«Con il ritiro USA dall’Afghanistan, dall’Iraq e dalla Siria, si chiuderà il cerchio», intervista a Naman Tarcha

«Con il ritiro USA dall’Afghanistan, dall’Iraq e dalla Siria, si chiuderà il cerchio», intervista a Naman Tarcha

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Naman Tarcha è un giornalista, conduttore e tv reporter siriano. Fondatore e caporedattore di ornina.org, magazine di arte e spettacolo online in lingua araba, è coautore del libro "Media arabi e Cultura nel Mediterraneo" edito da Gangemi; collabora con diversi emittenti arabe e italiane su temi di geopolitica, terrorismo, immigrazione, cultura araba e relazioni europee e mediorientali. 
Per l’AntiDiplomatico lo abbiamo intervistato a tutto tondo discutendo con lui di Medio Oriente, delle vicende afghane  e in particolare del suo amato paese natio, la Siria.

-Naman Tarcha,  non possiamo iniziare parlare di Medio Oriente senza accennare a quanto sta accadendo in Afghanistan.....

Siamo in un momento cruciale dello scenario internazionale: in Afghanistan abbiamo assistito a una lunga e sanguinosa, quanto inutile e costosa guerra, priva di obiettivi. La stessa è degenerata in un enorme spreco di denaro, forze e vite umane che si potevano risparmiare.
Nessuna occupazione dura in eterno, “occupazione” chiamiamo le cose con il proprio nome!Nessun popolo accetta di essere sottomesso da forze straniere. Quello che é  accaduto in Afghanistan, il ritiro delle truppe Usa, presto si ripeterà in Iraq, dove entro fine anno gli Stati Uniti, dopo un accordo con il governo iracheno a seguito di forti pressioni popolari e delle forze di resistenza, lasceranno finalmente il Paese, ridotto in frantumi, dopo anni di invasione e occupazione fondata su false prove ( il celebre dossier “falsificato” sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein- ndr).
A quel punto dopo toccherebbe alla Siria. Il destino delle truppe americane in territorio siriano, nonostante la negazione della loro esistenza da parte del presidente Biden, diventa così incerto. La loro presenza non è gradita ai siriani e Washington osserva con preoccupazione la crescente resistenza popolare. Infatti in questi giorni, si moltiplicano le voci insistenti su un possibile ritiro Usa anche dalla Siria. Le forze americane occupano illegalmente, senza autorizzazione né mandato con l’aiuto delle milizie curde la zona del nordest siriano, usurpando di fatto, i giacimenti di gas e petrolio e privando il popolo siriano delle sue risorse. Questo passo desta preoccupazione per le milizie curde che, vedendo il trattamento riservato agli ex alleati, temono con l’eventuale uscita di perdere finanziamenti, protezione e potere armato. Con il ritiro dall’Afghanistan, dall’Iraq e infine dalla Siria, si chiuderà il cerchio e si metterà fine ad una delle pagine più buie del Medio Oriente.

-E' possibile che si parli delle atrocità dei Talebani, ma in Italia si ignori deliberatamente quanto di analogo accade in città siriane come  Idlib??

L’assurdo in tutto questo é che a festeggiare il ritiro Usa dall’Afghanistan, non sono solo i pacifisti e i gruppi contrari alla inutile guerra, ma i gruppi terroristici, che sotto la guida della Turchia occupano appunto la  città e la provincia di Idlib, ultima zona fuori dal controllo dello Stato siriano. Questi gruppi di varia provenienza e matrice terroristica, hanno distribuito dolcetti con dichiarazioni e celebrazioni per la vittoria dei Talebani e la sconfitta dell’Occidente. Sotto guida di un paese Nato (la Turchia, ndr), celebrano la “sconfitta della Nato”. E sono gli stessi che avevano dichiarato Idlib capitale di Al Qaida in Medio Oriente ma tutt’oggi sono considerati dai governi europei “Ribelli Moderati” e definiti dai mass media occidentali “gruppi d’opposizione”  e “Forze anti governative”. Questa posizione contraddittoria é di un “Occidente” miope che condanna l’estremismo dei Talebani, si preoccupa giustamente per i civili afghani, per la condizione delle donne e l’applicazione della sharia, mentre chiudi gli occhi, tace e definisce normale la stessa identica condizione disumana dei siriani ad Idlib, dalla donne ai bambini, dagli omosessuali alla minoranza cristiana, sotto Al Nusra e gli affiliati di Al Qaida. Una condanna che vale in un posto, ma non in un altro; é ipocrisia senza limiti.

-Qual è la situazione attuale dal punto di vista sociale ed economico in Siria?

