COVID S.P.A. : L’imposizione del consumismo sanitario

di Bernardo Severgnini - socio del Movimento per la Decrescita Felice

Le scelte politiche nella gestione della pandemia rivelano la necessità di proteggere interessi commerciali privati. Ma la nuova (forse ultima) versione del liberismo passa attraverso la compressione dello stato di diritto.

Mario Draghi è il liberismo fatto persona. Lo ha dimostrato in tutta la sua vita, e nel suo incarico di capo del governo non sta facendo altro che applicare, contro il virus come nelle questioni economiche, i principi della sua ideologia. Perché il liberismo è un'ideologia, come le altre, con le sue regole ben precise, i suoi dogmi, i suoi precetti e le sue liturgie.

Il principio del liberismo vuole che il mercato privato governi tutti i fenomeni sociali, e che lo Stato abbia il mero compito di “garante” del sistema. La gestione della pandemia segue la stessa legge aurea: le scelte dei governi occidentali, quello italiano in primis, sono volte a creare le migliori condizioni per il successo del sistema bancario e imprenditoriale privato. Se si osserva la vicenda Covid dal punto di vista commerciale, appare tutto molto chiaro.

Se l'obiettivo primario del governo italiano fosse la salute pubblica, oltre alla corsa compulsiva alla vaccinazione di massa verrebbe messa in campo anche una lunga serie di altre misure, altrettanto se non più efficaci a lungo termine. Misure che però non rappresentano un business e quindi vengono ignorate. Per esempio, si potrebbe investire sulle infrastrutture per la scuola, o potenziare i trasporti pubblici, o implementare la medicina territoriale, o aumentare i posti letto negli ospedali. Tutti fattori che hanno una grande incidenza nel contenimento della pandemia e dei suoi danni, ma sono poco remunerativi per le grandi aziende private.

Invece, la logica del mercato fa sì che la pandemia sia gestita in modo esclusivo dalle corporazioni farmaceutiche, che antepongono le proprie esigenze all’interesse collettivo. I soldi pubblici devono essere dirottati verso questi colossi, riconducibili tutti agli stessi pochi imperi finanziari. Piuttosto che investire in servizi strutturali per realizzare un sistema di welfare che duri nel tempo, si preferisce spendere soldi pubblici per iniettare sempre più vaccini con sempre maggiore frequenza nella popolazione. Quante volte in TV abbiamo sentito ripetere che “il vaccino è la nostra unica arma”? La strategia dev’essere solo quella del vaccino, che deve essere un prodotto brevettato da una multinazionale occidentale, e quindi rappresentare un’occasione di guadagno privato e di accentramento del potere economico.

A livello internazionale, la gestione della pandemia rispecchia gli stessi squilibri economici che la globalizzazione liberista ha generato. Un principio elementare del commercio è quello di orientarsi verso i mercati più ricchi, dove si possano vendere i prodotti a prezzi più alti. Per questo motivo gli USA e l’Unione Europea (soprattutto attraverso l’azione di Germania, Francia e Italia) si continuano ad opporre alle richieste di sospensione dei brevetti sui vaccini per i prossimi tre anni, che più di 100 paesi poveri hanno avanzato. Piuttosto che garantire dosi a prezzi calmierati (o gratuite) a questi paesi, la governance occidentale lascia i brevetti nelle mani dei soliti noti, in modo che continuino a spremere il più possibile gli Stati più benestanti, che garantiscono introiti sicuri. Quindi, mentre ai paesi poveri non arrivano dosi nemmeno per coprire le fasce deboli, per altro sempre meno necessarie ormai, la ricca popolazione occidentale è sottoposta a continui e sempre più ravvicinati richiami, vaccinazione dei bambini e obblighi surrettizi per chi ancora rifiuta.

Un accanimento vaccinatorio che ha scarsi effetti sul contenimento del contagio, ma che tradisce due finalità evidenti: una commerciale (far confluire capitali nelle casse delle multinazionali) e una politica (educare la popolazione all’obbedienza). Queste due dimensioni sono correlate tra loro e si alimentano a vicenda: il pugno di ferro del potere serve per garantire introiti alle lobbies, che a loro volta si servono del denaro per esercitare sempre più il proprio potere sulla politica. In questa spirale i governi degli Stati sono ormai dei semplici esecutori, chiamati ad assecondare gli interessi del potere finanziario a tutti i costi, se necessario anche con strumenti autoritari d’altri tempi.

