Celac, unità nella diversità. L’eredità di Bolivar

1003
Celac, unità nella diversità. L’eredità di Bolivar

Unità nella diversità. Questo l’intento espresso nel vertice della Celac, la Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici che si è concluso in Messico. Un proposito che, diversamente articolato perché rivolto più ai popoli che ai governi, il presidente Nicolas Maduro aveva già espresso a conclusione del Congresso Bicentenario, e che ha ripetuto anche in Messico con un discorso concreto e prospettico al tempo stesso.

Un discorso nel solco di Hugo Chávez e nello spirito di Bolivar. A mostrare quanto grande sia la diversità - di intenti, vedute e scelte politiche – con alcuni degli Stati membri (16 i presenti, sui 33 complessivi, ovvero tutti quelli americani, esclusi Stati Uniti e Canada), è bastato il rumoroso ostruzionismo dei presidenti neoliberisti di Uruguay e Paraguay, e i commenti in rete della Colombia. A loro ha risposto per le rime il presidente cubano Miguel Diaz Canel, ricordando che, prima di parlare dei presunti problemi in casa d’altri, avrebbero dovuto occuparsi di quelli in casa propria, considerando il forte rifiuto che ricevono le loro politiche.

Un tema affrontato anche nel programma Dando y dando, condotto settimanalmente dalla giornalista e deputata venezuelana, Tania Diaz. L’uruguayano Ruben Suarez, di Conaicop, ha analizzato la svolta securitaria e l’attacco ai diritti sindacali del governo di Lacalle Pou, e la conseguente (e massiccia) reazione popolare. L’attivista paraguayana, Fatima Rallo, ha parlato del livello di “democrazia” del governo di Mario Abdo Benitez, in forte eredità con la passata dittatura, come testimonia il caso delle due ragazzine scomparse, fatte passare per “terroriste”. L’analisi di Juan Carlos Tanus, direttore di Colombiani e colombiane in Venezuela ha evidenziato quanto pesi la pervicace chiusura degli spazi di agibilità politica sulla possibilità di uno spostamento a sinistra in Colombia.

I governi di Uruguay, Paraguay e Colombia, seppur rimasti nell’organismo - a differenza del Brasile di Bolsonaro, che l’anno scorso ha portato fuori dalla Celac il suo paese, ovvero la seconda economia della regione dopo il Messico -, hanno d’altronde rivendicato appieno il loro ruolo di portatori d’acqua di Washington. Di sicuro, per quanto subalterni, si sentono più affini a quella classe oligarchica che, in Europa, al di là della retorica stucchevole sui sacrifici comuni, ingrassa sulle sofferenze che provocano quei sacrifici alle classi popolari per le “riforme strutturali” volute dai decisori sovranazionali.

Il presidente messicano Amlo ha detto che la Celac potrebbe prendere a modello “qualcosa di simile alla Ue, ma con caratteristiche legate al contesto”. Di quale ispirazione può essere l’Unione europea per i paesi del sud? Nella Ue non esiste “unione” ma competizione sfrenata: basata sulla compressione del costo del lavoro, sull’assenza di sovranità e sui processi di privatizzazione che monetizzano al rialzo le politiche pubbliche a vantaggio dei pochi. Mentre aumentano le “piccole patrie” xenofobe e si erigono muri contro la libera circolazione delle persone, a essere senza frontiera sono solo i movimenti del capitale finanziario. E per raggiungere quel “pareggio in bilancio” agitato come una scure sulle conquiste operaie, le classi popolari devono pagare il “debito sovrano”, come grottescamente viene chiamato il tributo che, da veri sudditi, devono versare ai loro grassatori.

Il sogno bolivariano della “Patria grande” implica un altro indirizzo. A partire dal congresso di Panama, Bolivar prevedeva la costruzione di un blocco multinazionale dei popoli americani di tradizione ispanica, che permettesse di unire le risorse umane, naturali e economiche e formare alternative valide agli imperi europei e al nascente impero anglo-americano. Il suo progetto fu respinto dalle oligarchie nazionali.

Quel blocco si sarebbe creato a partire dalle rivoluzioni indipendentiste dell’epoca che avevano trionfato in tutta l’America ispanica, tranne che a Cuba e Porto Rico. L’ultima battaglia del libertador Simon Bolivar e del maresciallo Antonio José de Sucre fu per liberare l’Alto Perù (la Bolivia). Tuttavia, il 3 ottobre del 1821, nel suo discorso di fronte al Congresso della Gran Colombia, a Rosario de Cucuta, Bolivar dichiarò: “Preferisco il titolo di cittadino a quello di Libertador, perché questo emana dalla guerra, quello emana dalle leggi. Cambiami, Signore, tutti i miei titoli con quello di buon cittadino”.

A quell’epoca, Marx, che avrebbe criticato la nozione astratta di cittadino in base alla divisione in classe della società, aveva 3 anni, e poi verrà sviato dalle fonti dell’epoca nel suo giudizio su Bolivar. Il congresso di Panama venne chiamato anche anfizionico, in omaggio alla Lega Anfizionica dell’Antica Grecia, per sottolineare un’idea di integrazione basata su regole condivise. Quell’unità sudamericana, che avrebbe facilitato anche accordi di difesa comune, si frammentò allora in nove stati totalmente distanti dalle loro realtà nazionali e regionali, agganciati agli interessi strategici dei nuovi imperi mondiali.

