25 gennaio, Giornata nazionale contro la guerra. 8 cose giuste e 1 sbagliata: quella fondamentale

25 gennaio, Giornata nazionale contro la guerra. 8 cose giuste e 1 sbagliata: quella fondamentale

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di Sergio Cararo


Per sabato 25 gennaio è stata chiamata una opportuna giornata nazionale dal titolo “Spegniamo la guerra, accendiamo la pace”. A convocarla, sovrapponendosi temporalmente ad una giornata sullo stesso tema già convocata dai partiti della sinistra di opposizione è un largo arco di reti pacifiste e dell’associazionismo laico e religioso.


L’appello per la convocazione parte dell’art.11 della Costituzione e declina gli scenari di guerra ai quali stiamo assistendo negli ultimi anni (Irak, Iran, Libia, Yemen), e nei quali occorre rammentare che l’Italia è spesso coinvolta direttamente a vari livelli: presenza di militari italiani sul terreno, uso delle basi militari Usa installate in Italia, vendita di armamenti a paesi belligeranti etc.


Questo coinvolgimento dell’Italia nei teatri di guerra non compare nel testo dell’appello ma viene declinato sul piano dei punti delle manifestazioni. In particolare si chiede la negazione delle basi militari in Italia per interventi al di fuori del mandato Onu; il ritiro dei militari da Iraq e Afghanistan, lo stop alla vendita di armi e all’acquisto degli F35; adesione al trattato per il bando delle armi nucleari; porre all’interno dell’Unione europea la questione dei rapporti USA-UE nella NATO


Ed è proprio su questo aspetto che si produce un buco e una distorsione politica a nostro avviso decisiva. Nel testo dell’appello c’è un passaggio che dice molto su un punto di profonda divergenza: “L’UE, nata per difendere la pace, deve assumere una forte iniziativa che – con azioni diplomatiche, economiche, commerciali e di sicurezza – miri ad interrompere la spirale di tensione e costruisca una soluzione politica, rispettosa dei diritti dei popoli, dell’insieme dei conflitti in corso in Medio Oriente e avviare una rapida implementazione del Piano Europeo per l’Africa (Africa Plan) accompagnandolo da un patto per una gestione condivisa dei flussi migratori”.


Al presupposto di questo passaggio dell’appello opponiamo la tranciante e convincente tesi del Premio Nobel Peter Handke secondo il quale con la guerra contro la Jugoslavia “è morta l’Europa ed è nata l’Unione Europea”.


Non solo. Alimentare l’idea che l’Unione Europea sia per sua natura portatrice di pace e di soft power è una tesi ingannevole, mistificatoria e superata ampiamente dai fatti. E’ una fotografia del passato remoto, non del presente né del futuro. Di questo tra l’altro si parlerà nel convegno organizzato dalla Piattaforma Eurostop sabato prossimo a Napoli, e questa immagine ne esce fortemente contraddetta sul piano dei processi realizzati e messi in cantiere in questi anni proprio dall’Unione Europea.


La tesi secondo cui in un mondo di “cattivi” (Trump da un lato e il “dispotismo asiatico” dall’altro), l’Unione Europea debba e possa assumere un ruolo da protagonista nei nuovi equilibri e squilibri della competizione globale, è un assist volontario o involontario al rafforzamento di un polo imperialista europeo in competizione con gli altri ma con le medesime caratteristiche e gli stessi obiettivi. Questa distorsione torna anche in uno degli otto punti della piattaforma dove leggiamo che occorre “Porre all’interno dell’Unione europea la questione dei rapporti USA-UE nella NATO”.


E’ evidente che in una piattaforma ampia e, come si dice adesso, “inclusiva”, non viene posto il problema dell’uscita dell’Italia dalla Nato – nonostante sia ormai questione decisiva e dirimente – ma è tutta la declinazione che rischia di trasformare un legittimo movimento contro la guerra e per la pace in una consapevole/inconsapevole manifestazione di cattura della buonafede dei manifestanti e di consenso al progetto dell’imperialismo europeo, alla mistificazione sulla sua natura benefica in un mondo di cattivi guerrafondai e dittatori, tutti rigidamente non europei.


Una giornata di mobilitazione contro la guerra ci sta tutta ed è un bene che prenda parola nelle piazze. Lo abbiamo fatto in diverse città e davanti alle basi militari Usa e Nato nelle settimane scorse. Ma è altrettanto buono che sui contenuti ci sia e si faccia chiarezza. Non saremo mai disposti all’indulgenza o alla cooptazione verso il nostro imperialismo.


Al contrario pensiamo che sia arrivato il momento di mettere in campo un progetto di politica e collocazione internazionale per il nostro paese di segno diametralmente opposto, a cominciare dall’uscita dai trattati militari esistenti (Nato ma anche i progetti militari europei), neutralità attiva e non allineamento. Se un paese vuole avere credibilità come negoziatore e interlocutore internazionale non può stare dentro uno degli schieramenti in campo.

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