A. Guerrero, uno dei cinque eroi cubani: «Chi considera Cuba un piccolo faro, dovrebbe desiderare il cambiamento anche a casa propria»
"Il capitalismo non è la soluzione per il mondo"; "Non siamo idioti. I giovani cubani conoscono il mostro americano e non c'è pericolo di invasione culturale ed economica"
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di Marinella Correggia
«Come diceva il nostro eroe rivoluzionario José Martí: “Un principio giusto, in fondo a una grotta, è più forte di un esercito”; e per un periodo le nostre celle, negli Stati Uniti, erano in pratica dei buchi. Ma noi siamo sempre stati determinati, mai deboli. Anche quando abbiamo pensato che forse saremmo morti in prigione. Non potevamo tradire un popolo che ha resistito a tutte le aggressioni.». Antonio Guerrero, uno dei cinque eroi cubani («los 5»), ingegnere, poeta e pittore, ha raccontato a Roma ad un evento organizzato da Associazione italiana Cuba e l'Ambasciata cubana in Italia, fra gli applausi, la sua lunga prigionia, sulla base di una sentenza di condanna per spionaggio oltremodo ingiusta: i cinque agenti cercavano solo di proteggere Cuba dalle attività terroristiche statunitensi che hanno costellato la storia dei due paesi.
Già, la storia: Antonio, che ha ripetuto di rappresentare i cinque ma di voler essere considerato uno degli undici milioni di cubani, ha spiegato: «la storia del mio paese è piena di eventi importanti, forse quella di noi cinque non è così grande come quella dei nostri medici che in Sierra Leone hanno lottato contro l’Ebola», precisando: «uno di loro mi ha raccontato che i dottori degli altri paesi lasciavano ai cubani le situazioni e i casi più difficili». Del resto «anni fa il presidente nordamericano Barack Obama disse che le decine di migliaia di medici cubani che salvavano vite nelle situazioni più disperate erano fra le carte vincenti di Cuba e perdenti per gli Usa». Tanto che «a soli 90 chilometri dall’impero che minaccia di portare il mondo alla catastrofe, la rivoluzione continua, Cuba resiste e continua a scrivere pagine importanti. E questo dimostra che un mondo migliore è possibile».
La vicenda de «los 5» è servita a sensibilizzare molto le persone. Ma ad esempio gli statunitensi hanno potuto sapere qualcosa dei cinque solo quando loro sostenitori di diversi paesi hanno comprato una pagina a pagamento sul New York Times. Ma questo non basta: «Il popolo statunitense – e non solo - vive disinformato, vive in un altro mondo. E’ che i grandi media, e le teste “pensanti” in molti posti del mondo cercano, nel loro interesse, di far sì che l’essere umano sia egoista. Ma ancora una volta, ricordiamo José Martí: “La vera persona non guarda a dove si vive meglio ma a dove si trova il proprio dovere”; ecco una delle grandi battaglie dell’umanità. Il nostro eroe diceva anche: “La morte non è vera, quando abbiamo compiuto bene l’opera della vita».
Antonio Guerrero, ringraziando chi ha agito per la liberazione dei cinque agenti antiterroristi («la prima manifestazione di solidarietà pubblica la avemmo al ritorno in cella, dopo la terribile sentenza; tutti i detenuti applaudivano e ci incoraggiavano»), ha esortato i sostenitori di Cuba ad agire per il cambiamento anche a casa propria: «Se vedete Cuba come un piccolo faro che fa la differenza nel mondo, ognuno di voi dovrebbe avere il desiderio che il paese nel quale vive sia diverso. La lotta non può essere in una sola direzione. Noi abbiamo poche risorse, voi ne avete molte di più. Ma la porta della speranza è aperta».
Guerrero ha parlato del presente e del futuro dei cinque nel contesto della Cuba di adesso. «Non so che cosa faremo, l’importante è fare le cose con amore e per il bene di tutti. C’è tanto da fare, non riesco a immaginare come ci siano persone che la mattina si svegliano e non pensano a questo! E sempre per citare Martí: “Dimentica quel che hai fatto, concentrati su quello che devi ancora fare”. E anche “il miglior modo per dire è fare”…ma certo per adesso noi parliamo tanto, dappertutto, fino a quando daremo conferenze?...»