Agli interessi imperialisti è saldamente agganciata la Colombia di Ivan Duque, il primo stato latinoamericano entrato a far parte della Nato dal 2018. Duque ha appena firmato un memorandum di intesa con la Ue, che lo considera un “partner strategico” nonostante i quotidiani massacri che il suo narco-governo perpetua contro il popolo colombiano. Lo ha fatto nell’ambito dell’Assemblea annuale dell’Onu, in corso a New York, durante la quale Biden ha “lodato il coraggio” di chi destabilizza i governi di Cuba, Venezuela, Nicaragua perché si riconosce “nella vera democrazia” modello USA. E, nel frattempo, il capo del Comando Sur è atterrato a Bogotà, per rafforzare il suo principale gendarme in America Latina, i cui aerei hanno violato ancora una volta lo spazio venezuelano.

Anche nell’Assemblea Generale dell’Onu, si è levata la voce dei paesi socialisti contro le misure coercitive unilaterali imposte dall’imperialismo nordamericano in spregio delle norme internazionali. L’appoggio che hanno riscontrato da parte di quei governi, come Russia e Cina, che si muovono per la costruzione di un mondo multicentrico e multipolare, ha mostrato anche in questo contesto la crisi di egemonia in cui si dibatte l’imperialismo Usa, la crisi strutturale del modello che rappresenta. Contro la retorica sui diritti umani, strombazzata a partire dai pulpiti che meno avrebbero dovuto permetterselo, sono emersi i dati dei rapporti indipendenti sulle conseguenze delle “sanzioni”, e sulle gravi illegalità imposte dagli Stati Uniti con la complicità dei governi e delle istituzioni subalterne.

Un esempio eclatante riguarda il diplomatico venezuelano Alex Saab, sequestrato sull’isola di Capo Verde, gravemente malato e in procinto di essere estradato illegalmente negli Usa per la subalternità delle istituzioni capoverdiane. Una vicenda che sta pesando anche sulle trattative in corso in Messico tra l’opposizione golpista diretta dagli Usa e il governo bolivariano, che esige la liberazione del diplomatico, e che ha chiesto il sostegno della Celac nella difesa del processo di pace.

E se aver indotto anche i governi neoliberisti presenti a firmare la dichiarazione finale, che comprende questioni come il debito estero o la condivisione dei vaccini è stato sicuramente importante, ancor più importante è far sì che non rimangano lettera morta. E qui la parola passa alla forza organizzata e cosciente del potere popolare.

Geraldina Colotti

Geraldina Colotti

Giornalista e scrittrice, cura la versione italiana del mensile di politica internazionale Le Monde diplomatique. Esperta di America Latina, scrive per diversi quotidiani e riviste internazionali. È corrispondente per l’Europa di Resumen Latinoamericano e del Cuatro F, la rivista del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV). Fa parte della segreteria internazionale del Consejo Nacional y Internacional de la comunicación Popular (CONAICOP), delle Brigate Internazionali della Comunicazione Solidale (BRICS-PSUV), della Rete Europea di Solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana e della Rete degli Intellettuali in difesa dell’Umanità.

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Potrebbe anche interessarti

La nuova "dissidenza" che indossa orologi svizzeri di Loretta Napoleoni La nuova "dissidenza" che indossa orologi svizzeri

La nuova "dissidenza" che indossa orologi svizzeri

La silenziosa disfatta dell'industria militare francese di Giuseppe Masala La silenziosa disfatta dell'industria militare francese

La silenziosa disfatta dell'industria militare francese

L'impegno della Cina per la pace e lo sviluppo del mondo   Una finestra aperta L'impegno della Cina per la pace e lo sviluppo del mondo

L'impegno della Cina per la pace e lo sviluppo del mondo

I no war secondo l'Intelligenza Artificiale di Google di Francesco Santoianni I no war secondo l'Intelligenza Artificiale di Google

I no war secondo l'Intelligenza Artificiale di Google

Da Delhi alle Americhe: Chi Sono i Nuovi Indiani d'America? di Raffaella Milandri Da Delhi alle Americhe: Chi Sono i Nuovi Indiani d'America?

Da Delhi alle Americhe: Chi Sono i Nuovi Indiani d'America?

Papa "americano"? di Francesco Erspamer  Papa "americano"?

Papa "americano"?

Il 25 aprile e la sovranità di Paolo Desogus Il 25 aprile e la sovranità

Il 25 aprile e la sovranità

Le narrazioni tossiche di un modello in crisi di Geraldina Colotti Le narrazioni tossiche di un modello in crisi

Le narrazioni tossiche di un modello in crisi

Resistenza e Sobrietà di Alessandro Mariani Resistenza e Sobrietà

Resistenza e Sobrietà

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

Lavoro e vita di Giuseppe Giannini Lavoro e vita

Lavoro e vita

La Festa ai Lavoratori di Gilberto Trombetta La Festa ai Lavoratori

La Festa ai Lavoratori

Sirri Süreyya Önder, la scomparsa di un grande uomo di pace di Michelangelo Severgnini Sirri Süreyya Önder, la scomparsa di un grande uomo di pace

Sirri Süreyya Önder, la scomparsa di un grande uomo di pace

La California verso la secessione dagli Stati Uniti? di Paolo Arigotti La California verso la secessione dagli Stati Uniti?

La California verso la secessione dagli Stati Uniti?

Un sistema da salari da fame che va rovesciato di Giorgio Cremaschi Un sistema da salari da fame che va rovesciato

Un sistema da salari da fame che va rovesciato

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti