24 ore per lasciare le proprie case. L'ultimatum di Israele a 1,1 milioni di palestinesi è l'epitaffio del diritto internazionale

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24 ore per lasciare le proprie case. L'ultimatum di Israele a 1,1 milioni di palestinesi è l'epitaffio del diritto internazionale

 

di Clara Statello per l'AntiDiplomatico

L’esercito israeliano lancia un ultimatum ai civili di Gaza City: hanno 24 ore di tempo per lasciare le loro case, la loro città, la loro vita, dopo di che verranno aperte le porte dell’inferno. Da quanto si intuisce, scatterà l’ora X dell’invasione di terra. “L’IDF chiede l’evacuazione di tutti i civili di Gaza City dalle loro case verso sud per la loro sicurezza e protezione, e di spostarsi nell’area a sud di Wadi Gaza, come mostrato sulla mappa. L'organizzazione terroristica Hamas ha intrapreso una guerra contro lo Stato di Israele e Gaza City è un'area in cui si svolgono operazioni militari. Questa evacuazione è per la vostra sicurezza”, si legge in una nota dell’IDF pubblicata su Times of Israel.  

E’ previsto dunque l’esodo di 1,1 milioni di persone, di fatto cacciate dalla capitale della piccola enclave abitata da circa 2 milioni di palestinesi. Dai loro giornali spiegano che è un invito all'evacuazione, ma di fatto l'esercito israeliano sta intimando i palestinesi ad andarsene dalle proprie case per avere il via libera ai bombardamenti a tappeto totali.

La richiesta è semplicemente irrealizzabile e assurda, tant’è che persino l’ONU ne ha chiesto l’annullamento in quanto “impossibile senza causare conseguenze umanitarie devastanti", ha puntualizzato stamane il portavoce del Segretario delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric.

Per avere un’idea plastica di ciò, basti pensare alle drammatiche immagini degli armeni in fuga dall’Artsakh a fine settembre. Per evacuare 98mila civili ci sono voluti una settimana e l’apporto delle forze di peacekeeping russe. Adesso si pretende di portare in salvo in 24ore oltre metà della popolazione dell’intera Striscia di Gaza, senza corridoi umanitari aperti da forze di pace terze. L’”invito” dell’IDF risulta una richiesta tanto impossibile quanto ipocrita, per giustificare il bombardamento deliberato ed indiscriminato della popolazione civile, ovvero un crimine di guerra. Nella sola notte di oggi, si legge sulla live di Times of Israel, 750 obiettivi dell'IDF sono state colpite, dunque in una sola notte sono state sganciate almeno 750 bombe. Il bilancio delle vittime di 7 giorni di combattimenti, cresce di ora in ora. Israele non risparmia nulla, non solo le case ma nemmeno le sedi dell’UNRWA, l’agenzia per i rifugiati palestinesi dell’ONU, dove sono rifugiati i 200mila dei 340mila sfollati palestinesi.

Oggi l’agenzia ha comunicato su Twitter/X la morte di 12 membri del personale ONU sotto i bombardamenti israeliani contro strutture umanitarie. Uccisi, inoltre,  30 studenti delle scuole utilizzate dall’ONU come rifugi. Denuncia inoltre che per la carenza di viveri, le strutture dell’UNRWA potranno prestare aiuto solo per due settimane. L’agenzia ha reso noto, stamattina, che continuerà ad operare a Gaza City nonostante l’ultimatum dell’IDF sull’evacuazione verso il sud.

La situazione non è migliore per le organizzazioni umanitarie. Sia la Croce Rossa che la Mezza Luna Palestinese, denunciano l’uccisione deliberata dei propri operatori (almeno quattro nella sola giornata di mercoledì) e il tiro a segno dell’IDF sulle ambulanze. I soccorsi sono in tilt, sopraffatti dalle chiamate, non riescono più a portare aiuto e mettere in salvo i civili, mentre gli ospedali si trasformano in obitori a causa del blocco totale imposto da Israele.

L’unica centrale elettrica sul territorio, infatti, ha smesso di funzionare mercoledì, una volta esaurito il carburante. I medici non possono più prestare le cure per mancanza di farmaci cruciali e di elettricità. Si va in ospedale solo per consegnare i corpi e piangere i defunti. Tagliate tutte le forniture incluso l’acqua potabile. A Gaza o si muore di bombe o si muore di assedio.

Nel momento in cui si scrive, le bombe israeliane su Gaza hanno ucciso 1.537 palestinesi e ferito altri 6.612. Almeno 447 bambini e 248 donne sono rimasti uccisi nei raid, secondo gli ultimi aggiornamenti, riportati giovedì pomeriggio. Il bilancio reale delle vittime palestinesi, però potrebbe essere molto più alto, considerando gli intensi raid e la difficoltà di effettuare la conta dei morti, nonché gli stessi soccorsi.

In sei giorni l’esercito israeliano ieri ha fatto sapere di aver colpito 3.600 obiettivi. In sei giorni ha sganciato 6.000 bombe su Gaza, in totale 4.000 tonnellate, 1000 bombe al giorno su un territorio di 365Kmq con una densità di circa 5.500 persone per kmq

A confronto con questa tempesta di fuoco e sangue (dei palestinesi) gli 84 bombardamenti in un giorno della Russia, in uno dei suoi maggiori raid sull'intero territorio dell'Ucraina, sembrano fuochi d'artificio, mortaretti, bazzecole. In poco più di un anno di guerra la Russia ha lanciato 2.645 missili su un territorio di circa 500.000Kmq abitato da circa 30.000.000 di persone (dati stimati relativi alle regioni sotto il controllo di Kiev). I bombardamenti a tappeto su Gaza sono definiti dai leader occidentali come il diritto di Israele alla difesa. L’operazione speciale della Russia è definita genocidio del popolo ucraino da Zelensky e i suoi alleati.

Perché Israele ha diritto a difendersi e la Russia no? Perché bombardare gli ucraini è genocidio e condurre (dopo averla pubblicamente annunciata) la pulizia etnica di Gaza no? Quale sarebbe stata la reazione dell’opinione pubblica mondiale, delle organizzazioni internazionali, della politica e della NATO se Russia o Cina o Venezuela o Iran avessero bombardato deliberatamente i rifugi dell’ONU uccidendo una decina di dipendenti di un’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite? L’unica risposta a queste domande risiede nel fallimento totale del diritto internazionale. Dove ci sono doppi standard non c’è giustizia.  

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