L’attualità è certo piena di dubbi, apparentemente confusa. «Adesso i media occidentali parlano – male – più del Venezuela che di Cuba. Dobbiamo appoggiare la rivoluzione in Venezuela, e studiare il pensiero di Hugo Chávez». I Cinque sono stati invitati a caracas dal presidente bolivariano Nicolás Maduro. Racconta Antonio: «La visita ci ha fatto capire la complessità, le sfide e i successi della rivoluzione avviata nel 1999. Quel paese ha diritto di decidere sul proprio destino, senza ingerenze. Saremo sempre dalla sua parte!». Guerrero ha anche raccontato della visita a un barrio, che prima della svolta bolivariana era come tanti altri in una situazione di totale miseria. Il riscatto è in corso, anche con l'aiuto della missione medica cubana, nel quadro della collaborazione fraterna fra i due paesi. Sull’avvicinamento agli Stati uniti, e sugli eventuali pericoli, rispondendo a una domanda dal pubblico Guerrero è stato chiaro: «Il capitalismo non è la soluzione per i problemi di questo mondo. Noi diciamo che così come finirono gli altri imperi, forse un giorno finirà questo incubo, ma fino a quel momento non sarà possibile una politica totalmente onesta e giusta con Cuba e con gli altri paesi. Per sostenere lo stile di vita degli Stati uniti, questi hanno bisogno per forza di dominare altri paesi. In precedenza, abbiamo visto quello che facevano a Cuba, adesso i meccanismi sono altri. Gli Usa avevano visto che stavano perdendo opportunità. Adesso cercano di inserirsi nella nuova apertura. E secondo me lo stanno facendo con un calcolo ben preciso». Del resto, lo hanno anche dichiarato, sia Obama sia la Clinton per la quale «nonostante le buone intenzioni, la nostra politica di decenni di isolamento ha solo rafforzato la presa del regime di Castro sul potere». Molto chiaro.
Ma, ha continuato Antonio Guerrero, «noi cubani non siamo idioti Magari qualcuno pensa che i giovani cubani abbiano meno coscienza, meno senso storico. Ma questo vale anche per la gioventù italiana» (avremmo voluto dire ad Antonio: “mille volte di più”), «i tempi sono cambiati, ma io ho incontrato varie volte i giovani cubani e posso dirlo: le giovani generazioni hanno passato a Cuba momenti economici molto difficili – durante il periodo especial - ma continuano a difendere la rivoluzione. Hanno la responsabilità di succedere alla generazione storica della rivoluzione, e saranno loro a difendere il futuro di Cuba. Sono sicuro che loro conoscono il mostro. Siamo preparati. E adesso i nostri giovani sono anche in Nepal ad aiutare le vittime del terremoto. Questa è la gioventù cubana».
Tuttavia, gli abbiamo chiesto per L’AntiDiplomatico e per Radio Habana Cuba, malgrado la tenuta politica e morale dei cubani, non si profila il pericolo di una invasione del consumismo, la seguito di milioni di turisti statunitensi e degli altri aspetti dell’acercamento (avvicinamento) che sta sostituendo il bloqueo? Non sarà il consumismo a sconfiggere gli ideali della rivoluzione martiana, che in questo mondo è anche abbastanza marziana? Antonio, dopo tanti anni di assenza, come ha trovato Cuba? La sua risposta: «in 24 anni il mondo è cambiato. Cuba anche. Il consumismo non c’è a Cuba. Noi abbiamo la sfida di soddisfare i bisogni delle persone, non ha niente a che vedere con il consumismo. Basta stare a Cuba e confrontarla con altri paesi. Dobbiamo dare di più al popolo. Produrre di più. Eliminare la doppia moneta. Nel mondo di oggi nessuno sfugge alla povertà. E chi ha consumismo ha più problemi, ci sono più differenze. Hanno di tutto, incentivano la gente a comprare e la gente si sente sempre più frustrata. Noi cerchiamo di lavorare per migliorare il livello di vita delle persone, dopo il periodo especial. Cuba non c’è consumismo. Ci sono più possibilità, di mangiare e di altro. E vogliamo che arrivi a tutti. Questo è quel che percepisco, dopo 24 anni di assenza». Quindi nessun pericolo di invasione? «Nessun pericolo, nessun pericolo. No hay peligro. No hay peligro. No hay peligro».