Il loop dell'Afghanistan: infanzie devastate, indottrinamento e violenza - Parte II

06 Giugno 2022 14:50 Tariq Marzbaan

[Per PARTE I, vedere qua]

PARTE II

Il vero fattore alla base del "fenomeno talebano" è il "problema etnico" in Afghanistan e nella regione (Pakistan e Stati dell'Asia centrale fino a Russia e Cina), strumentalizzato da interessi geopolitici.

Per Al Mayadeen English

[questo saggio è stato tradotto dal tedesco e dall'inglese in italiano da Nora Hoppe]

Dopo la presa del potere da parte dei Taleban, quasi tutti i notabili che avevano ricoperto posizioni elevate e importanti negli organi statali e quasi tutti i professionisti sono fuggiti dal Paese. Tra loro c'erano gli ex leader delle "altre etnie" che negli anni '70 e '80 avevano combattuto contro i sovietici e il governo sostenuto dai sovietici o a fianco di quel governo contro i mujaheddin.

Tutti i leader che sono diventati famosi e famigerati come "condottieri", siano essi mujahed o "filocomunisti", hanno alcune cose in comune: hanno tutti combattuto, insieme o separatamente, contro i Taleban negli anni '90; appartengono per lo più alla popolazione non pashtun (tagiki, uzbeki, hazara e turcomanni) che ha sofferto la dominazione pashtun fin dal XIX secolo; hanno collaborato con gli Stati Uniti e la NATO nell'invasione del 2001 contro i Taleban; inizialmente hanno ottenuto incarichi importanti nel nuovo governo (ma non a livello di leadership - quelli sono stati assegnati esclusivamente ai pashtun); erano corrotti all'inizio o lo sono diventati; sono stati gradualmente rimossi da incarichi importanti da Karzai e poi da Ghani, alcuni di loro fisicamente (cadendo vittime di assassinii mai risolti); e hanno perso la loro reputazione di "eroi della resistenza" (sia contro i sovietici che contro i Taleban).

In seguito, la loro influenza si è basata sulle ricchezze acquisite grazie alla corruzione e alla loro debole opposizione al governo centrale pashtun. E quando i Taleban hanno preso il potere nell'agosto del 2021, questi "notabili" se ne sono semplicemente andati, nonostante avessero giurato di opporre una strenua resistenza ai Taleban. Secondo recenti notizie, alcuni di loro si sono riuniti ad Ankara e hanno formato un "consiglio di resistenza". Chiedono che i Taleban vengano a confrontarsi con loro. Tuttavia, molti ritengono che la loro preoccupazione principale sia quella di salvaguardare il loro vasto patrimonio immobiliare in Afghanistan.

Dopo la presa di potere dei Taleban, nelle valli e nelle montagne dell'Hindu Kush e in altre aree non-pashtun si sono formati piccoli gruppi individuali per resistere ai Taleban. I leader e i membri di questi gruppi provengono dai ranghi delle forze militari e di polizia sconfitte e da settori della popolazione locale. Apparentemente non ricevono alcun sostegno da parte di Stati o organizzazioni straniere, con l'eccezione del Tagikistan, dove i militanti del "Fronte di resistenza nazionale" guidati dal giovane Ahmad Massoud - figlio di Ahmadshah Massoud, comandante dei mujaheddin nel Panjshir e poi ministro della Difesa (assassinato da Al-Qaeda il 9 settembre 2001) - sono in grado di gestire un ufficio a Dushanbe.

Questi gruppi non sono consolidati e non formano ancora una rete. Non hanno richieste politiche chiare, né un profilo, né un'organizzazione, né una leadership politicamente forte. La presenza di alcuni vecchi quadri in questi gruppi tende a giocare a loro sfavore, poiché non godono di una buona reputazione tra la popolazione.

