La parola socialismo sta tornando di moda negli Stati Uniti


di Nicolò Monti*


Negli Stati Uniti la parola socialismo sta tornando sempre più alla ribalta, in molti salotti televisivi e nei comizi dei candidati democratici alle primarie per la presidenza, quella parola così contestata e combattuta per decenni dall’establishment a stelle e strisce, ritorna sotto una nuova luce e attira commenti anche da parte dell’industria finanziaria.

A causare tutto questo vigore è il candidato 79enne Bernie Sanders, senatore del Vermont e dichiaratamente socialista. Nei sondaggi delle primarie, per scegliere lo sfidante di Donald Trump per la presidenza degli Stati Uniti, Sanders sta accumulando molto consenso, tanto da tallonare il candidato sponsorizzato dai big del partito Joe Biden, già vice presidente con Obama.


La campagna del senatore è dirompente e infrange molti dei tabù che nella politica americana sono duri a morire. Il suo cavallo si battaglia è il Medicare for all, sanità pubblica per tutti, gratuita e tolta dalle mani delle assicurazioni sanitarie. In Europa sarebbe considerato un sincero social democratico e non troppo radicale, ma nella terra dei “liberi e coraggiosi” diventano puro sovietismo.


Se in un primo momento la candidatura di Sanders non preoccupava l’élite democratica, con il passare del tempo e con l’aumentare a dismisura del consenso (soprattutto tra i giovani ed i lavoratori) hanno cominciato a preparare delle contromosse per rispondere a questa anomalia del sistema.


Una delle risposte arriva da tale Jaime Dimon, amministratore delegato di una delle banche più grandi del mondo, la JP Morgan. Già ceo nel 2008, anno della crisi dei muti subprime e del cataclisma finanziario mondiale, Dimon dal Forum Economico Mondiale di Davos ha attaccato duramente il socialismo definendolo la causa dell’erosione di ogni società nella quale è stato applicato.


Parlando del forte elettorato giovanile che sostiene Sanders, i famosi millenials, ha continuato la sua invettiva per la quale la gioventù americana non ha idea di cosa sia il socialismo.
Non ha mai nominato il candidato democratico in tutta l’intervista fatta dalla CNBC, ma appariva più che chiaro che il bersaglio fosse lui. La risposta non si è fatta attendere.


Dai suoi profili social Sanders attacca Dimon proprio sulla crisi del 2008, ricordandogli che sembrava essere favorevole al socialismo quando la sua banca ottenne 416 miliardi di dollari durante la crisi direttamente dalle tasse dei lavoratori americani. Una verità scomoda ed incontrovertibile, che pesa molto su tutti i Dimon di Wall Street, da sempre molto propensi a socializzare le perdite e a massimizzare i profitti per i soli azionisti e per sé stessi.


Nel paese capitalista più avanzato il gigantesco salvataggio pubblico delle banche finanziarie, che sino a quel momento avevano fatto miliardi con i mutui subprime e con le obbligazioni immobiliari, ha sancito una spaccatura tra il sistema e gli americani che difficilmente potrà colmarsi, soprattutto se manager come Dimon sono ancora al loro posto, anche se le loro azioni guidate dall’avidità e dalla ricerca spasmodica del profitto hanno causato milioni di posti di lavoro persi e altrettanti milioni di senza tetto. Una crisi che ancora oggi colpisce l’Europa ed il nostro paese in particolare.


L’impunità che avvolge i grandi amministratori delegati di Wall Street ha in un certo senso risvegliato nel popolo americano un nuova coscienza politica, che a piccoli passi ha portato e sta portando la candidatura di Sanders alla presidenza molto più vicina di quanto ci si potesse aspettare.


Se addirittura Obama sta pensando ad un endorsement pubblico contro Sanders ed il suo programma socialista, non è difficile immaginare che con il passare dei giorni sempre più “padroni del vapore” statunitensi si schiereranno pubblicamente, in difesa dello status quo e dello stato di cose presenti.


Ad ogni occasione i potenti del mondo non indugiano nel definire il socialismo come defunto e relegato alle pagine dei libri di storia. Lo ripetono così tante volte e con tale rabbia che più che morto il socialismo sembra essere ancora lo spettro che si aggira per l’Europa di cui parlano Marx ed Engels nel Manifesto del Partito Comunista, pubblicato nel 1848.


Sanders per Dimon rappresenta quello spettro, nelle sue parole è chiaro come il sole che si tratta dell’unico che gli fa veramente paura. Un sistema che distribuisce perdite e non ricchezza, che ha tolto diritti e dignità a milioni di persone in tutto il mondo, ha le sue prime importanti crepe proprio nel paese che più di tutti lo rappresenta.


Non vi è dubbio che queste elezioni americane si apprestano a diventare le più interessanti della storia degli USA.


*segretario nazionale Fgci

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