Dieci anni di guerra per procura, di attentati e terrorismo, di devastazione e distruzione, pare non siano bastate e il popolo siriano dopo tutto quello che ha dovuto subire, oggi affronta una guerra di un’altra natura, una guerra per il pane quotidiano. Fallito il loro piano di “regime change”, Usa, Ue e i governi europei, dopo aver massacrato il popolo siriano, direttamente e indirettamente, continuano la loro missione, facendo pagare ai siriani il prezzo del loro fallimento, tentando con sanzioni ed embargo di metterlo in ginocchio, di rendere la vita dei siriani disumana, lavando la loro coscienze con dichiarazioni vuote e versando allo stesso tempo lacrime di coccodrillo. Una vera e propria crisi economica pilotata e senza precedenti, dai cosiddetti “Paesi Civili” per castigare i siriani, con conseguenze disastrose, con il dollaro e i prezzi alle stelle, altissimo tasso di disoccupazione e intere famiglie che vivono solo degli aiuti della Caritas e dei sussidi dello Stato. Embargo e sanzioni che impediscono la fornitura anche delle materie di prima necessità: dai medicinali ai prodotti alimentari, dai pannolini al latte per bambini, passando ai macchinari per gli ospedali, tutto impossibile da trovare sul mercato. 
Senza parlare delle interminabili file per il pane e la benzina, ma la cosa più controversa è che Usa e Ue ostacolino la fornitura di gas e petrolio, mentre vengono trafficati da loro attraverso l’Iraq, privando i siriani delle proprie risorse. Tutto ciò ovviamente rientra nel piano di ostacolare la ricostruzione del Paese, e renderlo uno stato fallito, impedendo  ad aziende e investitori europei di partecipare a qualsiasi progetto o impresa che potrebbe creare anche occupazione per i siriani, arginando dunque qualsiasi tentativo di ripresa di una nazione devastata dalla guerra.
I siriani nonostante embargo e sanzioni però lavorano senza sosta, con sacrifici e coraggio con le proprie forze per ricostruire il Paese. Uno degli ultimi esempi di questi successi é stato l’inaugurazione di Khan Al Harir (Mercato della Seta) con più di 70 negozi commerciali, considerato uno tra i più famosi mercati coperti di Aleppo, restaurato dopo la distruzione del centro storico da parte dei gruppi terroristici.
Ma quella italiana ed europea di boicottare anche progetti di recupero di tesori patrimonio dell’umanità resta una scelta bizzarra, perché avviene anche a scapito di aziende e di investitori europei, che restano fuori, nonostante gli storici rapporti commerciali, lasciando lo spazio solo ad altri partner arabi, cinesi ed extraeuropei.

- Che sviluppi ipotizza nello scacchiere geopolitico mediorientale e che ruolo potrà avrà la Siria a riguardo?

La politica estera, che analizza e definisce i rapporti internazionali a volte é un optional in Italia. Spesso viene trattata in modo approssimativo, basti notare che in tutta la tv italiana non c’è un programma televisivo dedicato agli Esteri, e quando c’è un'emergenza non compare sugli schermi un ospite o un esperto straniero che possa dare una opinione differente e alternativa a quella del mainstream. Infatti l’incapacità della classe politica italiana attuale, nel rileggere i cambiamenti, a volte mi sorprende, e a volte no, essendo circondati da consiglieri che si informano, esattamente come loro, dagli stessi giornali ai quali rilasciano le loro interviste. Non si tratta di curiosità o conoscenza generale, ma di capire dove stanno i nostri interessi, e cosa fanno nostri partner, alleati, amici e nemici, e sopratutto rileggere i cambiamenti in atto. Il ritiro Usa da Afghanistan, quello prossimo dall’Iraq, le trattative per un nuovo accordo nucleare con Tehran, le aperture tra Arabia Saudita e Iran, il tentativo arabo di fermare i sogni espansionistici di Erdogan sono tutti ad esempio chiavi di lettura per ciò che fermenta in Medio Oriente.
Il Nuovo Levante (AlSham AlJadid) é uno di questi capitoli che potrebbe cambiare per sempre la faccia del Medio Oriente. In realtà di nuovo ha solo il nome perché é un vecchio progetto per la creazione di uno spazio di cooperazione e scambio economico tra i paesi vicini. Questo scambio riguarda infrastrutture e investimenti su energia, petrolio e gas, e scambi commerciali, collegando Il Cairo, Amman, Damasco, Beirut, Baghdad, con i paesi limitrofi fino all’Europa.
Nel 2019 c’è stato il primo vertice in questa direzione tra Egitto, Iraq e Giordania, seguito da uno più ampio tenutosi recentemente a Baghdad, con la partecipazione di Iran, Arabia Saudita, Emirati arabi, Turchia, e Qatar. Per la prima volta da anni forze regionali e spesso nemiche, si sono incontrate. L’unico ospite europeo a sorpresa era il presidente francese, Macron, con le sue aziende e investitori.
Grande assente ma  al contempo fortemente presente invece in tutte le discussioni é stata la Siria, che ritorna protagonista in tante questioni regionali. L’ultima é stata la grave crisi libanese e la necessità di salvare il Paese dei Cedri. Una delegazione del governo libanese di alto livello si é appena recata a Damasco in una visita ufficiale per la prima volta dal 2011. Oggetto principale della visita era convincere i siriani a far passare la fornitura del gas egiziano e la corrente elettrica giordana attraverso il suo territorio. La Siria ha accettato ovviamente, a sue condizioni, sopratutto perché ci sarebbe da risolvere la questione dei miliardi siriani bloccati nelle banche libanesi e il nulla osta americano a causa delle sanzioni imposte.
Trattative internazionali e visite ufficiali, consolati e ambasciate che pian piano ritornano nella capitale siriana, non quelle europee, che operano solo di conseguenza, come é accaduto a Kabul: per riprendere il dialogo con la Siria bisogna aspettare l’ok da Washington. A livello arabo invece, nonostante l’ostilità di Doha, ci sono voci insistenti e pressioni da vari paesi arabi, con l’apertura dei sauditi, e il sostegno degli Emirati Arabi, per riammettere Damasco alla Lega araba, segnando il ritorno della Siria al suo storico ruolo di collante tra Medio Oriente, Nord Africa e Paesi del Golfo. Un ruolo rilevante, strategico anche da un punto di vista geopolitico ed economico: senza Damasco in pratica nessun nuovo Levante é possibile.

 

Francesco Fustaneo

Francesco Fustaneo

Laureato in Scienze Economiche e Finanziarie presso l'Università degli Studi di Palermo.
Giornalista pubblicista dal 2014, ha scritto su diverse testate giornalistiche e riviste tra cui l'AntiDiplomatico, Contropiano, Marx21, Quotidiano online del Giornale di Sicilia. 
Si interessa di geopolitica, politica italiana, economia e mondo sindacale

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