G-20: Gli 'adulti nella stanza' alla ricerca dell’ordine perduto


Riceviamo e volentieri pubblichiamo


di Paolo Raffone

Spenti i riflettori dell’evento G20 di Bali, nella stanza si vedono solo tre adulti – Cina, Stati Uniti, e Russia – che in vari bilaterali e in negoziati più o meno segreti hanno affinato alcune determinazioni. Nessuna amicizia né solidarietà. Tutti coscienti che nessuno vince continuando nel pericoloso (e dannoso) disordine mondiale. Nessuna concessione reciproca, nessuno sconto. Realismo e pragmatismo sono le parole d’ordine.

Inopportuna e provocatoria, la visita della Pelosi a Taiwan è stata archiviata in ossequio ai principi stabiliti nel 1971 all’Onu (one China… e quindi il sacro principio vestfaliano dell’integrità territoriale internazionalmente riconosciuta). Sull’inopportunità di usare le armi nucleari Cina e USA sembrano essersi intesi (Taiwan non vale la bomba), ma anche Usa e Russia paiono essere avviati nella stessa direzione (incontrandosi per riaprire i negoziati START). Sull’Operazione Militare Speciale della Russia in Ucraina, Cina e USA si rendono conto del fallimento tattico-strategico russo ma convengono sull’assoluta stupidità politico-strategica di un isolamento e un’umiliazione della Russia (la Cina ha buona memoria del secolo dell’umiliazione cinese e gli USA delle inopinate conseguenze della vessatoria “pace” di Versailles). Entrambi preferiscono superare “l’incidente militare” con un possente piano di ri-costruzione (per l’aggredito costruzione tout court) che abbia un respiro regionale transfrontaliero concordato e bilanciato anche con tutele e garanzie oltre a zone ibride di possibile collaborazione.

Coscienti dei rispettivi limiti e vincoli interni, Cina e USA hanno preso atto che il loro livello di interdipendenza economica è tale da sconsigliare nuovi avventurismi e rappresaglie, lasciando aperta la strada della competizione leale e della concorrenza tecnologica e commerciale (insomma, embarghi e sanzioni arricchiscono gli avvocati ma impoveriscono gli Stati).

Durante il G20 sembrano essere apparse delle prospettive di governance mondiale su un modello quadrilatero: G2+1+1. Cina-USA (G2), Cina-Russia (+1) e USA-UE (+1). IL G2 (idea obamiana poi fallita) sarebbe l’epicentro dell’infrastruttura mondiale, mentre i due +1 non sarebbero aree di influenza tipiche della vecchia semantica geopolitica ma piuttosto partner ancillari dotati di autonomia. Una configurazione mondiale neo imperiale. D’altra parte, l’esito attuale dei 9 mesi di guerra ha portato a dover trarre delle lezioni reali e pragmatiche: a) le logiche unipolari non sono più sostenibili né convenienti a impedire il multipolarismo; b) si è consolidata la cattura da parte americana dell’Europa e di potenze emergenti ferocemente anti-russe e anti-europee quali quelle dell’intermarium polacco-ucraino-lituano (già caro a Józef Pi?sudski esattamente un secolo fa); c) in Eurasia, sono Cina e India che indirizzano i flussi energetici e commerciali necessari per la Russia, con ricadute evidenti dall’Australia all’Asia centrale al Golfo Persico e all’Africa.

Nulla è risolutivo. Il mondo resta fluido. I colpi di coda delle quinte colonne sono pur sempre possibili. Le geometrie variabili sono d’obbligo. In ogni caso, sembra che nell’atmosfera decadente balinese i leader abbiano vissuto una proustiana riflessione psicologica sulla memoria e sul tempo alla ricerca dell’ordine perduto. Resta da vedere se nel tempo ritrovato i leader si accorgeranno dell’inevitabilità del trascorrere del tempo, evitando rimorsi ma costruendo insieme una nuova narrativa.

Nella stanza del G20 di Bali si scorgono anche dei fanciulli vestiti a festa. Essi si rivolgono agli adulti con danze e piroette, tentando di catturarne l’attenzione. Tra di essi solo una fanciulla dal crine dorato e rauca vocale determinatezza. L’aria festosa è interrotta dalle immagini di un omino di verde vestito che irrompe con i dieci comandamenti della pace mentre recita terrificanti parole di distruzioni. Ai margini della sala, appaiono altre figure, un po’ in disparte. Un mefistofelico signorotto che in guisa di novello Savonarola parla di isolamento del maligno, propone a tutti i suoi sei punti per la felicità[1], e racconta di un suo meraviglioso giardino incantato e protetto dai barbari invasori. Un’angelica dama, una vispa Teresa che svolazza di pan in frasca offrendo sostegno e supporto per tutti, cerca disperatamente una sedia dove adagiarsi. Uno spilungone faustiano si volge al "gran mondo" delle corti imperiali, dove sperimenta le seduzioni del potere, della ricchezza e della gloria terrena. D’improvviso, un fanciullo giuggiolone dalle mani esili e ossute si agita annunciando che un missile è caduto nel giardino incantato. Tomba il silenzio con fremiti di terrore. Il mefistofelico signorotto subito identifica l’invasore che vuole turbare l’incanto della felicità. Gli adulti, un po’ infastiditi si riuniscono appartati in un capannello dal quale si ode che a voce bassa commentano: la colpa è dei barbari in ogni caso, ma non di un missile si tratta bensì di un messaggio del cielo. Sic transit gloria mundi.

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