Taiwan, ora quasi ci siamo...

di Adriano Madaro

La scriteriata politica americana, in mano a traballanti ottuagenari arroganti e parecchio stupidi, sta portandoci verso un'altra guerra - che sarà mondiale - e al cui confronto quella dell'Ucraina sembrerà una allegra passeggiata. La provocazione americana nei confronti della Cina è da oltre un ventennio incamminata sulla via della guerra.

Ora siamo quasi al dunque. Nel momento in cui sto scrivendo non è ancora chiaro se la Speaker della Camera Usa Nancy Pelosi sia sulla via di Taipei o di Seul, dopo la tappa a Singapore. Se la prora del suo aereo sarà puntata sul capoluogo dell'isola, e magari con scorta di aerei militari con facile sconfinamento nel Mar Cinese Meridionale, allora è questione di ore e l'aviazione cinese potrebbe anche reagire e sparare sui velivoli militari. Se invece queste righe saranno superate da un improvviso ravvedimento e la signora starà alla larga dalle coste di Taiwan, fuori dallo spazio aereo reclamato da Pechino, allora il botto è solo rinviato alla prossima occasione, che dato il clima non tarderà.

Taiwan, va detto e ripetuto, è un'isola che storicamente appartiene alla Cina (fino al 1949 nazionalista, dal primo ottobre di quell'anno, comunista). Punto. Il mondo intero, attraverso le risoluzioni dell' Onu, riconosce che esiste una sola Cina e giocoforza Taiwan è territorio sottoposto alla sovranità cinese, senza aggettivi. Autodichiararsi "indipendente" da parte di un partito populista separatista che ha vinto le elezioni, non significa autoproclamarsi una nazione indipendente. Taiwan non è rappresentata all'Onu, anzi ne è stata cacciata cinquant'anni fa. Infatti le autorità di Taiwan se ne sono guardate bene dal proclamare una qualche "indipendenza". Se quel partito lo avesse fatto, Taiwan sarebbe stata invasa dall'esercito cinese mezz'ora dopo.

Quel partito oggi al potere nell'isola trova nei governi di Washington l'alleato pronto alla guerra "se Pechino accennasse di mettervi piede". La Speaker della Camera degli Stati Uniti intende provocare la Cina in maniera pesante e definitiva. Xi Jinping la scorsa settimana, in un incontro da remoto con Joe Biden durato due ore e mezza, è stato circostanziato e determinato: se la Pelosi si arrischierà di violare lo spazio aereo cinese, la sua missione in Oriente potrebbe essere contrastata dall'aviazione cinese. E questo potrebbe essere l'inizio della Terza Guerra Mondiale.

Auguriamoci che mentre pubblico questo breve commento la Pelosi abbia cambiato aeroporto.

Aggiornamento delle ore 17.00. E invece no, augurio sprecato. L'aereo della Speaker è atterrato all'aeroporto di Taipei alle 22.30 ora cinese, le 16.30 italiane. Il volo, partito da Kuala Lumpur (Malesia), ha effettuato una rotta che ha evitato il Mar Cinese Meridionale (spazio aereo controllato da Pechino), ha superato le Filippine ed è entrato nello spazio aereo di Taiwan da Sudovest (accesso consentito). Domani mattina stessa ripartirà per Tokyo o Seul, dopo un incontro con la presidente del governo separatista dell'isola, e stando sempre alla larga dal Mar Cinese.

Il viaggio in Asia della Pelosi, che non segue un programma lineare, ma è coperto da critiche e reticenze, riveste per Pechino una grave provocazione "che avrà ulteriori conseguenze negative nei rapporti sino-americani, giunti negli ultimi anni a un livello di deterioramento tale da prefigurare una pericolosa stagione di conflitti". La sfida non resterà priva di una risposta cinese proporzionata all'accelerazione americana delle tensioni nell'Indo-Pacifico.

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