L'elemento che golpisti ucraini e Nato non avevano considerato nella loro storia d'amore

L'elemento che golpisti ucraini e Nato non avevano considerato nella loro storia d'amore

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di Fabrizio Poggi

 

Nel corso dell'Assemblea parlamentare della NATO del 28 maggio a Varsavia, la Polonia ha fatto appello al Segretario generale, Jens Stoltenberg, affinché venga accelerato il processo di integrazione di Georgia e Ucraina nell'Alleanza atlantica. Il maresciallo del Sejm polacco (Marsza?ek Sejmu Rzeczypospolitej Polskiej) Marek Kuchci?ski ha dichiarato che Varsavia ritiene “che le porte dell'alleanza debbano esser aperte a tutti quei paesi che condividono i valori e gli impegni scaturenti dall'appartenenza alla NATO”. Prima di Kuchci?ski, il Ministro degli esteri polacco, Jacek Czaputowicz, aveva invitato Stoltenberg a intervenire per dirimere la disputa ucraino-ungherese.
 

Una contesa, questa, che va avanti ormai da tempo e che si è significativamente acuita dopo il golpe majdanista del 2014, con l'attivizzarsi dei gruppi neonazisti e nazionalisti ucraini. La scorsa settimana, attivisti della cosiddetta Assemblea nazionale dei patrioti d'Ucraina (in gran parte membri di Pravyj Sektor e reduci dai battaglioni che hanno terrorizzato il Donbass) hanno picchettato il consolato ungherese a Užgorod, capoluogo della Transcarpazia ucraina, protestando contro quella che definiscono “l'ingerenza ungherese negli affari interni ucraini” e chiedendo che il consolato fornisse loro i nomi dei cittadini ucraini che hanno ottenuto la cittadinanza ungherese. Esigevano anche che Budapest “cessi la politica antiucraina condotta su ordine di Putin. L'ucraino è la lingua di stato di tutta la popolazione ucraina”.
 

Sulla questione della lingua, infatti, dopo l'approvazione da parte della Rada, lo scorso autunno, della legge “Sull'istruzione”, che prevede tra l'altro l'obbligatorietà dell'uso esclusivo della lingua ucraina a ogni livello e in ogni regione, Kiev aveva ricevuto qualche paterno rimbrotto – niente di più - anche dall’Assemblea parlamentare europea, per aver ignorato le esigenze nazionali delle numerose minoranze linguistiche che popolano l'ucraina: russofone a parte, ovviamente.
 

Sulla questione dell'ingresso dell'Ucraina nella NATO,  Budapest, a differenza di Varsavia, chiede che l'alleanza riveda la propria politica nei confronti di Kiev, soprattutto a causa degli attacchi golpisti ai diritti delle minoranze nazionali che, a detta del governo ungherese, rappresentano un pericolo anche per i paesi confinanti con l'Ucraina; come naturale, Budapest ha in mente principalmente, se non esclusivamente, la minoranza ungherese dell'Oltrecarpazia. Tant'è: l'Ungheria si è opposta per ben tre volte alla riunione della commissione Ucraina-NATO, a livello di ambasciatori, proprio a causa della disputa Kiev-Budapest sui diritti della minoranza ungherese.


Nel memorandum indirizzato dal Ministro degli esteri magiaro, Peter Szijjártó, a Jens Stoltenberg, è detto che "Nonostante il sostegno politico e finanziario senza precedenti di NATO, UE, FMI, Banca mondiale e di numerosi paesi, il governo ucraino non ha sufficienti volontà politica e capacità per attuare le riforme economiche, politiche e sociali richieste dagli elargitori internazionali”. Tra parentesi, avendo da rimborsare 27 miliardi di $ nei prossimi quattro anni, alla Rada si parla di proporre al FMI nuove condizioni di prestito, senza escludere di ricattare il FMI col default.


A proposito della legge “Sull'istruzione”, Budapest chiede che, quale condizione per il permanere di Kiev nel programma di integrazione dell'Alleanza atlantica, l'obbligo della lingua ucraina
non si applichi alle minoranze nazionali dei paesi NATO, che vivono sul suo territorio.


La questione è stata sollevata anche durante l'incontro tra Szijjártó e l'assistente del Segretario di stato USA per l'Europa e l'Eurasia, Wess Mitchell. Poi, dopo che, oltre all'Ungheria, 
anche l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (APCE), Russia, Romania, Moldavia, Bulgaria e Germania - ma, a quanto sembra, non la Polonia, che pure negli ultimi anni ha avuto molto da ridire a proposito della situazione con la minoranza polacca nell'Ucraina nordoccidentale - avevano condannato la riforma e forse intimorita dall'eventualità di ritardi nell'adesione a UE e NATO, pare che Kiev abbia rinviato al 2023 l'applicazione dell'articolo della legge riguardante specificamente la lingua.


In effetti, però, le cose non sono sembrate del tutto appianate, anche nel recente passato. Nel febbraio scorso, era stato dato due volte alle fiamme l'edificio dell'Unione degli ungheresi a Užgorod, dopo di che nella regione era stata dislocata una missione OSCE. A marzo,  Budapest si era detta preoccupata della riattivazione del distretto militare di Beregovo, nella Transcarpazia, una manciata di km dalla frontiera con l'Ungheria (ma non lontano nemmeno da Romania, Slovacchia e Polonia), con il pretesto di “minacce all'integrità territoriale dell'Ucraina”, rappresentate, secondo Kiev, dalla minoranza ungherese. In quell'occasione, Szijjártó, tanto per ricordare a Kiev i termini concreti della questione, aveva buttato sul tavolo che l'Ungheria è uno dei tre paesi, insieme a Polonia e Slovacchia, che rifornisce l'Ucraina di gas naturale, a fronte della disputa tra “Gazprom” e “Naftogaz”!
 

In effetti, non da oggi si parla delle pretese territoriali che vari paesi confinanti potrebbero avanzare nei confronti dell'Ucraina, a fronte soprattutto della politica di Kiev di contrasto alle minoranze nazionali. Certo, tutt'altro atteggiamento rispetto al Donbass in cui, fungendo da testa di ponte dell'accerchiamento UE-NATO alla Russia, Kiev sta conducendo da quattro anni una guerra terroristica contro la larga popolazione russofona. Le altre minoranze nazionali sono numericamente non così significative, ma, soprattutto, appartengono tutte (meno la Bielorussia) a paesi membri di NATO e UE, per cui Kiev deve andare coi piedi di piombo nei rapporti con essi.
 

Ora, a fronte delle rinnovate tensioni, Jens Stoltenberg, all'assemblea parlamentare NATO del 28 maggio, ha dichiarato di essere in contatto permanente con le due capitali: ufficialmente a proposito della questione della lingua. E se Budapest chiede di rivedere l'atteggiamento dell'Alleanza nei confronti di Kiev e l'intero programma di appoggio, Stoltenberg, dando un colpo al cerchio e uno alla botte, ha parlato della necessità “sia di rispettare la lingua delle minoranze nazionali, sia di studiare la lingua di stato”.


Contrastare le rivendicazioni ungheresi non sembra conveniente, al momento; ma l'Ucraina è troppo importante, nell'espansione verso est, perché la si contraddica oltre il minimo necessario a salvare le apparenze. “L'intera loro razza è di commedianti”, avrebbe detto Giovenale.

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