L’esorbitante privilegio del dollaro e il suo lento declino

di Giulio Chinappi

L’imposizione del dollaro come valuta di scambio internazionale ha rappresentato la principale leva del dominio economico degli Stati Uniti. Tuttavia questo “esorbitante privilegio” è destinato ad un lento ma inesorabile declino.

Prima di divenire presidente della Repubblica Francese, Valéry Giscard d’Estaing occupò a lungo l’incarico di ministro delle Finanze, attraversando quattro governi diversi nei periodi 1962-1966 e 1969-1974. Fu allora che coniò l’espressione “esorbitante privilegio”, riferendosi al ruolo del dollaro come valuta di scambio internazionale, elemento che secondo la sua visione aveva rappresentato il principale fondamento del dominio economico degli Stati Uniti su scala planetaria.

In effetti, il fatto che gli Stati Uniti siano riusciti ad imporre la propria valuta nazionale come elemento di scambio tra quasi tutti i Paesi, ha conferito a Washington un potere senza precedenti nella storia economica mondiale. Per decenni, gli USA hanno avuto nelle proprie mani il controllo del commercio internazionale, e non solo di quello degli stessi Stati Uniti con gli altri Paesi, ma persino degli scambi che avvenivano tra Stati terzi. Tutto questo, per intenderci, ha permesso anche a Washington di imporre in maniera efficace sanzioni ai Paesi che non si allineavano ai voleri dell’imperialismo nordamericano.

Se i difensori dello status quo sottolineano come, ancora oggi, il dollaro statunitense venga utilizzato per l’83,71% degli scambi mondiali, è anche vero che fino a pochi anni fa questa stessa cifra era ben superiore al 90%, dimostrando come sia in corso una lenta ma inesorabile erosione dell’esorbitante privilegio sottolineato da Giscard d’Estaing. Tale declino sta avvenendo perché sempre più Paesi hanno deciso consapevolmente di affrancarsi dal dominio statunitense, scegliendo di utilizzare valute come yuan e rubli per i propri scambi.

Per molto tempo, spinta dall’approccio “America First”, la Fed ha utilizzato lo status del dollaro USA come valuta chiave internazionale per alleviare i problemi economici negli Stati Uniti a scapito degli interessi di altri Paesi, il che ha seriamente influenzato la stabilità finanziaria ed economica del mondo”, ha analizzato l’economista cinese Lian Ping sulle pagine del Global Times. “Ciò che è ancora più preoccupante è che gli Stati Uniti hanno intensificato gli sforzi per trasformare l’egemonia del dollaro in un’arma geopolitica, ricorrendo spesso a sanzioni e altre misure sconsiderate. In questo contesto, molti Paesi hanno iniziato a esplorare la dedollarizzazione e cercano di sbarazzarsi dell’egemonia del dollaro”.

Al momento, sono 85 i Paesi che hanno accordi bilaterali o multilaterali che prevedono la sostituzione del dollaro con valute alternative per gli scambi internazionali. Il caso più noto è certamente quello degli scambi bilaterali tra Russia e Cina, che oramai vengono quasi completamente effettuati con l’uso delle valute nazionali, anche per via delle sanzioni imposte contro la Russia. Anche altri Paesi, come il Brasile, l’Argentina e l’Arabia Saudita hanno accettato di effettuare gli scambi bilaterali con la Cina in yuan, mentre sono in corso le contrattazioni con la Thailandia. Inoltre, alcune macroregioni, come quella dell’ASEAN, che include alcune delle principali economie emergenti del mondo, stanno lavorando per sostituire il dollaro con le proprie valute locali.

Le regole politiche ed economiche globali costruite dagli Stati Uniti stanno diventando sempre più incapaci di soddisfare le esigenze dello sviluppo economico mondiale”, ha spiegato ancora Lian Ping. Infatti, mentre inizialmente l’uso del dollaro come valuta comune per gli scambi internazionali sembrava dare un impulso all’economia planetaria, facilitando gli scambi, presto questa è diventata un’arma volta al mantenimento dell’egemonia statunitense sull’economia mondiale. Parallelamente, l’uso del dollaro a fini politici, come nel caso dell’imposizione di sanzioni, e l’emergere di nuove economie, in particolare della Cina, ha portato molti Paesi a pensare politiche monetarie alternative, diminuendo il peso del dollaro nelle riserve mondiali a vantaggio di altre valute.

Naturalmente, non dobbiamo aspettarci che il ruolo del dollaro come valuta di scambio internazionale cessi improvvisamente. Gli Stati Uniti hanno costruito il proprio impero economico per decenni, e, salvo eventi catastrofici, probabilmente servirà un lasso di tempo altrettanto lungo per demolirlo. “A breve termine, il dollaro USA dominerà ancora il sistema monetario internazionale”, afferma l’economista cinese, il quale tuttavia sottolinea che “con i drastici cambiamenti della situazione economica e politica mondiale nel prossimo periodo, l’indebolimento del dominio del dollaro USA potrebbe accelerare gradualmente”. “Nel complesso, il cambiamento del dominio del dollaro USA non avverrà dall’oggi al domani e la dedollarizzazione sarà un processo evolutivo a lungo termine”, aggiunge.

La Russia e la Cina, come affermato in precedenza, rappresentano i due Paesi leader in questo processo di dedollarizzazione dell’economia mondiale. Secondo Anton Siluanov, ministro delle Finanze russo, oggi Russia e Cina utilizzato le proprie valute nazionali per il 70% dei propri scambi bilaterali, contro solamente il 30% di un anno fa. Siluanov ha affermato che l’uso di rubli e yuan per il commercio bilaterale sino-russola massima priorità della Russia ed è “reciprocamente vantaggioso” e “affidabile” per entrambi i Paesi. Secondo i dati dell’Amministrazione generale delle dogane della Cina, il volume degli scambi bilaterali tra Cina e Russia ha raggiunto la cifra record di 190,27 miliardi di dollari nel 2022, con un aumento anno su anno del 29,3%. Numeri incoraggianti, che potrebbero servire da stimolo anche per altri Paesi.

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