Paolo Rossi e l'Italia delle radioline

10 Dicembre 2020 13:00 Paolo Desogus

Ricordo, tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, Paolo Rossi comparire come testimonial all'interno di improbabili siparietti pubblicitari che proponevano la vendita per telefono di set di pentole e di altre cianfrusaglie accompagnate dalla mitica bicicletta col cambio Shimano. Com'è stato possibile che un eroe della leggendaria Nazionale del 1982 si sia prestato a quel genere di pubblicità?

Oggi un qualsiasi campione del mondo riuscirebbe agilmente a far fruttare i propri titoli sportivi con l'aiuto di consiglieri, procuratori, mediatori. Ma Paolo Rossi, che dal Mondiale dell''82 era uscito addirittura capocannoniere, era un ragazzo semplice che veniva da un'altra Italia del pallone, meno sofisticata e meno propensa a monetizzare qualsiasi cosa. L'Italia delle radioline la domenica pomeriggio, dei commenti tecnici di Ciotti e delle radiocronache straripanti di Ameri. Quella gentile di Domenica Sprint e di Paolo Valenti a 90° minuto. Quella di Gianni Brera, del campionato più bello del mondo e degli stadi stracolmi. L'Italia delle estati che non finivano mai e delle partite giocate per strada dai ragazzini con due pietre come pali e una traversa immaginaria. E ancora, quella della televisione di Renzo Arbore o di Gianni Minà, che però presto avrebbe lasciato spazio alla tv commerciale di Berlusconi che con i suoi siparietti per le biciclette col cambio Shimano avrebbe divorato quel mondo popolare di Paolo Rossi campione del mondo e grande goleador nel 1982.

Ci lascia Paolo Rossi e con lui vanno via anche i ricordi di un'Italia certo provinciale e semplice, ma infinitamente più felice e spensierata di quella individualista e ultra competitiva di oggi.

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