2024, 75’) sarà proiettato a Palermo questo mercoledì 12 giugno alle 20,30 presso il cinema Rouge et Noir, all’interno della rassegna Altre Rive 2024.
La serata, introdotta da Heidi Scicchitano, direttrice del Goethe Institut di Palermo che organizza la rassegna, vedrà la presenza del regista Michelangelo Severgnini e di Lidia Undiemi, autrice di pubblicazioni sul tema del lavoro, dell'economia della politica internazionale.
Ecco come il Goethe Institut presenta il documentario prodotto da L’AntiDiplomatico:
Migliaia di migranti ogni anno attraversano il Mediterraneo. Provengono da varie parti dell’Africa, specialmente dal sub-Sahara, e per concludere il loro viaggio sono costretti ad attraversare la Libia.
Un documento del "governo usurpatore" di Tripoli è la miccia per una riflessione che il documentarista Michelangelo Severgnini vuole realizzare sulla verità dietro i movimenti migratori: una barbarie volta allo sfruttamento colonialista delle risorse petrolifere libiche, mascherata da una narrazione che vuole i migranti semplici oppressi intenzionati a lasciare la loro casa, e che vuole l’Africa come un paese aprioristicamente arretrato e invivibile.
Tutto combacia col decennale della tragedia del naufragio del 3 ottobre 2013, dove più di 400 migranti persero la vita in mare: fu il punto di partenza di un decennio, quel 2014-2024, che ha visto il verificarsi di una storia ignominiosa. Anzi, per meglio dire, antidiplomatica.
Il film di Michelangelo Severgnini sfida la forma del documentario per comporre un video-saggio espositivo che parta dalle fonti dirette e smentisce una a una le bugie raccontate da un’Europa ipocrita e da una NATO nostalgica degli approcci colonialisti, desiderosa di applicarli in nuove subdole forme.
L’ottima occasione per cominciare a riflettere, è la proiezione de L’urlo, documentario dello stesso Severgnini, durante il festival dei diritti umani di Napoli alla fine di novembre 2022: l’evento è interrotto da un uomo, Beppe Caccia, membro dell’ONG Mediterranea, che si alza in sala e chiede di “fermare questa porcheria”. Ad ogni capitolo di Una storia antidiplomatica corrisponde un atto di accusa da parte dell’uomo, a cui segue di volta in volta la ferma risposta di Severgnini che dà luce ai filmati degli stessi migranti, realizzati col cellulare nelle pietose condizioni della prigionia in Libia. I migranti vogliono tornare nel loro paese, dopo aver intrapreso un viaggio grazie a mere operazioni di propaganda e false narrazioni condotte da quelle stesse associazioni che raccontano l’Europa come un luogo di salvezza.
Passo dopo passo, accusa dopo accusa, Severgnini demolisce una montagna di certezze che si ricopre dello stendardo dell’indifferenza e del pensiero generalista. Lo fa con le strategie di un cinema corsaro di guerriglia, alternando formati, mostrando documenti, lavorando su quegli stessi linguaggi dei social network e dei mass media che possono raccontare la verità e tutto il suo contrario, possono fingere simulando l’assenza di alcun filtro e allo stesso tempo possono dire verità di una schiettezza che pochi sono disposti ad ascoltare. Il durissimo atto d’accusa di Severgnini nei confronti di un problema che rimane astratto nella mente dei cittadini europei e non fa i conti con la verità, interroga le prime responsabilità politiche e sociali dello spettatore, dando voce a chi non ce l’ha e ripulendo le modalità comunicative di una tragedia umana che fa vittime innocenti senza alcun freno da più di un decennio, costruendo la bugia di una terra promessa.