La NATO provoca la Russia con le esercitazioni in Finlandia

di Giulio Chinappi

Le esercitazioni militari che si stanno svolgendo in Finlandia rappresentano una chiara provocazione nei confronti della Russia, e si inseriscono nell’ambito della competizione per il controllo delle risorse del Mar Glaciale Artico.

È passato poco più di un mese da quando la Finlandia è diventata ufficialmente un membro della NATO. In quell’occasione, il presidente del Paese nordico, Sauli Niinistö, aveva garantito che il territorio finlandese non sarebbe stato utilizzato per provocare la Federazione Russa con installazioni ed esercitazioni militari, ma evidentemente si trattava di una menzogna. Infatti, come abbiamo sottolineato numerose volte, Washington ha spinto per l’ingresso di Helsinki nell’Alleanza Atlantica proprio in funzione antirussa, al fine di continuare il processo di accerchiamento di Mosca.

Come accaduto in passato nel Mar Nero e nel Caucaso, in particolare in Georgia, la NATO sta dando vita alle sue provocazioni organizzando esercitazioni in territorio finlandese, a pochi chilometri dal confine russo. Il campo di addestramento di Rovajärvi è stato scelto come sede delle manovre militari Lightning Strike 23, che hanno ufficialmente avuto inizio lunedì con la partecipazione dei Paesi membri dell’Alleanza Atlantica.

I media locali hanno riferito che circa 8.000 soldati prenderanno parte all’esercitazione, così come alle esercitazioni Northern Forest 23, che inizieranno tra circa 15 giorni. Oltre alle truppe di terra delle forze di difesa, dell’areonautica e della guardia di frontiera della Finlandia, sono presenti anche soldati provenienti da Stati Uniti, Regno Unito, Norvegia e Svezia, nonostante quest’ultima non faccia ancora ufficialmente parte della NATO. Secondo le motivazioni ufficiali, “l’obiettivo di queste esercitazioni militari è la pratica del coordinamento delle unità finlandesi con le forze NATO e svedesi”, ma nei fatti si tratta di un chiaro gesto ostile nei confronti della Russia.

Il campo di addestramento di Lohtaja sarà invece la sede delle esercitazioni della difesa aerea ADEX, che, a partire da questo martedì, coinvolgerà circa 1.500 soldati delle forze terrestri, marittime e aeree finlandesi, nonché un gruppo di marines statunitensi, che si eserciteranno nel lancio di missili antiaerei Stinger.

Di fronte a tali provocazioni, non ci si può certo aspettare che la Russia resti indifferente. Già ad inizio mese, quando sono iniziate a circolare le voci di possibili esercitazioni militari NATO in territorio finlandese, la portavoce del ministero degli Esteri, Marija Zacharova aveva affermato che questo tipo di operazioni avrebbe costretto la Russia ad adottare misure tecnico-militari e altre misure di ritorsione: “Stiamo seguendo da vicino i piani della NATO per quanto riguarda la Finlandia. Confermiamo che la Russia sarà costretta ad adottare misure di ritorsione sia di natura tecnico-militare che di altra natura per frenare le minacce alla nostra sicurezza nazionale che appaiono in questo contesto“, aveva detto la diplomatica, facendo riferimento all’accordo che consente alle forze armate statunitensi di utilizzare il territorio finlandese.

La portavoce ha inoltre anche sottolineato che Mosca considera tali piani come la perdita di sovranità di Helsinki. “Tuttavia, sia la stessa Finlandia che la NATO devono rendersi conto che pompare truppe nel Nord Europa contribuirà solo a far crescere le tensioni militari e politiche anche in questa regione“, ha avvertito Zacharova.

In effetti, come sottolineiamo da tempo, le mosse della NATO, e in particolare degli Stati Uniti, sembrano volte al chiaro obiettivo di allargare il conflitto. L’uso delle provocazioni, come accaduto nel caso dell’Ucraina, serve per cercare di far ricadere la colpa su Mosca, sapendo che prima o poi la Russia potrebbe trovarsi costretta a reagire. Inoltre, il caso della Finlandia si inserisce in un contesto in cui i Paesi coinvolti si trovano in competizione per il controllo delle risorse del Mar Glaciale Artico, soprattutto in una fase in cui il riscaldamento globale sta portando allo scioglimento dei ghiacci delle calotte polari, rendendo dunque più accessibili le risorse dei fondali sottomarini.

Non si tratta di teorie campate in aria, ma di pareri formulati da analisti sia russi che statunitensi, che credono che la regione artica potrebbe essere il prossimo teatro di scontro tra Mosca e il blocco atlantista. “Il cambiamento climatico e la corsa alle risorse dell’estremo nord hanno rimodellato la remota regione polare e il suo status in gran parte privo di conflitti potrebbe ora essere messo a repentaglio”, ha avvertito l’agenzia stampa statunitense Bloomberg. “Con l’ulteriore espansione della NATO e la prossima adesione della Svezia all’Alleanza del Nord Atlantico sulla scia della vicina Finlandia, che è stata ammessa il mese scorso, la Russia sarà l’unica potenza artica rimasta al di fuori dell’alleanza” (oltre a quelli citati, gli altri Paesi artici sono Stati Uniti, Canada, Norvegia, Danimarca e Islanda).

Di recente, i Paesi artici hanno presentato una petizione alla Commissione delle Nazioni Unite sui limiti della piattaforma continentale per estendere i confini delle rispettive piattaforme artiche, il che darebbe loro il diritto di sfruttare le risorse dei fondali sottomarini in forma esclusiva. Secondo una valutazione del 2008 dell’US Geological Survey, circa 90 miliardi di barili di petrolio, 1.700 trilioni di piedi cubi di gas naturale e 44 miliardi di barili di condensato di gas giacciono sotto l’Oceano Artico, con un volume considerevole di depositi offshore non sfruttati di stagno, oro, diamanti, mercurio e metalli ferrosi.

Di fronte a questa sura competizione per il controllo delle risorse naturali, appare chiaro l’interesse degli Stati Uniti di militarizzare la regione artica, circondando la Russia con le proprie forze militari grazie all’ingresso della Finlandia nella NATO. Non va poi dimenticato che gli Stati Uniti rimangono l’unico Paese artico che deve ancora ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, una pietra miliare del diritto internazionale, che evidentemente Washington non ha intenzione di rispettare nella sua fame di accaparrarsi le risorse mondiali.

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