Chavez 2013-2023: il carattere antimperialista della Rivoluzione Bolivariana
Correva l’anno 2004 quando il Comandante Chávez dichiarava il carattere antimperialista della Rivoluzione Bolivariana in Venezuela.
In occasione di un discorso tenuto davanti a una folla oceanica il 29 di febbraio di quell’anno, Hugo Chávez sottolineava che che il popolo si era riunito per "dire no all'interventismo yankee in Venezuela, per dire basta al governo di Bush, un governo interventista, invasore e colonialista come pochi altri che sono passati dalla Casa Bianca".
Davanti alla impressionante folla che lasciava spazio nemmeno per uno spillo presso Francisco Fajardo e i suoi dintorni a Caracas, il Comandante scandiva a voce alta: “Il Venezuela si rispetta!”.
"Signor Bush, questo è il Venezuela, ascolti il saluto del Venezuela. Signor Bush, lei e la sua cricca che ha appoggiato i golpisti qui, che ha appoggiato la destabilizzazione politica qui, che ha appoggiato la destabilizzazione economica qui, che ha violato la nostra sovranità qui, che ha fatto ogni sforzo per rovesciare il governo legittimo del Venezuela, ha avuto una risposta nel recente passato. Oggi ne ha avuta un’altra, e se volete che continuiamo a darvi risposte, il popolo di Simón Bolívar è pronto a continuare a darvi risposte", affermava il leader della Rivoluzione Bolivariana.
Parlando alla radio e alla televisione dal palco situato vicino al Giardino Botanico, il capo di Stato venezuelano avvertiva il governo degli Stati Uniti che in Venezuela ci sono abbastanza savane, isole, montagne, giungle, terre e soprattutto "abbastanza persone con ‘attributi’ per difendere la terra e questa patria da qualsiasi intruso che cerchi di venire a umiliare la dignità di questo popolo".
Di fronte a quella marea rossa di popolo, Chavez faceva appello all'unità civico-militare in difesa della sovranità e dell'indipendenza del Venezuela, dopo aver superato diversi attacchi e tentativi di destabilizzazione, che si erano succeduti senza soluzione di continuità dal colpo di Stato del 2002.
Dal centro della capitale, il leader rivoluzionario ricordava di non aver mai puntato il dito contro l'imperialismo come allora: "Cioè, lo ratifico qui, la Rivoluzione Bolivariana dopo cinque anni e tre mesi e poco più di governo, e dopo aver attraversato diverse fasi, è entrata nella fase antimperialista. Questa è una rivoluzione antimperialista e questo la riempie di un contenuto speciale che ci obbliga, sì, che ci obbliga a pensare chiaramente e ad agire, non solo in Venezuela ma nel mondo intero".
La svolta antimperialista
Non è casuale la data in cui avviene la svolta nella politica estera venezuelana. Nei primi anni della sua presidenza, Hugo Chávez mantiene fondamentalmente una politica estera basata sulla ricerca di un maggiore equilibrio internazionale e sulla promozione dell'integrazione regionale. Tuttavia, il suo consolidamento politico dopo la vittoria nel referendum revocatorio e l'aumento del prezzo del petrolio gli hanno permesso di mettere in campo una nuova e ambiziosa strategia internazionale: il ritiro del Venezuela da processi di integrazione predatori su basi neoliberiste come l’ALCA, l'ingresso nel Mercosur, la promozione di progetti come Telesur, la Banca del Sud e altri organismi regionali di tipo solidaristico. Contestualmente aumenta la retorica e la politica anti-statunitense, così come i contatti e i progetti con paesi come Cina e Russia, che Chavez con lungimiranza e visione ritiene alfieri di un nuovo mondo multipolare in divenire.
Il Comandante riteneva fondamentale per il consolidamento della Rivoluzione Bolivariana la creazione di alleanze geopolitiche e strategiche con altri Paesi in opposizione all’imperialismo statunitense. Così veniva impressa un’accelerazione per un netto cambio di marcia al ministero degli Esteri che dal 2006 sarà guidato dall’attuale presidente Nicolas Maduro, uomo chiave della diplomazia di pace venezuelana voluta da Chavez.
Quindi nel 2004, l’anno della svolta, Chavez propone la definizione dei dieci grandi obiettivi strategici che segneranno "la nuova tappa" della Rivoluzione Bolivariana e, all'interno di questi, il "nuovo sistema multipolare internazionale".
