Trump vs Iran: il mondo attende la sera


Piccole Note


Stasera Donald Trump rivelerà la sua decisione sull’accordo nucleare stipulato con l’Iran. Ed è inutile parlare di altro in un giorno così fatidico. In attesa, qualche cenno.


Anzitutto riportiamo quanto scrive Orly Azoulay su Yediot Ahronot: “Da quando ha firmato l’accordo sul nucleare, l’Iran non ha violato un singolo articolo-. Ciò è stato affermato non solo dagli ispettori dell’Aiea [l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ndr ], ma anche dai funzionari della sicurezza israeliani”.


“Questo è l’unico fatto che il presidente Donald Trump dovrebbe prendere in considerazione al momento di decidere se gli Stati Uniti debbano rescindere l’accordo, una mossa che gli iraniani dicono li libererà immediatamente dai loro obblighi di accantonare i programmi sulle armi nucleari”.


E pur convinta della necessità che l’intesa fosse “più ampia”, tale da impedire all’Iran di sviluppare missili balistici e altro, la Azoulay conclude: “Ma non è questo il punto: l’accordo è stato firmato per impedire all’Iran di avere capacità nucleari militari. E questo obiettivo finora è stato raggiunto”.


Interessante anche il titolo di un articolo di Michael J. Koplow su Haaretz: “Trump sa mettendo Israele in pericolo immediato”. Il ritiro dall’accordo, infatti, scatenerebbe una guerra diretta tra Teheran e Tel Aviv in Siria.


Insomma, in Israele non tutti sono d’accordo con Netanyahu, che più di altri ha spinto per cancellare l’intesa raggiunta da Obama. Anzi, in realtà la sua posizione è minoritaria (più che significativa la posizione opposta del Capo di Stato maggiore dell’esercito, Gadi Eiskenkot). Ma al governo c’è lui…


Detto questo si segnala una novità sul fronte iraniano: se finora la posizione di Teheran è stata “o tutto o niente” (ovvero se gli Usa si defilano, salta tutto), ieri il presidente Hassan Rohani ha aperto a un’altro scenario.


“Anche se gli Usa si ritirassero dall’accordo sul nucleare”, ha detto, “l’Iran manterrà fede all’impegno se l’Unione europea riuscirà a garantire che la Repubblica islamica possa trarne benefici”.


Da questo punto di vista appare interessante quanto afferma Rob Malley, il capo dei negoziatori Usa con l’Iran al tempo di Obama, in un’intervista al Timesofisrael.


Secondo Malley gli altri Paesi occidentali che hanno firmato l’accordo (Regno Unito, Francia e Germania), nel caso di una loro rescissione del trattato, non dovrebbero seguire gli Stati Uniti, ma conservarlo offrendosi di migliorarlo in senso più stringente.


Ciò offrirebbe a Trump la possibilità di rivendicare una sua eventuale riforma come una propria vittoria.


Trump, infatti, “potrà dire: ‘Senza di me, l’Europa non si sarebbe mai preoccupata così tanto del programma dei missili balistici iraniani, né si sarebbe mai preoccupata del suo comportamento regionale [considerato una minaccia da Usa e Israele ndr]'”.


Certo, dice Malley, Trump potrebbe annullare l’accordo (quasi certo). Ma, nell’ottica prospettata in precedenza, potrebbe dichiarare invece: “Ho intenzione di rinviare la mia decisione. Aspetterò che gli europei risolvano la questione “. Una sospensione, ovviamente, a scadenza.


Intanto il presidente Usa ha comunicato che il 14 maggio, anniversario dei settant’anni dalla nascita di Israele, non andrà all’inaugurazione dell’ambasciata Usa a Gerusalemme. Comunicazione significativa.


Per concludere, segnaliamo un articolo pubblicato ieri da Weekly Standard, alquanto corrosivo su Trump e sui suoi annunci. Da venditore, egli è uso far notizia anticipando annunci importanti che importanti non sono o che poi si rivelano mendaci.


Weekly Standard è la rivista ufficiale dei neoconservatori, avversi all’accordo con l’Iran. Di tale setta fa parte il nuovo Consigliere per la sicurezza nazionale, John Bolton loro referente nell’amministrazione Usa, il quale ha accesso a informazioni riservate.


Detto questo nessuno ha la palla di vetro e tanti, troppi, gli interessi in gioco per azzardare previsioni. C’è da attendere.

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