In questo consiste la più importante trasformazione politica in corso, questa la nuova, e forse ultima, crociata del capitalismo: utilizzare i governi nazionali per comprimere lo stato di diritto a vantaggio del business. L’imposizione del consumismo in ambito sanitario, per come già l’aveva intuita negli anni ’70 Ivan Illich, oggi si può finalmente dispiegare in tutta la sua potenza totalitaria. Così è stata sfruttata l’occasione offerta dalla pandemia, questo è il significato più profondo dello slogan “nulla sarà più come prima”.

Il controllo dei governi da parte delle multinazionali non è certo una novità, ma mentre all’epoca di Illich questo controllo si realizzava senza intaccare i meccanismi dello Stato di diritto, oggi il metodo democratico non basta più. La pandemia è stata l’occasione per segnalare ai popoli occidentali che adesso è giunto il momento di passare alle maniere forti.

Lo stato di diritto oggi, quando è d’intralcio alle prospettive del grande capitale globale, è qualcosa di cui sbarazzarsi senza troppi complimenti. Paradossalmente, la difesa dei diritti individuali, che dalla rivoluzione francese in poi ha rappresentato un pilastro della dottrina liberale, oggi può essere sacrificata senza problemi. Il capitale ha bisogno di altro. Ed è curioso che proprio i turbo-liberisti, che hanno fatto dell'individualismo una bandiera, oggi siano i primi a comprimere i diritti dell'individuo.

Si stanno sperimentando tecniche di controllo stretto della persona, e non è un caso che il progetto sia partito proprio in Italia. Noi non ci siamo mai fatti troppi problemi a offrire la nostra libertà individuale a un “uomo forte” che ne disponesse paternalisticamente a suo piacimento. Niente di più adatto all’applicazione di questo nuovo modello autoritario, nel quale il “libero mercato” per salvare se stesso è costretto a servirsi delle tecniche manipolatorie e coercitive dei regimi totalitari che nel 900 aveva tanto combattuto: per restare fedele ai suoi dogmi, per sopravvivere alle sue stesse contraddizioni, oggi il sistema ha sempre più bisogno di forzare la mano, di imporsi con la violenza: un oligopolio finanziario che dispone della politica a proprio piacimento.

La democrazia deve essere sempre più distorta, sempre più piegata alle esigenze delle multinazionali. L’adesione al nuovo corso dev’essere totale e assoluta, e senza discussioni. Si tratta di una missione anche pedagogica, “educativa”: la società dovrà imparare al più presto che non c’è più spazio per l’esercizio di quei capricci che una volta si chiamavano diritti. Non abbiamo più tempo per il pluralismo, per il dubbio, neanche nel dibattito scientifico. Anzi, la Scienza parli con una voce sola perché siamo in guerra e il nemico ci ascolta. “C’è troppa democrazia nell’informazione”, avverte il venerando Mario Monti.

Siamo ormai retrocessi ad un livello arcaico di dittatura: quella fideistica della Chiesa medievale. La scienza come dogma. Si sta facendo ricorso a un repertorio di esperienze autoritarie del passato e lo si sta applicando al presente ipertecnologico per preservare, in modo gattopardesco, l’ordine economico globale. E’ lecito pensare che le misure “anti-Covid” siano solo la prima applicazione di un metodo che potrà essere poi esteso alla gestione di altre emergenze, prima fra tutte quella ambientale. Come scrive il Washington Post https://www.washingtonpost. com/world/europe/italy-vaccination-mandate-workers/2021/10/15/d1b045e2-2d99-11ec-b17d-985c186de338_story.html , l’Italia, con le sue pesanti restrizioni, si è spinta in “territori inesplorati dalle democrazie moderne”.

E’ in corso un esperimento sociale che presto, in caso di successo, verrà diffuso altrove, per cui c’è da aspettarsi che il modello che si sta realizzando in Italia rappresenterà per l’Occidente la nuova frontiera, forse l’ultima possibile, di questa ideologia chiamata liberismo. Un obiettivo da raggiungere con le maniere forti. Questa è la missione di Draghi, il motivo per cui è stato calato nella politica italiana e presentato con le stigmate del salvatore. Ma il suo è un lavoro sporco, disperato. Un tentativo di salvare, con metodi spicci, un sistema alla deriva.

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