Inoltre nella visione di Chavez ci sono cinque poli di potere nel mondo: Europa, Asia, Africa, Nord America e Sud America. Tra questi, ritiene molto importante il ruolo dell'India e della Cina nel nuovo contesto globale, in quest'ultimo caso sostenuto da una crescita economica impressionante che, a suo avviso, offre nuove opportunità di investimento. A livello politico, evidenzia la crescita della sinistra in India. In quegli esprime poi la sua solidarietà all'Africa, dove, come in America Latina, persistono i resti e i danni del colonialismo, e sottolinea la necessità di compiere sforzi per concentrare gli obiettivi di politica estera su Paesi strategici e consolidare le relazioni con nazioni come Libia, Algeria, Nigeria e Sudafrica. Ritiene inoltre necessario rafforzare l'alleanza con i membri dell'OPEC. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, afferma di credere che continueranno con la loro politica "interventista e aggressiva", ma assicura: "Non ci arrenderemo. Useremo tutte le strategie".
Date queste basi, quindi, la politica estera venezuelana comprendeva alcune azioni molto visibili, come lo stringere alleanze ancora più salde con Cuba, Iran, Cina e Russia.
Contro l’interventismo imperialista
Hugo Chavez fu uno strenuo oppositore degli interventi USA e NATO contro paesi sovrani come la Libia e la Siria. Sulla Siria e il suo legittimo governo guidato da Bashar Al Assad dichiarava: “Come potrei non appoggiare il governo di Bashar Al Assad dal momento che è il solo governo legittimo in Siria? Come potrei non appoggiarlo? A chi dovrei dare appoggio, ai terroristi? Quelli che chiamano ‘Consiglio di Transizione’ o non so cosa che vanno in giro ammazzando gente dappertutto? Io non mi capacito di come alcuni governi che si dicono seri in Europa possano ricevere, riunirsi con questi terroristi”. Il gigante venezuelano consegnò al su omologo siriano Assad la Spada di Simon Bolivar, El Libertador, simbolo per i venezuelani e per i popoli oppressi dall’imperialismo della liberazione dalle catene colonialiste, della conquista della propria sovranità e autodeterminazione.
Chavez aveva con forza denunciato che la cosiddetta coalizione dei volenterosi capitanata da Stati Uniti e Francia aveva in realtà l’obiettivo di abbattere la Libia di Gheddafi con l’unico intento di appropriarsi delle ingenti risorse naturali del paese e creare un avamposto imperialista in Nord Africa.
Per questo sin dall’inizio della destabilizzazione imperialista della Libia il presidente venezuelano invitava a difendere l'indipendenza della Libia e sosteneva che nel Paese era in corso una "guerra civile". Mentre il suo ministro degli Esteri, Nicolas Maduro, in parlamento avvertiva: “Si stanno creando le condizioni per giustificare un'invasione... per portare via il loro petrolio".
Le relazioni del Venezuela con la Libia erano andate intensificandosi in quegli anni. Nel 2009, sull'isola di Margarita, dopo il secondo vertice Sudamerica-Africa, Chavez affermava: “Siamo tutti consapevoli che qui stiamo scrivendo pagine di una nuova storia, affrontando l'imperialismo, la borghesia, l'arretratezza e il colonialismo”. Gheddafi rispondeva dichiarando: “Condividiamo la stessa trincea, lo stesso destino, la stessa battaglia contro lo stesso nemico, e vinceremo”.
Come simbolo delle buone relazioni, Chávez consegnava a Gheddafi il collare dell'Ordine del Libertador, la più alta onorificenza che può essere conferita in Venezuela, e gli regalava una replica della spada dell'eroe venezuelano Simón Bolívar.
L’eredità antimperialista di Chavez
Chávez con le sue politiche e la sua visione ha guidato un processo sociale che non solo rivendica la propria tradizione anticoloniale rinnovando il pensiero di Simón Bolívar: la lotta per l'indipendenza, la lotta per l'unità della regione latinoamericana e la lotta per la giustizia sociale, ma recupera anche le lotte storiche dei popoli durante il XX secolo contro l'imperialismo statunitense che, sulla base della dottrina Monroe, intendeva rendere l’America Latina parte del suo dominio, il suo giardino di casa.
Parte dell'eredità di Hugo Chávez è stata quella di aver lasciato una leadership collettiva alla Rivoluzione Bolivariana che oggi, sotto Nicolás Maduro e le forze rivoluzionarie e popolari del Venezuela, ha realizzato più di un decennio di resistenza alla più forte aggressione economica e sociale che il Paese abbia ricevuto in tutta la sua storia. Così il Venezuela continua ad essere un bastione della lotta antimperialista internazionale, e grazie alle politiche avviate dal Comandante continua attivamente a rappresentare una parte importante di quel mondo multipolare in costruzione.