Brogli, guerra sporca e omicidi caratterizzano le elezioni in Messico. Ma il problema resta il Venezuela

Da quando è iniziata la campagna elettorale in Messico ben 120 politici hanno perso la vita

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Brogli, guerra sporca e omicidi caratterizzano le elezioni in Messico. Ma il problema resta il Venezuela



di Fabrizio Verde
 

Omicidi, brogli e guerra sporca tra i candidati, caratterizzano le elezioni generali che si terranno in Messico domenica prossima, 1 luglio, giorno in cui 89,1 milioni di elettori sono chiamati alle urne. 

 

Da quando è iniziata la campagna elettorale in Messico, nel settembre 2017 fino a lunedì, un totale di 120 politici (in carica e candidati alle elezioni) sono stati assassinati, rendendo così questa l'elezione più violenta nella storia del paese e forse del mondo intero.

 

L’ultimo di questa lunga serie si chiamava Emigdio López Avendaño. É stato ammazzato insieme a quattro militanti del suo partito, Movimiento Regeneración Nacional (Morena). Era candidato alla carica di deputato insieme al candidato presidenziale della sinistra Andrés Manuel López Obrador, che tutti i sondaggi effettuati fino a questo momento indicano come il grande favorito di questa tornata elettorale. 

 

L’agenzia venezuelana AVN riporta l’opinione del professore messicano Gilberto López y Rivas su elezioni, guerra sporca e mancanza di trasparenza nell’intero processo elettorale. 

 

López y Rivas ha ricordato che «lo Stato messicano ha sempre fatto ricorso ai brogli. Con l’ingegnere Cárdenas quando avrebbe dovuto diventare presidente nel 1989, così come hanno già compiuto brogli contro il candidato Andrés Manuel López Obrador nel 2006. Le frodi sono compiute attraverso diverse modalità conosciute nel linguaggio popolare come urnas embarazadas, ratón loco, operación tamal. Viene effettuato un massiccio acquisto di voti, minacciati i presidenti dei seggi elettorali o i rappresentanti dei partiti politici il giorno precedente le elezioni per impedire loro di partecipare. Quindi le urne restano senza controllo e supervisione». 

 

Il professore effettua poi una comparazione con il Venezuela dove ha avuto modo di partecipare alle elezioni in qualità di osservatore internazionale: «Ho visto quello che ha fatto dire a (Jimmy) Carter che il sistema venezuelano è il migliore del mondo. Questo non esiste in Messico».

 

A questo punto bisogna chiedersi perché i media mainstream non dedicano nemmeno una riga a quanto accade in Messico. Come accaduto anche per le recenti elezioni presidenziali in Colombia. Anch’esse inquinate da numerose segnalazione di brogli. 

 

Perché invece a finire nel mirino è sempre e solo il Venezuela che possiede il miglior sistema del mondo come affermato dall’ex presidente statunitense Carter? 

 

Oltretutto poi con utilizzo massiccio di fake news. 

 

La risposta è evidente. Rimanda direttamente alle convenienze geopolitiche della potenza dominante del nord che vorrebbe riprendere il totale controllo di quello che era considerato il proprio cortile di casa. 

 

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