Trump, Reductio ad Sorosum - Reductio ad Hitlerum


di N. Monti


L’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca ha scatenato – come ampiamente previsto – un mare di polemiche e reazioni opposte. Il livello di discussione in queste reazioni, che siano a favore o contro Trump, troppe volte sono superficiali, inquinate da pregiudiziali e preconcetti che sfociano poi in chiacchiere da social network.


Da una parte abbiamo gli anti Trump, che scadono spesso e volentieri nella reductio ad Hitlerum. Per chi non lo sapesse, questa falsa citazione latina indica una tattica di dileggio dell’avversario riducendo il tutto al confrontare lo stesso (in questo caso Trump) con Hitler. “Trump è il nuovo Hitler” si sente dire, ma da quando affermazioni del genere hanno mai avuto una vera credibilità?


La reductio ad Hitlerum è già stata ampiamente utilizzata e analizzata negli ultimi decenni, io vorrei cercare di introdurre una nuova reductio: la reductio ad Sorosum.

Tattica simile ma che in questo caso punta a livellare ogni protesta, ogni movimento di opposizione, riducendola a strumento in mano a potenti che utilizzano i manifestanti, pagati, per destabilizzare i paesi presi di mira.

Soprattutto nell’ultimo decennio, dalle Primavere Arabe al Golpe in Ucraina fino ad arrivare ai tentati golpe in America Latina, le accuse dirette verso il magnate ungherese Soros hanno fondamenta forti ed è oggettivamente difficile dimostrare il contrario. Il problema che deriva dalla reductio ad Sorosum è un altro e non ha nulla a che vedere con fatti già ampiamente dimostrati, soprattutto da questo portale di informazione quale è L’Antidiplomatico.


Leggevo scorrendo sulla mia home di facebook mi sentivo d’accordo con chi invitava a non generalizzare ogni tipo di protesta contro Trump, che non è possibile che ognuna di loro sia finanziata e organizzata da Soros. Gli Stati Uniti hanno una storia importante di movimenti operai e non di lotta e di protesta e ancora oggi sono presenti centinaia di associazioni, partiti, movimenti che lavorano contro le disuguaglianze, le ingiustizie perpetrate negli USA e contro le guerre portate dagli stessi USA in giro per il Mondo.


In tanti si chiedono dove fossero tutti quei cittadini che protestano oggi contro Trump, durante la disastrosa amministrazione Obama. Io andrei cauto, soprattutto se la domanda è rivolta agli stessi americani. Io ricordo bene il movimento Occupy Wall Street, che proprio sotto l’amministrazione Obama organizzo una protesta enorme di dimensioni nazionali contro lo strapotere della finanza, contro il capitalismo liberista, contro le banche d’affari come Goldman Sachs e JP Morgan, utilizzando parole d’ordine molto vicine all’idea di socialismo che abbiamo qui in Europa.


Se è vero che una moltitudine di organizzazioni sono un semplice strumento di destabilizzazione in mano, appunto, allo stesso Soros è altrettanto vero che non lo sono tutte indistintamente. Perseguire questa strada significa implicitamente affermare con non c’è alcuno spazio per movimenti realmente rivoluzionari né negli Usa né in Europa, cosa che la storia ha ampiamente smentito.


Piuttosto, quella domanda, quel “voi dove eravate”, la rivolgerei a chi protesta contro Trump qui in Europa, nello specifico in Italia. Di manifestazioni contro la guerra, contro la finanza, contro le basi NATO e contro l’aggressione terrorista in Siria e Libia ne ho fatte tante negli 8 anni di presidenza Obama e posso dire con convinzione che la maggior parte di coloro che protestano oggi contro il nuovo presidente USA non li ho mai visti in piazza in questi ultimi 8 anni.


La presidenza di Donald Trump è appena iniziata e già ci sono i primi risultati, dalla cancellazione del TPP, per la quale bisogna esser contenti, alla sciagurata decisione di spostare l’ambasciata USA in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme. Saranno 4 anni intensi e non mancheranno le occasioni per denunciare le azioni del 45° presidente della nazione più nuclearizzata del Mondo (o di trovarci d’accordo con esse), ma davvero non sarà con la superficialità e l’approssimazione che avremo la credibilità necessaria per farlo.

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