Neruda-Pasolini, il Cile fa i conti con il passato e l’Italia?

14 Febbraio 2023 17:50 Francesco Guadagni

Domani esperti internazionali dimostreranno che i batteri trovati nel corpo del Poeta cileno, Pablo Neruda, sono la prova che fu “avvelenato” 12 giorni dopo il colpo di stato militare del 1973.

L’annuncio della famiglia di Neruda, fatto dal nipote Rodolfo Reyes sta facendo il giro del mondo in queste ore. Quest’anno, tra l’altro, ricorre il cinquantesimo anniversario del colpo di stato fascista ordito dal generale Augusto Pinochet, con l’appoggio della CIA che rovesciò il governo di Unidad Popular di Salvador Allende, così come quello della morte di Neruda.

Secondo la versione ufficiale della giunta golpista, Neruda morì per l’aggravarsi del suo cancro alla prostata.

L’autista del Poeta, Manuel Araya, non si è mai rassegnato, ha raccontato che Neruda era morto in seguito ad un’iniezione fatta da un agente segreto spacciatosi per medico. La famiglia del poeta ha sempre appoggiato la versione di Araya e nel 2011, su richiesta del Partito comunista cileno è partita la battaglia per ristabilire la verità con l'apertura di un'inchiesta giudiziaria.

La vicenda di Neruda per forze di circostanze, seppur in contesti diversi, richiama l’Italia e la morte di uno dei suoi più grandi intellettuali, Pier Paolo Pasolini.

La verità ufficiale è questa: tra l’1 e il 2 novembre del 1975 Pasolini fu ucciso da un ragazzo di 17 anni, Pino Pelosi, che voleva difendersi dalle sue molestie. Lo massacra di botte e passa sul suo corpo con l’automobile del Poeta.

Così a 47 anni dalla morte e a 100 anni dalla sua nascita persiste un marchio di infamia sulla vita di Pasolini.

Sono stati scritti libri, in particolare, c'è un film, come 'La Macchinazione', di David Grieco, che ha messo in risalto tutte le incongruenze della versione ufficiale della morte di Poeta, senza che sia stato aperto un nuovo procedimento giudiziario.

Lo scorso 16 dicembre, la commissione parlamentare antimafia, nella sua relazione di fine legislatura, stabilì che potrebbe essere stato il furto delle bobine del film Salò o le 120 giornate di Sodoma dietro l'uccisione di Pasolini. Nel delitto, inoltre, sarebbero stati coinvolti gruppi di malavitosi facente capo alla nascente Banda della Magliana.

Non una rivelazione nuova, ma che una commissione parlamentare abbia stabilisca un’altra versione sulla morte di Pasolini è già un passo in avanti.

In Italia, al momento, ci dobbiamo accontentare dei passi avanti, nonostante nel suo ultimo libro Petrolio, negli articoli sul Corriere della Sera, in quei tanti martellanti “Io so” Posolini avesse svelato quella rete fatta di apparati dello Stato deviati, massoneria, gruppi neofascisti che tramavano per un colpo di stato ed evitare che il Partito Comunista prendesse il potere.

Cile e Italia due modi differenti di affrontare dei delitti che hanno significati profondi. In Cile, in occasione del cinquantesimo anniversario del colpo di stato e della morte di Neruda si vuole fare in modo che la verità storica e giudiziaria procedano di pari passo, facendo i conti con il passato.

In Italia, nel centenario della nascita di Pasolini con le relative, giustissime e doverose celebrazioni, dobbiamo accontentarci, senza sminuirla per carità, della relazione della commissione antimafia.

L’Italia non vuol fare i conti con il suo passato, nonostante gli attori politici e del potere dell’epoca non ci siano più. Scoprire la morte di Pasolini potrebbe aprire il vaso di Pandora delle stragi di Stato, altri particolari sulle trame che portarono all’assassinio del Presidente dell’Eni Enrico Mattei. Tutte ferite ancora aperte.

Resta una possibilità. La nuova consapevolezza acquisita su Pasolini nelle celebrazioni del suo centenario dalle nuove generazioni è l’unica spinta per ristabilire la verità, insieme ad un combattivo esercito di capetoste che non si rassegnerà mai finché non verrà rimosso quel marchio di infamia sul Poeta.

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