Inoltre, cercano di spacciarsi per "musulmani migliori" dei Taleban, creando ancora più confusione tra la popolazione locale. Il loro unico vantaggio è geografico, perché le loro aree operative sono le strette valli e le aspre montagne del Panjshir e dell'Andarâb nell'Hindu Kush, impossibili o quasi da conquistare. Recentemente hanno annunciato la ripresa e l'espansione delle operazioni di combattimento per la primavera, dopo il disgelo delle nevi, che ora sembrano aver messo in atto. Da diverse settimane si registrano pesanti combattimenti nel Panjshir e nell'Andarâb, con un alto numero di vittime talebane.

Nella loro lotta contro questa "resistenza", i Taleban applicano i metodi tradizionali dei governanti pashtun del passato, reclutando combattenti dalle tribù pashtun dell'Afghanistan e del Pakistan, affermando di combattere per "Dio e per la patria" e aspettandosi un ricco bottino e ricompense in caso di vittoria. Ma questi combattenti Taleban subiscono pesanti perdite senza alcun avanzamento e finiscono così per sfogare la loro rabbia sulle popolazioni civili. Recentemente il governo talebano ha ordinato alle popolazioni locali di diversi distretti del Panjshir, Andarâb e Badakhschan di abbandonare i loro villaggi. Lo sfollamento forzato è iniziato ufficialmente il 22 maggio.

Testimoni oculari hanno riferito di saccheggi, incendi di case e giardini, pestaggi e fucilazioni di giovani uomini. Sui social circolano numerose immagini e video di tali violenze e spargimenti di sangue. Purtroppo, al momento non c'è modo di accertare la veridicità di queste notizie.

Alcuni influenti tagiki che lavorano con i Taleban inviano messaggi audio ai combattenti della resistenza chiedendo loro di deporre le armi e riconoscere i Taleban. Appartengono alla classe dei proprietari terrieri e dei ricchi feudatari che vedono i Taleban come alleati e i combattenti della resistenza come minacce ai loro interessi - proprio come quegli ex comandanti mujaheddin che hanno acquisito grandi ricchezze durante i 20 anni di dominio NATO/USA. Inoltre, ci sono coloro che vedono nei Taleban gli araldi e i rappresentanti del "vero Islam", per il quale essi stessi hanno combattuto.

Gli Stati Uniti non hanno mai avuto l'intenzione di schiacciare i Taleban o di indebolirli al punto da non costituire più una minaccia per la sicurezza dello "Stato". Né hanno mai rivendicato chiaramente tale intenzione. Dall'inizio dell'invasione e dell'occupazione del Paese nel 2001 e dalla successiva "espulsione" dei Taleban dal potere nella loro sede attuale in Pakistan, hanno sempre giustificato le loro azioni con lo slogan vago e nebuloso della "War on Terror". La formazione e le attività delle brutali forze speciali fondate e gestite dalla CIA (i cosiddetti "squadroni della morte", basati sul modello sudamericano) e le uccisioni quasi quotidiane con i droni hanno di fatto contribuito a rafforzare i Taleban, poiché il gran numero di vittime civili di tali operazioni era superiore a quello dei Taleban e quindi garantiva un maggiore sostegno a questi ultimi.

Il cosiddetto movimento talebano, sorto negli anni '90, era (ed è tuttora) l'estensione formale delle fazioni jihadiste dei mujaheddin. Tutti i leader Taleban e i loro quadri avevano fatto parte della jihad su larga scala dei gruppi mujaheddin islamisti, i cui leader erano ideologicamente affiliati, direttamente o indirettamente, ai "Fratelli Musulmani" già prima della guerra (ad eccezione degli Hazara sciiti, che erano e restano sotto l'influenza dello sciismo iraniano).

Il vero fattore alla base del "fenomeno Taleban" è il "problema etnico" in Afghanistan e nella regione (Pakistan e Stati dell'Asia centrale fino a Russia e Cina), strumentalizzato da interessi geopolitici.

Nell'aprile 1992, una coalizione di tagiki, uzbeki e hazara aveva preso il potere a Kabul. Era la prima volta, dall'esistenza di un'entità chiamata "Afghanistan", che un'ampia coalizione di non-pashtun assumeva il controllo completo dello Stato (trascurando i nove mesi di governo del tagiko Habibollah Kalakâni, dal gennaio al settembre 1920). Ciò era inaccettabile sia per i leader tribali pashtun sia per il Pakistan, erede coloniale e protettorato non ufficiale della Gran Bretagna. I Pashtun si sono sempre considerati i conquistatori e i "proprietari" dell'Afghanistan, il cosiddetto "popolo costitutivo" della terra. Questa identità è stata conferita loro dalla potenza coloniale britannica ed è stata continuamente alimentata nel corso degli anni (anche i russi e gli iraniani hanno la loro parte di responsabilità in questa vicenda).

Il Pakistan, eredità del colonialismo britannico, ha ambizioni proprie e gioca un ruolo particolare in questo contesto. L'Afghanistan come Stato non pashtun andrebbe contro gli interessi pakistani e britannici nella regione. Per natura e tradizione, un tale Stato sarebbe più strettamente allineato con gli altri Stati dell'Asia centrale e, più lontano, con la Russia (e, più recentemente, con la Cina) rispetto a uno Stato pashtun, che è sempre stato legato al Pakistan e al potere coloniale britannico. Naturalmente, gli Stati Uniti, l'Arabia Saudita e gli Stati del Golfo, l'Iran, l'India e molti altri Stati occidentali sono protagonisti di questo gioco complesso, in cui gli Stati Uniti sono ovviamente l'attore principale. (Un resoconto più completo di tutti i soggetti coinvolti in questo "gioco" esula dagli scopi di questo articolo).

Quando la coalizione non pashtun, guidata dai "Jami'ate Eslami" (Rabbani e Massoud), dai "Jonbe Shamal" (Dostam) e dagli "Hezbe Wahdat" (Mazari) ha preso il potere, il Pakistan e le élite pashtun hanno inviato Gulbuddin Hekmatyar a combatterli. Egli fallì a costo di distruggere Kabul. Ma se Hekmatyar avesse avuto successo, molto probabilmente non ci sarebbe stato bisogno dei Taleban. Nel 1994, l'ISI fondò il "Tahrike Taleban" (il Movimento Talebano). La materia prima e le risorse erano già presenti: i mujaheddin pashtun come leader e quadri, i figli della prima generazione di mujaheddin pashtun addestrati nelle scuole wahhabite-deobandi come soldati semplici, l'Arabia Saudita e gli Stati del Golfo come finanziatori e ideologi, l'MI6 e la CIA come consiglieri e l'ISI e l'esercito pakistano come agenzie esecutive.

In 200 anni di dominazione pashtun, le forze non-pashtun non sono mai state in grado (e in parte non sono mai state disposte) a formulare e sviluppare un'unità tra loro, a creare una forte forza di contrasto, a concepire un concetto e un programma politico e persino a ipotizzare una visione, nonostante il loro perenne malcontento sotto i pashtun. Per capire il perché di questa situazione sarebbe necessario uno studio e un'indagine approfonditi e su larga scala. Il fatto è che i loro leader si sono sempre sottomessi ai dettami dei pashtun e hanno perso.

Finché questo aspetto del dilemma afghano non sarà analizzato correttamente e affrontato seriamente dai tagiki, dagli uzbeki, dagli hazara e da altri gruppi etnici minori, non ci saranno sviluppi e cambiamenti positivi in Afghanistan.

I Pashtun non sono mai stati disposti a rinunciare alla loro pretesa di governare l'intero Afghanistan o a condividere il loro potere con altri. Pertanto, la richiesta di un governo inclusivo, espressa dalla "comunità internazionale", è solo un discorso vuoto.

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